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ITALIAEni e il "The Paolo Scaroni Trust", rogatoria svizzera

23.09.14 - 20:18
L'ex numero uno di Eni è indagato per una presunta tangente di circa 198 milioni di euro
Foto Keystone
Eni e il "The Paolo Scaroni Trust", rogatoria svizzera
L'ex numero uno di Eni è indagato per una presunta tangente di circa 198 milioni di euro

MILANO - Spunta il "The Paolo Scaroni Trust" nell'inchiesta milanese in cui l'ex numero uno di Eni è indagato con altre persone per una presunta tangente di circa 198 milioni di euro che sarebbe stata versata dalla Saipem (Società Anonima Italiana Perforazioni E Montaggi, che fa parte della multinazionale italiana dell'energia) all'allora ministro dell'energia algerino e al suo entourage per ottenere otto grandi appalti petroliferi del valore di 11 miliardi di euro.

Da quanto si è saputo, nonostante Scaroni abbia dichiarato che il denaro su quel trust è frutto dei suoi emolumenti percepiti come manager all'estero, i pm milanesi Fabio De Pasquale e Isidoro Palma, anche tramite una rogatoria in Svizzera, stanno accertando i flussi di denaro in entrata per controllarne la provenienza lecita.

"The Paolo Scaroni Trust", dalle carte dell'inchiesta, è stato costituito nell'isola di Guernsey nel 1998 , dopo il trasferimento di Scaroni in Gran Bretagna come amministratore delegato della Pilkington, multinazionale del settore vetro per auto. Il Trust, secondo un rapporto ispettivo che Bankitalia ha effettuato in base alla legge antiriciclaggio alla Camperio sim spa, nel 2007 risultava avere due trustee: uno è Camperio Legal and Fiduciary Service con sede negli Stati Uniti, in Virginia, e l'altro Severgnini Family Office con sede a Milano in via Camperio.

Inoltre, sempre secondo gli ispettori di via Nazionale, il trust ha anche due protector, Rolando Benedick e Oreste Severgnini, mentre i beneficiari sono l'ex numero uno di Eni, la moglie e i discendenti. In più, secondo la relazione di palazzo Koch, nel 2009 il valore del "The Paolo Scaroni Trust" era di 13 milioni di euro. Di questa somma poi, 11 milioni e 186 mila euro (al lordo dell'imposta del 5%) vennero fatti rientrare in Italia usufruendo dello scudo fiscale "ter". La maggior parte dei milioni scudati infine sarebbero confluiti, come investimento, nella Immobiliare Cortina srl, che al momento dell'ispezione, risultava essere al 100% di Paolo Scaroni.

Del "The Paolo Scaroni Trust" si parla anche in un verbale dell'assemblea degli azionisti di Eni nel 2013. Oltre al fatto che si specifica che si tratta di un trust "di tipo anglosassone fondato nel 1996 contestualmente al suo trasferimento in Inghilterra", si spiega anche che "non ha mantenuto alcun collegamento con l'isola di Guernsey salvo la legge applicabile, in accordo con la convenzione dell'Aja e che ora "è fiscalmente totalmente residente in Italia e adempie a tutti i relativi obblighi fiscali e dichiarativi in totale trasparenza".

Comunque, su questo capitolo venuto a galla nelle pieghe dell'indagine con al centro la presunta tangente algerina, sono in corso accertamenti tramite una rogatoria in Svizzera. Rogatoria alla quale se ne aggiungono altre già avviate in Lussemburgo, in Francia, ad Abu Dhabi, a Singapore, a Hong-Kong, e Libano - quest'ultima ritenuta di particolare importanza - per cercare di ricostruire i movimenti di denaro da Saipem alla Pearl Partners, società con base a Hong Kong e controllata da Farid Bedjaoui, uomo di fiducia dell'allora ministro Chekib Khelil e presunto intermediario tra i pubblici ufficiali in Algeria e i manager Saipem.

I pm milanesi sospettano che una parte dei circa 198 milioni che sarebbero stati versati sia rientrata in Italia per essere destinata ai manager del gruppo. Nell'indagine oltre a Scaroni - sotto inchiesta anche per il caso Nigeria -, sono indagati per corruzione internazionale, l'ex ad di Saipem Franco Tali, l'ex direttore operativo Pietro Varone, l'ex direttore finanziario Alessandro Bernini, l'ex dg per l'Algeria Tullio Orsi e l'allora responsabile Eni per il Nordafrica Antonio Vella.

ATS
 
 

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