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COPENAGHENRio 2016: schiaffo a Obama, Lula fa grande il Sudamerica

02.10.09 - 22:03
Rio 2016: schiaffo a Obama, Lula fa grande il Sudamerica
COPENAGHEN - Ci aveva messo la faccia, aveva deciso di esserci, volato di notte per mettere con il suo sorriso il sigillo ai Giochi del 2016. Ma lo sport ha detto no agli schemi collaudati e allo strapotere americano: la Chicago degli Obama esce sconfitta, umiliata dall'appuntamento di Copenaghen e da superfavorita viene punita con l'eliminazione al primo turno.

Il Comitato olimpico internazionale (Cio) non ha seguito le leggi della politica internazionale, ma quelle dell'allargamento dei confini: e così le Olimpiadi che prenderanno il testimone da Londra si disputeranno a Rio de Janeiro. La prima volta del Sudamerica, un evento storico al pari dei mondiali di calcio in Sudafrica: è il successo personale di Ignacio Lula da Silva, il presidente che da oltre un anno gira il mondo perorando la causa del suo paese, e che dal "rivale" Obama aveva mutuato il motto del vincitore.

"Rio? Yes, we can" aveva detto alla vigilia. E così è stato, la spiaggia di Copacabana ha fatto dimenticare i problemi di traffico e quelli di sicurezza della popolosa quanto affascinante città carioca, ma soprattutto è l'idea della conquista di nuovi paesi, l'apertura delle frontiere dello sport, ad aver convinto da subito la platea devota all'olimpismo, ma anche al business che non vuole perdere il treno dei nuovi mercati. Tutto più della presenza prestigiosa e inedita dell'uomo più potente della terra. Una sorpresa che ha lasciato tutti a bocca aperta, perché era stato proprio l'annuncio dell'arrivo di Barack Obama, avvenuto solo all'inizio della settimana, a dare quasi per scontata l'elezione di Chicago.

Ma l'urna del Cio è stata impietosa con la candidata americana: forse memore della pessima Olimpiade di Atlanta, quella del centenario strappata alla Grecia, e di alcuni affari poco chiari in occasione dei Giochi invernali di Salt Lake, la Windy city non è mai stata in partita. Fuori al primo round con solo 18 voti, segno che nemmeno l'Africa ha omaggiato il primo presidente afro-americano della storia.

La più votata è stata Madrid, che infatti ha tenuto fino al ballottaggio finale, forte del sostegno e della lobby di Juan Antonio Samaranch, che porta a casa 32 preferenze, contro le 66 di Rio, l'ultimo regalo dello sport al grande vecchio del movimento olimpico. Madrid perde ancora, era già successo a Singapore, quando fu Londra a vincere la sfida europea che vedeva schierata anche Parigi.

Quella di Rio è la vittoria di un continente intero, ed è già scattata la festa, anche tra i cugini argentini, gli stessi che sui campi di calcio sono nemici giurati. Lula è stato più bravo di Obama: ha contagiato con l'allegria del suo paese. Chiedeva di avere una chance, ha chiesto al mondo dello sport di vedere la bellezza del Barra, del Deodoro, del Maracanà e quella quasi leggendaria di Copacabana.

I quattro poli che nel 2016 si apriranno ai Giochi. E a Lula riesce la doppietta mondiali-Olimpiadi: a qualcuno, nel suo instancabile tour, aveva confidato di tenere più alla rassegna a cinque cerchi che a quella iridata del pallone. Senza paura di risultare blasfemo in un paese in cui il calcio viene prima del pane.

"Ma Obama non esce sconfitto, è stato coraggioso e sul piano etico è rafforzato" le parole di Franco Carraro, uno dei cinque membri italiani del Cio che, nonostante le perplessità sugli Usa, non pensava che il Cio potesse dire no al presidente americano. Ma l'allargamento dei confini è il consolidamento di un'era per Mario Pescante, in odore di nomina a vicepresidente del Cio: "ha prevalso al tendenza di uscire dai soliti continenti andando verso quei paesi che si stanno espandendo. Basta con quelli di sempre, e io spero un giorno arrivi anche il momento dell'Africa". Perché ora nel mappamondo olimpico resta solo il vuoto del continente africano, che ha fatto il primo passo ottenendo i mondiali di calcio.

Il Brasile intanto fa festa a suo modo: ride e piange. Le lacrime, in mondovisione, sono quelle della stella del calcio internazionale, Pelé: O Rei, testimonial di Rio 2016, non ha retto all'emozione e ha pianto quando il presidente del Cio, Jacques Rogge, ha letto la città vincitrice. "Ho vinto tre mondiali - ha poi detto - ma il mio sogno era giocare nel torneo olimpico".

Ha pianto a dirotto anche Lula: il suo Brasile, quello dell'economia in crescita, entrato nel G20, che ha portato a Copenaghen le stelle dello sport e non - dallo scrittore Paulo Coelho al campione del nuoto Cielo Filho, passando per Gustav Kuerten ha vinto. Ha battuto persino il colosso Usa, nell'anno magico del presidente Obama.

ATS
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