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LUGANOIacchetti mette in scena il suo Gaber

09.09.14 - 06:07
Irriverente ma con un grande rispetto per l’artista, sarà il prossimo 19 settembre al Conza di Lugano con Chiedo scusa al Signor Gaber. Il ricavato verrà devoluto al Gruppo carrozzella inSuperAbili
Iacchetti mette in scena il suo Gaber
Irriverente ma con un grande rispetto per l’artista, sarà il prossimo 19 settembre al Conza di Lugano con Chiedo scusa al Signor Gaber. Il ricavato verrà devoluto al Gruppo carrozzella inSuperAbili

LUGANO – All’inizio c’era un disco. "La famiglia Gaber, sapendo della nostra amicizia,  mi aveva chiesto di rendergli omaggio – racconta Iacchetti – Subito dopo la sua morte però non me la sono sentita. Non avevo idea di cosa si potesse fare per omaggiare un personaggio inimitabile come lui".

Sette anni dopo, l’illuminazione: "Con la mia orchestra eravamo in una trattoria dopo uno spettacolo e abbiamo cominciato a cantare Barbera e champagne, divertendoci a introdurre altre canzoni nel brano in modo tale che non stonassero".

Il comico italiano non si è fatto sfuggire l’idea e si è messo subito al lavoro: "Creare il disco è stato molto difficile. In 12 canzoni ci sono 48 contaminazioni, insomma canti una canzone ma nello stesso tempo ne canti altre 5 e quindi non si può sbagliare, sarebbe un casino. Naturalmente si trattava di far mandar giù questo rospo alla famiglia Gaber… toccare i classici, cambiando gli arrangiamenti, inserendo brani dei nostri giorni…per un gaberiano qualsiasi poteva essere l’offesa più grande del mondo. Io che amo il rischio da sempre, me ne sono fregato e da paraculo ho intitolato il disco “Chiedo scusa a Giorgio Gaber".

Da lì al palcoscenico il passo è stato breve: "Mi sono detto: approfitto del Teatro canzone e trasformo Chiedo scusa a Giorgio Gaber in uno spettacolo inserendo tra le canzoni un monologo scritto da me sull’attualità della nostra società". Il risultato è un geniale scempio, come l’ha definito il critico musicale Mario Luzzato Fegiz,  che ricorda un Gaber sì in bianco e nero ma allo stesso tempo sorridente e colorato. 

Meno solare il ritratto dell’Italia tratteggiato da Iacchetti che per la sua patria certo non vede un Rinascimento all’orizzonte: "Purtroppo il meccanismo politico italiano non ci permette di non rubare. Bisognerebbe abbatterlo completamente. Alla guida del nostro Paese non può andarci un ladro, un inquisito, uno che non paga le tasse e tanto meno uno che prende 40mila euro al mese e 15mila quando va in pensione. Deve essere diverso”.

Gaber è stato per te un grande punto di riferimento, che cosa ti ha insegnato?
“Ho cercato da imparare da lui il rigore professionale. Faccio ore e ore di prove, e ore ore di discussione con i musicisti, ci prendiamo anche la ciucca nel grottino ma al momento giusto. Non siamo mica dei sacerdoti. Quando capita di fare questo spettacolo c’è una concentrazione particolare, c’è un palco che è straordinariamente colorato, ci sono nell’aere le sculture di Marco Lodola che sono delle sculture luminose e a seconda della canzone che io canto si accendono, l’auto d’epoca per la Torpedo blu, la coppa di champagne per Barbera e Champagne. Non è Gaber sul palco è Iacchetti con il suo modo di fare, non ho mai voluto copiare Gaber, così come non ho mai voluto copiare Jannacci. Mi sono morti tutti e due e ho perso due grandi maestri, persone che mi hanno insegnato il senso dell’umorismo intelligente e il rigore musicale, che è poi la cosa che più mi piace. Se si sbaglia una nota divento una bestia. È bello fare questo spettacolo alla perfezione. Poi quando faccio il Vizietto mi concedo anche delle improvvisazioni ma in questo show no, lui se lo merita, lui era così. Faceva 3 ore di spettacolo e poi 40 minuti di bis io faccio due ore di spettacolo e  poi sto in mezzo al pubblico a vendere i dischi, è l’unica cosa che posso fare non avendo bis da proporre e non avendo la sua forza né fisica né intellettuale”.

Gaber cosa può ancora insegnare a una generazione che magari lo avvicina per la prima volta proprio con il tuo spettacolo?
“L’ho detto una volta sola ma non lo dico più. Mi hanno sgridato in parecchi ma non mi importa. Credo che nel grillismo non ci sia solo del marciume o della violenza verbale. Credo ci sia una base di sfiducia in un periodo medievale che Gaber aveva già riconosciuto poco prima di morire, nell’ultimo suo disco. Se Grillo avesse avuto la dolcezza e anche il modo dolce di essere arrabbiato di Giorgio Gaber, probabilmente avrebbe cambiato molte cose in Italia, cose che si potevano cambiare e che invece con la sua aggressività non è riuscito a fare. Quindi immagino, l’ho detto una volta e mi hanno ucciso…, che  Grillo si sia ispirato agli spettacoli intimisti di Giorgio. Quando la gente andava da lui per capire cosa succedeva nel paese, per capire le emozioni della vita, come risolvere e guarire noi stessi. Lui diceva sempre che non c’era da preoccuparsi, che dopo il Medioevo arriva sempre un Rinascimento. In realtà, poverino, è morto lasciandoci nel Medioevo. Perché noi siamo ancora nel Medioevo, anzi siamo caduti in un medioevo più profondo ancora”.

La canzone che più hai amato di Gaber?
“Quando sarò capace di amare” che non centra nulla con tutte quelle che faccio nello spettacolo.

Meglio la barbera o lo champagne?
"Non mi piacciono le bollicine, trovo che sono molto artefatte e ti dirò che anche il barbera non è il mio vino preferito. Però di sicuro amo più il vino rosso dello champagne. Sono un uomo più da osteria che da locale fighetto o da party chic".

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