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INTERVISTAQuando le Chevrolet venivano costruite in Svizzera

29.09.14 - 12:30
Abbiamo incontrato Markus Kobel, per 47 anni alle dipendenze di General Motors, dall’apprendistato fino alla pensione. "Non conoscevamo né stress né burnout"
Quando le Chevrolet venivano costruite in Svizzera
Abbiamo incontrato Markus Kobel, per 47 anni alle dipendenze di General Motors, dall’apprendistato fino alla pensione. "Non conoscevamo né stress né burnout"

Lo abbiamo visto nell’articolo pubblicato poco fa: la Svizzera è una paese molto legato a Chevrolet (leggi: qui). Il nostro era l’unico Paese in cui sono state vendute meglio che nel resto d’Europa, lo stesso Louis Chevrolet – fondatore del marchio – è nato a La Chaux-de-Fonds, il quartier generale europeo di General Motors ha sede a Zurigo e, in tempi passati alcune Chevrolet venivano addirittura assemblate in Svizzera nello stabilimento denominato “Chevrolet Montage Suisse”.

In quell’epoca nella fabbrica di Bienne lavorava Markus Kobel, che si ricorda ancora di quando vi aveva iniziato a lavorare. “Ho fatto l’apprendista alla General Motors dal 1962 al 1966 quale meccanico d’automobile. Guadagnavo 50 centesimi all’ora e ogni tre mesi cambiavamo postazione, cosicché alla fine sapevo per filo e per segno come veniva costruita un’automobile. Una volta terminato l’apprendistato sono restato a Bienne come operaio: si guadagnava 5 franchi l’ora e si lavorava 52 ore la settimana assemblando dalle 40 alle 48 auto al giorno – dal lunedì al venerdì più ogni secondo sabato. Allora non si sentiva parlare di stress, burnout o altre cose simili: semplice si lavorava sodo e si andava fieri di quello che si costruiva."

In quel di Bienne, in effetti, le tecniche di assemblaggio erano ben diverse rispetto a quelle attuali. Serviva ancora mano d’opera specializzata, manualità, competenze talvolta anche fuori dal comune. “La verniciatura si eseguiva completamente a mano e non era robotizzata. Più in generale c’era bisogno di chi era bravo a verniciare, chi a saldare, chi a fare le opere da sellaio. Motori e carrozzerie arrivavano già completi mentre tutti gli altri componenti venivano spediti dagli USA in casse di legno resistenti all’umidità, talmente resistenti che oramai 40 anni fa utilizzai i suoi assi per costruire una casetta per gli attrezzi nel mio giardino che ancora adesso è in uno stato perfetto!”

Parlando di quell’epoca il 69enne sorride e si invaghisce, segno che è stato per lui motivo di grande fierezza fare parte di quel gruppo di lavoro. “Ad assemblaggio ultimato applicavamo su ogni vettura una targhetta identificativa con la dicitura “Montage Suisse”. Le auto costruite a Bienne erano qualitativamente più elevate rispetto alle americane e infatti avevano anche un maggiore valore nel mercato dell’usato”. Ogni volta che vede per strada una delle Camaro o delle Impala che lui stesso ha costruito riaffiorano tanti ricordi, anche se le linee di produzione le ha dovute abbandonare piuttosto presto. “A causa dei miei problemi alla schiena nel 1973 ho assunto un impiego nella parte amministrativa. Sono però rimasto in General Motors fino alla pensione. Una scelta dettata anche dal fatto che io stesso ho potuto contribuire, nel mio piccolo, alla consolidazione di questo marchio.”

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