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SVIZZERACurioso Ticino: odia il burqa ma adora Abu Dhabi

23.04.15 - 06:07
Con un +44% di turisti nel 2014, la Svizzera è il Paese che più mostra di apprezzare la capitale degli Emirati Arabi: e che meglio finanzia la sua economia
Curioso Ticino: odia il burqa ma adora Abu Dhabi
Con un +44% di turisti nel 2014, la Svizzera è il Paese che più mostra di apprezzare la capitale degli Emirati Arabi: e che meglio finanzia la sua economia

ZURIGO - Dimenticate gli stereotipi che mettono paura: di arabo Abu Dhabi ha la geografia, la storia, la cultura, la tradizione ma non l’ostilità all’Occidente che riempie le cronache e spinge l’Europa a stare lontana. La Svizzera lo sa bene: e meglio di tutti. Con 21084 turisti nel 2014, +44% e sesto posto nella classifica europea nonostante l’appeal sia cosa recente rispetto a Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Olanda, promette addirittura di crescere. Nei primi due mesi del 2015 ha già scavalcato l’Olanda, archiviato un altro +30% e guadagnato un posto ancora nella classifica della predilezione verso una meta non scontata, finora messa in ombra da Dubai. L’ascesa progressiva è dato di fatto e garantisce prossime impennate, grazie anche ai collegamenti aerei che la eleggono meta privilegiata del turismo elvetico. Con il volo Etihad da Zurigo una volta al giorno e i gli Alitalia in partenza da Milano Malpensa, più Roma e Venezia, risulta essere una delle destinazioni più favorite.

Vacanze scolastiche e ponti: ecco quando il ticinese medio preferisce recarsi nella capitale degli Emirati Arabi, dove si intrattiene fra le 3 e le 4 notti. "C’è il giovane che sceglie Abu Dhabi per il viaggio di nozze, ma anche il middle aged, qualche famiglia, amici che vi organizzano un addio al celibato", giura Dora Paradies, country manager di Abu Dhabi Tourism and culture authority.

Dora, come si spiega quest’indice di gradimento?

"Abu Dhabi è una destinazione fresca, giovane: un nuovo status symbol. I prezzi sono più competitivi rispetto a Dubai, ancora apprezzata ma ormai nota e associata all’immagine dello shopping".

Abu Dhabi rischia di surclassarla?

"Abu Dhabi ha chiuso il 2014 con 3,5 milioni di visitatori; Dubai aspira a raggiungere i 20 milioni nel 2020. Non arriverà a tanto in appena cinque anni: ma sta lavorando alacremente perché il turismo diventi un pilastro dell’economia".

Il petrolio non basta più?

"Il petrolio resta fondamentale per l’economia locale. Abu Dhabi possiede il 9% delle riserve petrolifere mondiali e il 5% dei gas naturali: ma oltre dieci anni fa è stato avviato il progetto “The vision 2030”, che punta proprio a slegarsi dal petrolio entro il 2030. Per questo si è deciso di investire su real estate, finanza, turismo: di diversificare la propria economia. E i risultati soddisfano: oggi l’occupazione degli alberghi è salita al 75%".

Il turista occidentale come viene accolto dai locali?

"Con grande rispetto e riverenza. Basti pensare che la gente del posto viene addirittura multata se gira con l’auto sporca e non contribuisce a offrire il miglior biglietto da visita per Abu Dhabi, che aspira a smarcarsi e riscattarsi dai pregiudizi. Di contro, si possono incrociare anche vetture decorate con Swarovski: come accade in tutte le località che vogliono emergere, si cade e s’indulge sugli eccessi".

Siamo comunque in un Paese arabo: sicura che non c’è da aver paura?

"I timori sono ingiustificati. I controlli sono altissimi, anche se invisibili al turista; la collaborazione a livello internazionale è forte. Mi è capitato perfino di fare l’autostop di notte per tornare dal concerto dei Rolling Stones. Due anni e mezzo fa, appena arrivata, non avrei osato: ma ora posso garantire che è una meta tranquilla. Si può stare rilassati, spegnere la testa".

Accorgimenti da prendere?

"Nulla di particolare. La gente prima di partire ci domanda perfino se può indossare i sandali, se è consentito fumare, quali abiti evitare. Preoccupazioni senza ragion d’essere: semplicemente, raccomandiamo decoro durante le visite in moschea".

Un Paese libero o una libertà di facciata?

"Non siamo in Arabia Saudita. Anche i matrimoni combinati stanno venendo meno. In passato era la famiglia che sceglieva la sposa; oggi, se il giovane conosce una ragazza in un locale, deve solo informare i genitori, di modo che possano prendere contatto con i parenti di lei per cominciare a conoscersi. Anche l’età dei matrimoni è cambiata. Trovi ragazze che a 30 anni sono ancora single. Aspettano lo sceicco; oppure, che il proprio fidanzato trovi un lavoro stabile".

Difficile?

"Direi di no. Il tasso di disoccupazione è praticamente inesistente".

Che lavoro fa il giovane emiratino?

"Cerca occupazione negli enti governativi, in dogana, in polizia. La manovalanza per le costruzioni di nuovi alberghi, invece, arriva per lo più da fuori: dal Pakistan, dal Bangladesh. A parità di qualifiche e mansione, i contratti sono differenti a seconda del luogo da cui si proviene. C’è molta attenzione verso la professionalità ma anche il livello di vita condotto prima di giungere qui. Dove ormai si lavora 24 ore su 24, 7 giorni su 7; anche il venerdì non è più sacro come una volta. È stato cambiato perfino il week end per adeguarsi alle esigenze e alle aspirazioni di Abu Dhabi: un tempo era giovedì e venerdì, ora venerdì e sabato".

E le donne?

"Sono emancipate, scelgono per se stesse. Ad Abu Dhabi trovi tanto la donna velata quanto la ragazza in top e pantaloncini. Del resto, il burqa in origine nasce per proteggerle dalla loro bellezza: o dal sole. Sotto quello che io chiamo il grembiule nero, le donne sono griffatissime. Piedi, mani e viso sono molto curati. Comprano molto online: Ribbon è il loro portale di riferimento".

A proposito: il Ticino è il Cantone più agguerrito contro il burqa. Eppure, a credere ai numeri, adora Abu Dhabi. Non è una contraddizione?

"Il fatto è che, giustamente, Abu Dhabi non è percepita come una località così “araba”. È semplicemente una destinazione interessante: una volta lì, non la si associa affatto al mondo arabo comunemente inteso. Quando parliamo di Paese arabo, pensiamo per lo più al Nord Africa: ma è solo uno stereotipo. Esistono tanti tipi di arabi, ciascuno diverso e sorprendente. Questo è un posto dove il divorzio si ottiene in una settimana, a differenza di quanto accade altrove e anche in Occidente. Sono arabi, senza dubbio, ma evoluti e raffinati nei gusti. Puntano al cambiamento, anzitutto per se stessi: non lo fanno per il turista, ma in primis per la propria gente".  

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