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CORRISPONDENZE ESTERONoi non abbiamo attraversato la frontiera, la frontiera ci ha attraversato"

20.03.14 - 07:00
La "diaspora" ungherese in Slovacchia
Foto: Keystone
Noi non abbiamo attraversato la frontiera, la frontiera ci ha attraversato"
La "diaspora" ungherese in Slovacchia

BUDAPEST - Nelle regioni slovacche al confine con l’Ungheria la maggior parte della popolazione è storicamente d’origine ungherese e ancora oggi vive secondo gli usi e i costumi del paese magiaro. Un chiaro esempio di come la cultura di un popolo non si fa ingabbiare dalle frontiere.
 
L’Impero austroungarico è resistito fino alla fine della Prima Guerra Mondiale. Prima che gli stati vincitori iniziassero a smembrarlo, comprendeva un territorio di circa 677’000 km2, andava da Praga fin quasi a Belgrado e dai confini elvetici fino all’attuale Ucraina. Come conseguenza del Trattato di pace del Trianon (1920), la maggior parte del glorioso impero è ormai compreso nei confini nazionali di diversi paesi centro europei. La sconfitta nel primo conflitto mondiale costò caro all’impero, e l’attuale Ungheria non è che un terzo di quella che era.
 
Il sud-est della Slovacchia, al confine con Ucraina e Ungheria, rappresenta un chiaro esempio della natura artificiale delle moderne frontiere, chiaro risultato dei giochi politici del secolo scorso. Qui quasi il novanta per cento della popolazione è di etnia ungherese. La gente parla ungherese in casa, negli uffici pubblici, per strada e nei negozi. I bambini frequentano scuole ungheresi e le famiglie portano avanti tradizioni e modi di vita identici a quelli dei loro vicini ungheresi in… Ungheria. Nonostante il modus operandi della popolazione sia completamente ungherese, da generazioni ormai questa gente è ufficialmente slovacca. Ufficialmente, appunto, perché sono slovacchi solo perché lo suggerisce il colore del loro passaporto.

Il sud-est slovacco è una delle regioni più povere del paese e questo, secondo alcuni, a causa della minoranza etnica che ci vive. La zona è spesso dimenticata dal governo di Bratislava. Il governo ungherese, al contrario, da sempre appoggia economicamente le istituzioni della regione. Solo per fare un esempio, a detta di tutti, le scuole ungheresi in territorio slovacco sono decisamente in migliori condizioni rispetto a quelle slovacche. Questo, oltre all’innato sentimento d’appartenenza all’etnia ungherese, non fa altro che spingere la popolazione verso tutto quello che è ungherese: lingua, cultura, educazione, ecc. ed è proprio questo quello che non condividono molti slovacchi che vivono nel resto del paese. Seguendo l’idea nazionalista di una nazione slovacca sono in molti quelli che non comprendono e non approvano la mancanza d’appartenenza al “progetto” slovacco delle zone di frontiera. Allo stesso tempo, bisogna comunque dire che generalmente non ci sono problemi di convivenza tra ungheresi e slovacchi. I problemi maggiori si creano nei mesi che precedono le elezioni quando il politico di turno cerca di accendere gli animi e mettere sotto pressione la minoranza ungherese. A differenza di altre regioni europee (vedasi catalani e baschi in Spagna) gli ungheresi in Slovacchia non parlano d’indipendenza e non pretendono un’annessione all’Ungheria, la loro vera madre patria.

Le pressioni del resto della Slovacchia e la pretesa di “slavizzare” i magiari non riescono nemmeno lontanamente a equilibrare la bilancia; il peso della storia è troppo evidente. I confini della Slovacchia sono gli stessi da decenni ormai, ma parte della sua gente non smetterà mai di essere ungherese, sia quel che sia il colore del loro passaporto. Parlare con questa gente – sono circa 500'000 gli ungheresi-slovacchi, il 10% della popolazione – e sentirli raccontare la loro storia è estremamente interessante. E prima o poi c’è sempre qualcuno che afferma: “Noi non abbiamo attraversato la frontiera, la frontiera ci ha attraversato”. Frontiera che ha convertito milioni di magiari in stranieri nella propria terra.
 
 

 

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