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SVIZZERAArmi in mano ad estremisti? La legge in vigore è sufficiente

01.09.14 - 11:52
Il Consiglio federale è convinto della bontà della legislazione militare corrente, e respinge una mozione di una consigliera nazionale socialista
Armi in mano ad estremisti? La legge in vigore è sufficiente
Il Consiglio federale è convinto della bontà della legislazione militare corrente, e respinge una mozione di una consigliera nazionale socialista

BERNA - L'attuale legge militare offre garanzie sufficienti affinché le armi dell'esercito siano consegnate solo a persone che non rappresentano un pericolo per sé e per gli altri. Ne è convinto il Consiglio federale che respinge la mozione della Consigliera nazionale Chantal Galladé (PS/ZH) volta ad impedire la cessione di fucili o pistole a chi propugna idee estremiste con atti o parole, inneggianti alla violenza, mediante un apposito cambiamento della normativa in vigore.

 

Spunto per questo atto parlamentare è una recente sentenza del Tribunale amministrativo federale di San Gallo, che ha accolto un ricorso di un giovane coscritto ticinese dichiarato inabile al servizio sulla base delle sue idee di estrema destra e di un tatuaggio riconducibile all'ideologia fascista. Stando ai servizi competenti, vi è un elevato potenziale di violenza nel giovane in questione.

 

Secondo i giudici, invece, non si vede come un semplice tatuaggio - pur ammettendo la potenziale connotazione politica - e idee politiche piuttosto di destra o di estrema destra, possano essere di per sé sufficienti per concludere che il ricorrente potrebbe abusare dell'arma personale. L'esercito si è appellato contro questa sentenza al Tribunale federale.

 

Per Galladé, a prescindere dal caso concreto, "non è accettabile che persone che hanno ripetutamente sostenuto, con atti e parole, ideologie estremiste o inneggianti alla violenza possano obbligare per via giudiziaria l'esercito a consegnare loro un'arma personale". Per questo motivo, la legge sull'esercito andrebbe completata affinché un simile caso non si presenti più.

 

Nella sua risposta, il Governo ricorda che il controllo di sicurezza eseguito per valutare il potenziale di violenza, "non è finalizzato a impedire la consegna di armi dell'esercito a persone con opinioni estremistiche, con la conseguenza di escluderle dall'esercito". L'analisi "non verte sulle idee delle persone, bensì sugli eventuali conseguenti rischi in materia di impiego abusivo di armi dell'esercito". No quindi a un processo alle intenzioni.

 

Tuttavia, precisa l'Esecutivo, nel caso di idee correlate al ricorso ad atti violenti o a minacce (in presenza o meno di una condanna penale) oppure ad atteggiamenti di discriminazione o esclusione, le opinioni di una persona possono risultare rilevanti per la sicurezza e comportare un'inabilità al servizio".

 

Solo nel 2013, sono state emesse 1071 dichiarazioni di rischio durante il reclutamento, 117 persone sono state escluse dall'esercito per lo stesso motivo e altre 372 sulla base di condanne penali. Ad altri 623 militi è stata ritirata l'arma in via cautelativa a causa di segni imminenti di un suo uso improprio.

 

A prescindere dal caso evocato dalla consigliera nazionale, e sul quale non è ancora stata detta l'ultima parola, per il Governo le leggi in vigore offrono sufficienti garanzie affinché le armi dell'esercito siano consegnate soltanto a persone nel cui caso non è constatato un elevato potenziale di violenza.

 

Ats

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