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LUGANOFacebook non è morto: e può risollevare l’economia

10.02.16 - 06:08
Periodicamente dato per spacciato, comincia a essere esplorato come strumento per generare comportamenti virtuosi: per esempio, tramite gare social a chi risparmia di più
Facebook non è morto: e può risollevare l’economia
Periodicamente dato per spacciato, comincia a essere esplorato come strumento per generare comportamenti virtuosi: per esempio, tramite gare social a chi risparmia di più

LUGANO - C’è chi lo dà per spacciato da tempo: ormai surclassato da altri strumenti digitali, snobbato dai giovani che tracciano nuove tendenze. C’è chi, invece, comincia adesso a indagarne le potenzialità: potere di Facebook che si rinnova a seconda di quello che il mondo chiede; rideclina se stesso e si offre come strumento che incentiva a comportamenti più virtuosi, eticamente responsabili e utili anche al portafoglio. Prova ne sono due app rilasciate in questi giorni dalla Supsi: inviti a risparmiare da un lato sulla bolletta telefonica, dall’altro a usare meno l’auto, mettendo in rete – e in gara - chi partecipa al progetto.

Non solo mobile banking, e-commerce, pagamenti alle casse abilitate: c'è anche un altro modo dunque attraverso cui il telefonino comincia a interagire con l'economia. «Un filone di ricerca in grande espansione - conferma Lorenzo Cantoni, docente Usi esperto di nuovi media - che ha tre radici principali: il fenomeno della persuasione online, il cosiddetto quantified self e la gamification.

Professore, come funziona?

Il tema delle tecnologie della persuasione è stato posto all’attenzione dei ricercatori dal collega dell’Università di Stanford B.J. Fogg nel 1996. Si tratta dello studio di come alcuni strumenti tecnologici possano aiutare a modificare un comportamento. All’inizio si pensava soprattutto a cd rom e siti web; la diffusione degli smartphone e delle applicazioni mobili hanno orientato la ricerca e lo sviluppo soprattutto in questa direzione.

Per arrivare dove?

La diffusione degli smartphone e di altri sensori, come per esempio numerosi braccialetti, capaci di registrare alcuni parametri vitali e ambientali ha dato luogo al cosiddetto quantified self: la possibilità di raccogliere in tempo reale numerosi dati sulle persone e sui loro comportamenti, di analizzarli, compararli e offrire un feedback in tempo reale. Per esempio, l’iPhone integra, tra quelle pre-installate, un’app che mi dice che di solito percorro a piedi 3,3 km al giorno. La stessa app mi dice che in media faccio sette rampe di scale al giorno: si tratta di un valore certamente sotto-stimato, dal momento che in casa ne faccio molte di più, ma di solito non tengo il telefono con me. La diffusione dei giochi elettronici ha poi suggerito di applicare elementi di gioco anche ad applicazioni che giochi non sono, così da promuovere la motivazione e stimolare competizione e/o collaborazione. Per esempio, presso la cattedra Unesco dell’Usi di Lugano abbiamo sviluppato un’app che aiuta a conoscere e apprezzare meglio i siti del patrimonio mondiale nell’Africa meridionale.

Più efficace la sfida o la collaborazione di gruppo?

Direi entrambi: come nei giochi di squadra, c’è bisogno di collaborazione entro la squadra e di sfida rispetto agli avversari. Tutto però deve dar luogo a un contesto di gioco, di piacevolezza, che proponga sfide sufficientemente difficili da coinvolgere e intrigare, ma non tanto difficili da far perdere interesse. Si tratta, naturalmente, di un equilibrio molto delicato, che alcuni hanno proposto di chiamare flow: flusso, perdendo il quale si perde attenzione e motivazione, cadendo nello stress – la sfida è troppo alta – o nella noia – la sfida è troppo banale.

Il risultato è duraturo o limitato alla situazione contingente?

Non abbiamo oggi risultati concludenti: trattandosi di un campo molto nuovo, è impossibile fare studi che includano numerosi anni. È certo comunque che social media e altri strumenti digitali possono aiutare a promuovere una maggiore consapevolezza e comportamenti più responsabili. Naturalmente non sono gli unici fattori, né si tratta di soluzioni magiche: la libertà delle persone e il loro contesto giocano sempre un ruolo molto importante.

Rischi?

Penso che un aspetto importante, da non perdere mai di vista, sia costituito dal rispetto della privacy delle persone, della loro intelligenza e libertà. Per esempio, recentemente Facebook è stato criticato perché ha realizzato degli esperimenti di psicologia sociale con “cavie” – cioè i suoi utenti, cioè noi – che non erano state informate. Si tratta di offrire ottime ragioni e stimoli per mettere in atto comportamenti più corretti e virtuosi, non di pensare che una macchina, anche la più avanzata tecnologicamente, sappia meglio di noi che cosa dobbiamo fare.

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