Uno studio recente sugli impatti economici e fiscali prova a sfatare il pregiudizio. E aggiunge anzi: «Non fosse per loro, la qualità della vita sarebbe peggiore»
NEW YORK/TICINO - «L'immigrazione ingrandisce l'economia, migliora la qualità di vita della popolazione locale». Non bastassero i moniti dell'Europa, adesso arriva anche l'America a bacchettare indirettamente la Svizzera. E il Canton Ticino: che, nelle ore in cui tira le somme del voto e promuove "prima i nostri", sente ripetere analoga solfa e invito. «Non chiudete le porte ai lavoratori stranieri, non vi fanno che bene».
A giurarlo, stavolta, non è il semplice buon senso: ma studi e statistiche attraverso cui l'Accademia nazionale di scienze, ingegneria e medicina rilegge la storia di un intero ventennio, provando a offrire un approccio “matematico” al fenomeno. Ecco dunque che «l'immigrazione genera innovazione, imprenditorialità e cambiamento tecnologico», assicura il rapporto dedicato agli impatti economici e fiscali dell'immigrazione. Il quale giunge a una conclusione in netto contrasto con il pregiudizio diffuso, là come qui, secondo cui lo straniero ruberebbe posti di lavoro al nativo.
Il mercato di riferimento è, ovviamente, quello americano: ma non sarà la latitudine a portarsi dietro differenze, tanto più fra due realtà che, fatte le debite proporzioni, hanno in comune qualcosa come il federalismo. Vero che qualche conseguenza negativa c'è, ammette lo studio: come c'è chi, i lavoratori indigeni meno qualificati, qualche prezzo talvolta lo paga, sotto forma di stipendio ribassato. Ma nel complesso il quadro è più che favorevole: e i benefici generali superano in modo marcato gli inconvenienti.
La qualità della vita in primis ne risulterebbe incrementata. «Le prospettive di crescita economica di lungo periodo negli Stati Uniti sarebbero notevolmente più basse se non vi fosse stato il contributo di immigrati qualificati», osserva l'indagine. Che garantisce: «In un orizzonte a lungo termine» gli impatti fiscali legati alla presenza di stranieri sono, a livello globale, «generalmente positivi».