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CANTONE / CONFINE"Siamo diventati il dormitorio del Ticino, il nostro territorio violentato… e ora volete lo stralcio dell’accordo?"

17.09.14 - 19:14
All’indomani del sì del parlamento al postulato Quadri, il sindaco di Lavena Ponte Tresa, Pietro Roncoroni, lancia un appello in difesa dei lavoratori frontalieri
Foto Ti-Press
"Siamo diventati il dormitorio del Ticino, il nostro territorio violentato… e ora volete lo stralcio dell’accordo?"
All’indomani del sì del parlamento al postulato Quadri, il sindaco di Lavena Ponte Tresa, Pietro Roncoroni, lancia un appello in difesa dei lavoratori frontalieri

BELLINZONA - Pietro Roncoroni continua a difendere a spada tratta l'accordo italo-svizzero sui frontalieri del 1974.

All'indomani del postulato votato a Berna (non vincolante) dal Parlamento che chiede al Consiglio federale di applicare ai frontalieri la stessa imposizione fiscale italiana, il sindaco di Lavena Ponte Tresa lancia un appello accorato a italiani e svizzeri: "Difendiamo l'accordo di quarant'anni fa. Un'intesa geniale e lungimirante, che ha assicurato benessere al di là e al di qua del confine".

Roncoroni, classe 1965, loda la lungimiranza dei politici dell'epoca. "Un meccanismo di grande intuizione, un grande patto generazionale per la salvaguardia dell'economia di frontiera. Non facciamoci del male da soli. Roma e Berna non conoscono la peculiarità della nostra zona e adesso chiediamo loro di decidere per noi. Questi postulati sono grandi provocazioni e rischi che andranno, purtroppo, a minare un accordo premiante per tutti."

Il sindaco teme che il postulato di ieri possa andare a ledere gli interessi di tutti. E se la prende con i politici di oggi, contro i venti populistici che soffiano forti in Ticino, in Italia, ma non solo: "Ora si rischia di creare maggiori difficoltà al mercato di lavoro in un momento in cui si guarda solo all'oggi. Questi politici che vivono sul discredito e sul populismo stanno cercando di affossare un accordo che è stato premiante per la stessa economia ticinese".

Sindaco, l'accordo di 40 anni fa fu un'intesa fatta anche per difendere il segreto bancario, che tolse ricchezza all'Italia, in cambio di manodopera preziosa sottratta al comparto produttivo italiano. Perché lei, da italiano, lo difende? 

"Ho letto l'accordo, l'ho difeso e cerco di salvaguardarlo dappertutto. Nell'accordo, di quello che dice lei non c'è traccia. E' vero che allora c'erano altri accordi paralleli sul segreto bancario, non nascondiamoci dietro a un dito. Nell'accordo ci sono delle parti geniali. Altri Cantoni svizzeri hanno addirittura investito negli stati stranieri, come ha fatto Ginevra in Francia, per ospitare i lavoratori frontalieri. Il Ticino aveva bisogno di manodopera, allora come oggi, a basso costo, e aveva tutto l'interesse ad averla fuori dai limiti del proprio cantone: era questo il motivo di fondo dell'accordo. Ticino che si è tenuto anche il 60% di queste tasse, indebite per certi versi, visto che quasi tutti i servizi che ricevono i lavoratori frontalieri sono fuori dal territorio in cui lavorano. In questo accordo tutti ne hanno beneficiato: i lavoratori che hanno una tassazione bassa, i datori di lavoro che possono sfruttare questa tassazione bassa per dare salari bassi. E, infine, i due stati, che hanno ottenuto benefici fiscali".

Sul fatto che i frontalieri vengano tassati come in Italia, che problema si pone?

"Il lavoratore di Lavena Ponte Tresa, il datore di lavoro ticinese non potrà più pagarlo duemila franchi al mese. Questo perché se dalla busta paga verrà sottratto il 40% di tassazione, il lavoratore non ci sta più dentro e perde il lavoro. E alla fine chi ci smena? Il mercato del lavoro".

Sì ma il problema visto dal Ticino è un altro. Da più parti si lamenta l'effetto sostituzione, proprio perché i datori di lavoro possono trovare il lavoratore frontaliere a duemila franchi al mese. Tanti lavoratori non trovano lavoro in tante realtà produttive ed economiche ticinesi soltanto per il fatto di risiedere qui in Svizzera...

"Dire che c’è disoccupazione per colpa dei frontalieri è sbagliato e ingiusto. Il dato dice che ci sono 63mila frontalieri, 6.500 disoccupati e poi un numero imprecisato di gente in assistenza. Mettiamo che in Ticino ci sono 15.000 persone che non lavorano. Dei 50.000 lavoratori frontalieri che restano a beneficiarne è l'economia ticinese. Vogliamo alzare a tutti la paga perché i lavoratori dovranno pagare più tasse? Va bene, ma è un autogoal clamoroso per il Ticino. E la domanda che pongo è questa: perché allora non si è andati ad agire sul dumping salariale?"

Lei sindaco difende questo accordo. Perché un lavoratore di Catanzaro o di Bologna o di Como che fa i tre turni a 1.200 euro al mese paga percentualmente più tasse rispetto a uno stesso lavoratore che abita in Italia, ma lavora in Svizzera?

"Perché la mettiamo su questo discorso? Questi sono lavoratori che lavorano in Svizzera. La tassazione del lavoratore frontaliere sia equiparata in tutto e per tutto con la tassazione del lavoratore svizzero. Perché la Svizzera vuol fare una condizione fiscale differente tra il frontaliere e lo svizzero? Non dimentichiamoci poi che il disoccupato frontaliere, nonostante paghi la stessa quota di Assicurazione Disoccupazione, prende pochissimo rispetto al disoccupato svizzero. Un’ingiustizia che stiamo dicendo a tutto il mondo”.

Lei reputa giustificata la fascia dei 20 chilometri?

"Si. Qui abbiamo dinamiche tutte di frontiera, da 40 anni. Con un colpo di spugna non si può azzerare tutto. Il mio paese, Lavena Ponte Tresa, è stato violentato dal frontalierato. Tutte le attività produttive locali sono sparite. Non abbiamo nemmeno un'industria e pochissimo artigianato. Ed ora che siamo diventati un dormitorio per la Svizzera, vogliamo cambiare tutto?”

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