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TICINO"Reinventarsi a cinquant’anni: "Chi ha detto che è già troppo tardi?"

19.09.14 - 06:11
La testimonianza di Letizia Rigazzi, che ha trasformato la malasorte in un’occasione per cambiare vita. Si è rimessa sui banchi, ha preso due diplomi e a 55 anni ha trovato il lavoro che desiderava.
"Reinventarsi a cinquant’anni: "Chi ha detto che è già troppo tardi?"
La testimonianza di Letizia Rigazzi, che ha trasformato la malasorte in un’occasione per cambiare vita. Si è rimessa sui banchi, ha preso due diplomi e a 55 anni ha trovato il lavoro che desiderava.

AGNO - È indietro che bisogna guardare, per cominciare a raccontare la storia di Letizia: anche se lei ripete e ammonisce che non è cosa da fare. «Ci volgiamo al passato, invece di guardare avanti: così non troviamo il coraggio di cambiare». Nel 2005 lei aveva 47 anni, un bel marito di 59 e due figli maschi di 21 e 26. A ottobre dello stesso anno era vedova e spiazzata, dopo una vacanza al mare e un aneurisma maledetto che voleva toglierle la voglia del futuro.

A gennaio era sui banchi, due sere a settimana; in treno, lungo il tragitto di lavoro, sfilava i libri dalla borsa, poi studiava. Il primo diploma nel 2009, specialista in finanze e contabilità. Il secondo nel 2011, management e gestione delle risorse umane. I concorsi pubblici, l’occupazione in cui sperava; infine il cosiddetto onore al merito, ieri a Berna davanti a una platea di centinaia di persone: Letizia che non ama le ribalte e il pubblico dell’inaugurazione di Swiss Skills che l’applaude per il premio Alice 2014 alla “biografia formativa straordinaria”. «L’ho fatto per gli altri: perché la mia storia serva da esempio. Un evento negativo, tragico, può essere la svolta e darti il coraggio di intraprendere un cammino che altrimenti non avresti mai osato incominciare».

 

Nove anni fa lei sapeva solo quello che non voleva più: essere sorpresa un’altra volta dalla vita, colta alla sprovvista. Impiegata al 50% in una società di assicurazioni a Bellinzona, addetta al servizio clienti, alle spalle un diploma di liceo scientifico e l’ottima conoscenza di tedesco e inglese, con lungimiranza ha cercato di mettersi al riparo dalle avversità possibili. «Dopo il matrimonio, mentre collaboravo con mio marito in azienda, ho scoperto una passione per la contabilità. Nel 2005 mi sono ritrovata con tanto, tanto tempo libero: era il momento giusto. Mi sono gettata su un percorso di formazione, per non pensare a nulla. Ho provato a trasformare un’esperienza brutta in qualcosa di buono». Una riorganizzazione interna della compagnia le ha dato la forza di sconvolgere un’esistenza che sembrava definita: dopo una parentesi in una ditta che non era ancora quello che voleva, ha tentato il concorso al Sos. «Nel 2012 sono partita con un 30% come aiuto contabile. A febbraio di quest’anno si è aggiunto un 50% come assistente amministrativa.

 

Tre giorni pieni più due metà, l’aspirazione a essere d’aiuto a chi fatica a reagire alle difficoltà. «Do una mano anche al settore disoccupazione. Vedo tanta gente depressa, provata, che crede non avere più opportunità. Io sono la dimostrazione che invece c’è speranza. Lo dico sempre: ciascuno ha il suo talento. Deve solo trovarlo, tirarlo fuori. Guardate me: io non sono una persona straordinaria. Sono una donna normale, non ho niente più degli altri». Qualcosa però sì: la consapevolezza che troppo spesso «ci si fossilizza su quello che si è già raggiunto: per pigrizia, per comodità, per paura. Forse anch’io sarei ancora lì, se non mi fosse capitato quello che è successo». E che «non è vero che dopo i 50 anni non si trova più lavoro, non si può più imparare e reinventarsi. Bisogna solo smetterla di guardarci indietro, come se dinnanzi non ci possa esser nulla».

 

Parole: i fatti poi sono che ti ritrovi in classe ragazzotti più giovani perfino dei tuoi figli. «Quando mi hanno visto. hanno sgranato gli occhi. Pian piano sono diventata una di loro. Il bello è anche questo. Alla fine mi hanno domandato: “Ma anche tu farai l’esame?”. Come se pensassero che per me fosse troppo tardi. Quell’anno solo il 38% degli scritti è diventato contabile federale. Ero terrorizzata. Dopo aver spronato tante volte Andrea e Alessandro a studiare, non avessi superato l’esame sarebbe stato un guaio».

 

Già, i suoi figli: che l’hanno accompagnata a quella prima cerimonia di consegna dei diplomi a Berna, fieri. Letizia si commuove, si fa schiva come accade con qualcosa di troppo prezioso perché si possa condividere. Infine cede, come si fa invece con una cosa troppo bella per non condividerla. «Non mi hanno mai osteggiato, non hanno mai una volta messo in dubbio le mie scelte. Se sono qui, lo devo a loro».

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