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CITTÀ DEL VATICANOIl Papa ai ciellini: "Niente etichette, non siate autoreferenziali"

07.03.15 - 18:07
Provenivano da 47 Paesi del mondo le decine di migliaia di festosi aderenti a Cl accorsi stamane in Piazza San Pietro per l'udienza del Pontefice
Il Papa ai ciellini: "Niente etichette, non siate autoreferenziali"
Provenivano da 47 Paesi del mondo le decine di migliaia di festosi aderenti a Cl accorsi stamane in Piazza San Pietro per l'udienza del Pontefice

CITTÀ DEL VATICANO - Respingere il "compiacimento autoreferenziale". Non darsi etichette "Io sono Cl". Essere Chiesa "in uscita" comporta anche questo, mentre la fedeltà al "carisma" della propria comunità non significa "pietrificarlo", né diventare "adoratori di ceneri". "Siate liberi!", ha gridato papa Francesco agli oltre 80 mila presenti al suo incontro con Comunione e Liberazione, proprio in nome di quel fondatore, don Luigi Giussani, che "educava alla libertà" e a cui il Pontefice argentino si è detto "riconoscente".

Provenivano da 47 Paesi del mondo le decine di migliaia di festosi aderenti a Cl accorsi stamane in Piazza San Pietro per l'udienza del Pontefice, a dieci anni dalla morte di don Giussani e a 60 dalla nascita del movimento. Oltre al presidente don Julian Carron, a vescovi 'amicì come il cardinale di Milano Angelo Scola - che ha aperto due anni fa l'iter della beatificazione di Giussani -, presenti in piazza anche politici di provenienza Cl come il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e l'ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni.

"Il mio primo pensiero va al vostro fondatore, mons. Luigi Giussani", ha esordito Bergoglio nel suo discorso, dicendosi "riconoscente a don Giussani per varie ragioni. "La prima, più personale - ha spiegato -, è il bene che quest'uomo ha fatto a me e alla mia vita sacerdotale, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli".

L'altra ragione "è che il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell'anelito dell'uomo". Il Papa ha ricordato "quanto importante fosse per don Giussani l'esperienza dell'incontro: incontro non con un'idea - ha detto -, ma con una Persona, con Gesù Cristo. Così lui ha educato alla libertà, guidano all'incontro con Cristo, perché Cristo ci dà la vera libertà".

Tra ricordi della "Vocazione di Matteo" del Caravaggio, che ogni volta a Roma si fermava a guardare a lungo in San Luigi dei Francesi, tra citazioni di don Giussani, tra riferimenti alla morale cristiana che non è "sfida solitaria di fronte al mondo" ma accettazione del valore della "misericordia" - una scelta con cui la Chiesa "deve sentire l'impulso gioioso di diventare fiore di mandorlo, cioè primavera, come Gesù, per tutta l'umanità" - papa Francesco ha risposto da par suo al senso dell'incontro, rinnovare la "freschezza del carisma", così come richiestogli nel suo saluto dal presidente di Cl don Carron.

"Dopo sessant'anni - ha detto il Pontefice -, il carisma originario non ha perso la sua freschezza e vitalità. Però, ricordate che il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù". Quando si mette al centro il "metodo spirituale", si esce di strada. Occorre piuttosto essere "decentrati".

E poi "il carisma non si conserva in una bottiglia di acqua distillata!". Fedeltà al carisma non vuol dire "pietrificarlo" ("è il diavolo che pietrifica") né "scriverlo su una pergamena e metterlo in un quadro". L'eredità di Giussani "non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta". Su questo Bergoglio è stato molto fermo. "Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri - ha affermato -. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi!".

E al suo richiamo a essere Chiesa "in uscita", cioè a "cercare i lontani nelle periferie" e a servire Gesù in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa, prigioniera del proprio egoismo", ha aggiunto una chiara raccomandazione.

"'Uscirè - ha detto Bergoglio - significa anche respingere l'autoreferenzialità, in tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera". Per il Papa, "quando siamo schiavi dell'autoreferenzialità finiamo per coltivare una 'spiritualità da etichettà: 'Io sono Cl'. Questa è l'etichetta. E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarsi allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di un Ong".

"Oggi in Piazza San Pietro noi abbiamo vissuto di nuovo l'esperienza dell'incontro con Cristo - ha commentato al termine padre Carron -. Il modo in cui il Papa ci ha abbracciati lo porteremo per sempre nei nostri occhi".

ansa 

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