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MANNO“Care aziende, non abbiate paura dei bitcoin: sono un business”

25.02.15 - 05:59
Danno visibilità, portano clienti e in prospettiva saranno più sicuri della moneta reale: parola di Giacomo Zucco, oggi a Manno per illustrare i benefici della moneta virtuale per le imprese
“Care aziende, non abbiate paura dei bitcoin: sono un business”
Danno visibilità, portano clienti e in prospettiva saranno più sicuri della moneta reale: parola di Giacomo Zucco, oggi a Manno per illustrare i benefici della moneta virtuale per le imprese

MANNO - I bitcoin? Un’opportunità di marketing aziendale, anzitutto. E, in prospettiva, un mezzo per "difendersi dalle decisioni arbitrarie che giocano con la moneta tradizionale e ci colgono impreparati", come l’abbandono della soglia minima e le difficoltà conseguenti cui oggi si deve fare fronte. 

Bando alla paura, dunque: parola di Giacomo Zucco, esperto di tecnologie informatiche e bitcoin, consulente della società svizzera Wmogroup Sa, head of business development per la start-up GreenAddress, partner della società di consulenza CoinCapital, collaboratore del Fatto quotidiano. Questa mattina, nel corso di un evento organizzato al tecnopolo di Manno dalla Camera di Commercio in collaborazione con la fondazione Agire, spiegherà "i benefici che si possono trarre da un suo utilizzo a livello aziendale".

Zucco, benefici e bitcoin: sembra quasi un ossimoro. A quali vantaggi allude?
"La visibilità. Per una pizzeria che oggi decidesse di offrire possibilità di pagamento con i bitcoin, non ci sarebbero benefici effettivi legati alla moneta digitale. I clienti che ne usufruirebbero sarebbero al più poche decine. Ma il bitcoin è un ottimo biglietto da visita, dà rilevanza all’esercizio. Senza contare il fatto che, innalzando progressivamente il proprio livello di conoscenze, si sarà più preparati a gestire i bitcoin quando diventeranno standard".

Succederà?
"Non a breve termine. Ma chi può saperlo, del resto. L’esperienza insegna che la diffusione delle tecnologie può essere anche molto veloce. Per le aziende, utilizzare bitcoin avrà davvero senso quando anche tutti gli altri lo faranno, non solo pochi pionieri. Accadrà: il bitcoin è vantaggioso, perché anonimo o per meglio dire pseudonimo e totalmente trasparente".

Mi perdoni: l’aggettivo poco si addice a una moneta additata come mezzo per riciclare denaro sporco, non trova?
"È una menzogna. Possibile che lo diventi, in futuro: e in effetti è uno strumento pensato anche in virtù delle sue garanzie di privacy finanziaria. Ma al momento non può essere così e la ragione è semplice: manca una capitalizzazione adeguata. Siamo onesti: oggi il riciclaggio è fatto con gli euro, con i dollari, con la compiacenza degli istituti di credito. Il bitcoin è trasparente, invece, perché tutti possono vedere dove si trovano le risorse e dove si spostano. Poi, certo, gli scambi avvengono tra indirizzi alfanumerici, non nominali: ma in caso di un’indagine della magistratura, risalire alle persone è più facile di quanto non sia con i conti bancari".

Eppure è opinione condivisa che investire in bitcoin sia parecchio rischioso. Come la mettiamo?
"Sì, è rischioso: perché è una tecnologia giovane. I rischi sono fondamentalmente due. Il primo è legato all’incapacità di utilizzare uno strumento nuovo. Si gioca con i bitcoin senza avere preparazione, facendo danni allo stesso modo in cui accadde con le e-mail appena cominciarono a diffondersi. Ma questo aspetto andrà a sistemarsi pian piano. In secondo luogo, le transazioni sono irreversibili. I bitcoin rubati dagli hacker sono dunque effettivamente persi. Ma anche in questo caso è questione di tempo. Un sistema reversibile si può costruire".

Dunque a suo avviso non c’è dubbio: il bitcoin vincerà sulla paura?
"Le premesse ci sono. Il bitcoin ha diversi privilegi: è cash, la quantità in circolazione non dipende da un ente fiduciario ma è predefinita, si presta ad account a firma multipla, è denaro programmabile nel tempo: per esempio, si può pianificare oggi una transazione che avvenga nel 2016. Coi bitcoin posso creare una complessità incredibile di opportunità".

Il suo valore però è pericolosamente instabile.
"La volatilità è un altro tipo di rischio, non informatico e molto concreto. L’offerta è fissata, ma la domanda non si conosce, di conseguenza è soggetta a variazioni. C’è chi ha comprato bitcoin è si è ritrovato con un quinto di quello che ha investito, chi ha guadagnato dieci volte tanto".

Ammetterà che per le aziende è un problema serio.
"Assolutamente. Per questo chi accetta bitcoin oggi, come Microsoft, non si espone al rischio volatilità. Usa enti terzi che se lo accollino. Quanto ai piccoli, se il rischio è minimo, relativo a poche transazioni, se lo potrebbero anche assumere. E in futuro, quando il bitcoin sarà usato da molti e la tecnologia sarà affermata, la volatilità si assottiglierà fino a scomparire".

Nonostante gli allarmismi, il mondo non rinuncerà ai bitcoin?
"Non credo. Certo ci potranno essere sorprese. Quando è nato internet, si pensava prendesse una certa strada, invece è diventato qualcosa che c’entra poco o nulla con il modo in cui è cominciato. Il bitcoin è l’internet della proprietà. Avrà dei rischi, si presterà a illeciti, causerà danni. Ma pensare che sia uno strumento per finanziare Isis, per esempio, è una favola ingenua e falsa".

Le banche però mettono in guardia: parlano soltanto pro domo propria o hanno qualche ragione da vendere?
"La credibilità del mittente del messaggio è discutibile. Le banche sono faziose, trattano un competitor come una minaccia. È vero che alcune delle loro osservazioni sono vere. L’Autorità bancaria europea (Eba), per esempio, ha fatto un’analisi di parte e ostile, ma molto curata, che mette in luce rischi concreti. Il fatto è che il bitcoin è destinato a destabilizzare il sistema finanziario: al modo in cui i file peer-to-peer hanno fatto con l’industria discografica, che poi ha dovuto trovare nuovi canali per non soccombere. Lo stesso accadrà agli istituti di credito".

Tempi?
"Più di un anno, meno di dieci. Magari anche solo un paio. Sono dinamiche imprevedibili".

C’è un giro d’affari a partire dal quale il bitcoin diventa proficuo o è buono per tutti?
"Domanda difficile. La piccole aziende sono più avvantaggiate, adesso, perché sfruttano al meglio la visibilità che il bitcoin dà. Penso al primo avvocato, la prima birreria di Roma finita sul giornale, presi d’assalto dai clienti: che poi magari pagavano con moneta reale, ma erano attratti dalla novità. Il bitcoin crea attenzione intorno a sé, può diventare un’ottima mossa di marketing. Quanto ai vantaggi effettivi come moneta, è una tecnologia che serve a trasferire proprietà scarse online: dunque è vantaggioso per chi fa molti trasferimenti online, come le attività di money transfer. All’industria tradizionale invece forse non serve".

Può essere utile contro l’apprezzamento della moneta?
"Il bitcoin è nato proprio per mettere al riparo da questo tipo di rischio. Non è toccato dalle svalutazioni della moneta e dalle sue conseguenze politiche. In questa fase i rischi sono altri, come dicevo: oscilla molto. Non c’è il rischio Draghi ma c’è il rischio volatilità. Però sì, mette al riparo da inflazione e svalutazione monetaria".

In prospettiva ci salverà dal franco forte?
"Non esattamente. Il “danno” non deriva dal fatto che il franco è diventato forte, ma che la decisione ci ha colti impreparati e il mercato non è riuscito ad adeguarsi in tempo. Più che salvare dal franco, salverà dalle decisioni arbitrarie che giocano con la moneta. Anche il bitcoin diventerà sempre più forte, ma di una forza prevedibile".

Sarà il nuovo oro?
"È stato il creatore stesso a presentarlo come oro 2.0. Sono molte le analogie: come l’oro è scarso, si prende attraverso un’operazione detta mining, “scavare”, è frazionabile. Anche se la sua valuta, ora, assomiglia più all’andamento del prezzo del petrolio del secolo scorso, così instabile".

Anche il petrolio è oro nero, in fondo.
"E il bitcoin è oro digitale".

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