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LIBANOVerso l’inverno fra alloggi di fortuna e sfratti. Un aiuto da Lugano

29.10.14 - 06:24
In Libano molti rifugiati siriani trovano riparo in luoghi “che hanno poco a che fare con quanto noi chiameremmo ‘casa’”. Intervista A Marco Ciapparelli di Coopi.
Verso l’inverno fra alloggi di fortuna e sfratti. Un aiuto da Lugano
In Libano molti rifugiati siriani trovano riparo in luoghi “che hanno poco a che fare con quanto noi chiameremmo ‘casa’”. Intervista A Marco Ciapparelli di Coopi.

BEIRUT - Martedì a Berlino una conferenza internazionale sui rifugiati siriani ha ricordato l’urgenza di supportare maggiormente i Paesi confinanti con la Siria, in grande difficoltà per i milioni di persone in fuga dal conflitto che hanno dovuto accogliere. Come il Libano, piccolo Paese di 4 milioni di abitanti che da solo ospita più di 1,1 milioni di profughi. Attiva in Ticino dal 2012, Coopi Suisse promuove in Svizzera le attività di Coopi, organizzazione umanitaria italiana nata nel 1965 che nel Paese dei cedri sviluppa progetti di aiuto ai rifugiati. Marco Ciapparelli, referente Coopi per il Libano, ci spiega quali azioni concrete le donazioni possono supportare.

Con Coopi portate avanti diverse attività in Libano. Su quale vi concentrate di più con l’arrivo di una situazione critica come l’inverno?

"Per quanto riguarda l’arrivo della stagione fredda ci occupiamo della distribuzione dei “winterization kit” (“kit di preparazione all’inverno”, Ndr), finanziata dall’Unhcr. Consistono in un insieme di materiali che permettono di migliorare le condizioni degli alloggi, perlopiù informali, in cui vivono i rifugiati. Con “informali” intendo una grande varietà di luoghi che sono stati occupati dai profughi siriani quando si sono installati in Libano: garage, case in costruzione, edifici abbandonati, porzioni di capannoni industriali o agricoli. Luoghi che, avendo avuto l’occasione di vederli, hanno poco a che fare con quanto noi normalmente definiamo “casa”".

Cosa c’è in questi “kit di preparazione all’inverno” per gli alloggi di fortuna?

"Prendiamo il caso di una stalla che fino a due anni fa ospitava animali e che quindi ha delle aperture per il ricircolo dell’aria. Uno dei materiali che distribuiamo sono dei fogli di plastica resistente che permettono alle persone di chiudere in maniera abbastanza efficace almeno una parte di questi fori così da mantenere una temperatura accettabile all’interno".

Per chi non vive in un alloggio di fortuna perché magari è fuggito dalla Siria con qualche risparmio proponete un aiuto alla negoziazione degli affitti. Lo sfruttamento della condizione di necessità dei profughi siriani da parte della comunità libanese è frequente secondo la sua esperienza?

"Sicuramente è una casistica molto frequente. Si tratta spesso di rifugiati non riconosciuti dal governo libanese che, allo scadere del visto, li considera dei veri propri clandestini. Questo fa sì che, nella maggioranza dei casi, gli accordi fra un profugo che occupa un’abitazione e il padrone di casa siano informali. Ovviamente ciò espone i rifugiati a una serie di rischi, il più frequente e grave dei quali è lo sfratto".

Cosa fate voi per questa problematica?

"Per tutelarli, anche dallo sfratto, Coopi avvia una negoziazione con i proprietari di appartamenti che necessitano, per esempio, di miglioramenti essenziali (si tratta generalmente di abitazioni in condizioni critiche perché fra le più economiche). Stima l’ammontare dei costi degli interventi e propone di effettuarli a sue spese. Il proprietario, dal canto suo, s’impegna a scalare quella cifra dall’affitto annuale. Quando riusciamo a raggiungere un accordo, gli inquilini ne escono più tutelati per un periodo di almeno due anni e il proprietario, quando sarà terminato il conflitto, riprenderà possesso di un immobile ammigliorato".

Oltre a contribuire alle vostre attività con una donazione è possibile anche partire come volontari in Libano?

"Considerando la complessità della crisi – in termini di difficoltà tecniche d’intervento e situazione regionale più generale – tendiamo a non lavorare con volontari che non abbiano una specifica esperienza pregressa".

La Conferenza sui rifugiati di Berlino vuole riportare l’attenzione sulla situazione critica dei Paesi confinanti con la Siria. Voi che operate lì vi sentite dimenticati?

"La crisi siriana sta ripercorrendo la traiettoria di altre crisi di lungo periodo. Nel 2012/2013 c’è stata una fortissima attenzione da parte della comunità internazionale e un supporto finanziario non indifferente. Protraendosi, però, sono sopraggiunte altre crisi –la Repubblica Centrafricana, l’Iraq, l’ebola, i 40 giorni di guerra fra Israele e Palestina ecc. – e il conflitto siriano ha teso, non a essere dimenticato, ma a rivestire minore importanza.  Questo si nota dal punto di vista mediatico, in termini di minori passaggi su portali e canali tv, e dal punto di vista finanziario sulle cifre che i principali donatori mettono a disposizione. Quest’ultimo punto si ripercuote sulla disponibilità che le singole Ong hanno e sul numero di progetti che possono realizzare".

In che area del Paese si concentrano le vostre attività?

"Lavoriamo in diversi distretti del Governatorato del Nord Libano. Recentemente abbiamo iniziato a lavorare anche all’interno della seconda città del Paese, Tripoli, in cui, fra l’altro, c’è una situazione di scontro confessionale piuttosto complessa fra sunniti e alawiti".

   

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