Lo dice Carlo Cottarelli, direttore esecutivo dell'Fmi per il Sud Europa
ROMA - La turbolenza sui mercati finanziari durerà «non poco»: «ogni volta che c'è un fatto traumatico, l'11 settembre, la Lehman, il maremoto in Giappone, i mercati crollano. Poi recuperano. Ma ci preoccupa la fase due, il possibile effetto domino di una serie di altre "exit", forzate o volontarie che siano. I Paesi ad alto debito rischiano. Il pericolo è lo sgretolamento dell'euro e dell'Europa». Lo dice Carlo Cottarelli, direttore esecutivo dell'Fmi per il Sud Europa, in un'intervista a Repubblica.
«In Italia sono vietati i referendum sui trattati internazionali, ma in altri Paesi no. Allora in sede di consiglio europeo i governi dovrebbero impegnarsi a non tenere più tali consultazioni. Neanche Cameron era obbligato a indirlo, è stata una leggerezza imperdonabile», afferma Cottarelli. L'Fmi prevede che con «una contrazione dell'interscambio globale» Londra sarà la «più penalizzata: sul lungo termine dovrà rinunciare a una somma fra l'1,5 e il 5% del Pil. Per i partner le valutazioni variano. L'Italia non è messa male: 0,2-0,5% di Pil».
Intervistato da QN, Cottarelli spiega quali potranno essere le strade possibili: «L'associazione che comprende Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Paesi che hanno accesso al mercato unico, ma pagano cospicui contributi alla Ue e sono soggetti alle direttive di Bruxelles. Non credo che Londra voglia questo, è uscita proprio per non obbedire più all'Europa».
In alternativa «l'ipotesi Svizzera, che ha diritti minori e meno obblighi. Infine quella delle tariffe del Wto, il ritorno dei dazi. Ci potrà essere una soluzione ad hoc, ma in ogni caso il commercio tra Ue e Gran Bretagna subirà perdite consistenti».