Cerca e trova immobili

LUGANO"Vi spiego l'economia con i Beatles"

22.10.14 - 06:06
Economia, scienza arcana adatta a pochi? Federico Rampini sfata i luoghi comuni e prova a spiegarcela attraverso i testi della band inglese
"Vi spiego l'economia con i Beatles"
Economia, scienza arcana adatta a pochi? Federico Rampini sfata i luoghi comuni e prova a spiegarcela attraverso i testi della band inglese

LUGANO - Un modo originale per lasciarsi sorprendere dai testi dei Beatles: scoprirli invece di banalmente riscoprirli. Ma anche, forse soprattutto, un tentativo di avvicinare la gente all’economia, erroneamente giudicata appannaggio di pochi e sedicenti esperti. "L’economia riguarda tutti, dobbiamo solo dare al popolo gli strumenti per comprenderla". A questo scopo domani al Cittadella di Lugano, ore 20.30, il giornalista Federico Rampini salirà sul palco con “All you need is love. L’economia spiegata con i Beatles”.

Rampini, con il suo spettacolo l’economia entra in un teatro : ce n’era davvero bisogno?
"C’era bisogno di parlare di economia in modo diverso, perché l’economia troppo spesso ci spaventa. Ce la dobbiamo riprendere, toglierla alla casta dei tecnocrati: l’economia riguarda il destino di tutti noi e un cittadino maturo e consapevole deve avere gli strumenti per capirla. Con i Beatles tutto diventa più facile".

Che cos’hanno da insegnarci?
"I Beatles non erano economisti, non erano teorici o ideologi. Però, con la loro fantasia e creatività, hanno spesso intuito temi molto importanti. Nelle loro canzoni ritrovo le rivolte fiscali, la crisi del welfare state, la xenofobia, la globalizzazione".

L’economia spiegata con i fumetti, l’economia spiegata con i Beatles, l’economia spiegata con le leggi della fisica. Si assiste a una ricerca di nuovi strumenti di analisi e interpretazione: perché?
"Nell’usare i Beatles, che sono un gioco, un pretesto, un divertimento, io parto da una considerazione seria e grave, drammatica: il fallimento di una vasta categoria di economisti che non hanno saputo prevedere la crisi del 2008, non hanno fatto nessuna autocritica e continuano anzi a professare le stesse idee sbagliate che sono state all’origine della crisi. Nel mio spettacolo, che è una forma di teatro militante, impegnato, c’è una denuncia degli errori compiuti in Europa con l’austerity e una lettura molto critica dell’attuale ripresa americana. Vivo in America e vedo un’economia più dinamica di quella europea, tuttavia segnata da disuguaglianze insostenibili".

Qual è l’errore?
"Avere trasformato il mercato in una religione, averlo descritto come una sorta di stato di natura con leggi superiori alla volontà degli uomini. È un inganno, un’impostura, nasconde il fatto che le regole di mercato sono disegnate al servizio di interessi potenti. Spesso gli stessi economisti si sono venduti a questi interessi".

Lei ha vissuto a lungo anche “all’altro capo del mondo”. C’è qualcosa che possiamo imparare da lì?
"L’Asia fa capolino nel mio spettacolo perché un capitolo meraviglioso, affascinante e surreale nella storia dei Beatles fu il pellegrinaggio in Oriente con il viaggio in India del 1968. Io lo rievoco con “Across the universe” e lo descrivo come una specie di preludio alla globalizzazione. Oggi l’Oriente è in mezzo a noi, tuttavia è attraversato a sua volta da una crisi profonda. Le protesta a Hong Kong di questi giorni sono una spia del disagio sociale nella Cina capitalista. Adottando il nostro sistema economico, con l’aggiunta di un governo autoritario e illiberale, ha generato disuguaglianze e ingiustizie al suo interno persino superiori alle nostre".

Vuole dire che non possiamo imparare nulla dal momento che hanno copiato da noi?
"Dipende da quale Oriente parliamo. Conosco troppo bene l’Asia per accettare generalizzazioni e semplificazioni. Non si può fare un tutt’uno della Cina, dell’India, del Giappone, della Corea del Sud, del Vietnam: questa è l’ottica del turista. Un conto è la saggezza di alcuni grandi pensatori, da Buddha a Gandhi, altra cosa sono i governanti corrotti di oggi".

Cosa vede nel futuro: ancora imprenditoria nel senso tradizionale o magari maggiore spazio per la nuova sharing economy?
"La sharing economy è interessante perché c’è tanta imprenditoria giovanile. Molte start-up della Silicon Valley sono creazione di imprenditori giovani, talvolta fuggiti dall’Europa, che stanno immaginando un mondo nuovo, più sostenibile. Guardano alle energie pulite, alla crescita non inquinante, al cosiddetto consumo frugale, meno distruttivo per l’ambiente. Ciò che indico nel mio spettacolo è l’orizzonte di un’economia di mercato con minori disuguaglianze. L’unica risposta al rischio di una stagnazione secolare è uno sviluppo più equo".

C’è ancora posto per un imprenditore che abbia una funzione sociale e per un’economia più umana?
"Vedo un’economia più umana là dove c’è un ruolo per l’imprenditore. Gli imprenditori possono avere una visione sociale: non è un’invenzione moderna. Penso ad esempio, in Italia negli anni Cinquanta, a Adriano Olivetti, giustamente riscoperto oggi. Mi interessano quelle forme di filantropia e mecenatismo degli imprenditori più illuminati, in America ma anche in Asia".

Come giudica la politica del lavoro di Renzi?
"Dagli Usa vedo Renzi con distacco. Mi colpisce il fatto che continui a bombardare gli italiani di annunci, mentre pochissimo è già stato realizzato. Lo scarto tra la sua comunicazione e la capacità di governo continua a crescere. Sul lavoro, mi pare ragionevole andare verso un sistema un po’ più flessibile, senza arrivare agli eccessi americani di cui vedo da vicino i costi sociali. L’ideale è il modello di contratto unico a garanzie crescenti proposto da tanti economisti, fra i più famosi Tito Boeri. Credo che Renzi aspiri a quello, ma sia ancora molto lontano".

 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE