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APPROFONDIMENTOTutto ciò che volevate sapere sui freni carboceramici

30.08.14 - 12:00
Il primo veicolo ad averli utilizzati è stato il TGV. E non è vero che provengono dalla Formula 1. Ecco qualche interessante curiosità.
Tutto ciò che volevate sapere sui freni carboceramici
Il primo veicolo ad averli utilizzati è stato il TGV. E non è vero che provengono dalla Formula 1. Ecco qualche interessante curiosità.

SCOTTANO! - Se viaggiando a 400 chilometri orari con una Bugatti Veyron doveste per qualche motivo fermarvi completamente nel più breve tempo e spazio possibile, sappiate che ci metterete dieci secondi. Un buon tempo, merito anche dei freni. Ma i freni della Bugatti Veyron non sono come quelli di una Volkswagen Golf, poiché sono freni carboceramici. Una tipologia di impianto frenante molto costoso e ben diffuso nel settore automobilistico da oltre un decennio, ma sempre limitato alle automobili più prestazionali. Come mai? Perché grazie ai materiali con cui sono fabbricati riescono a sopportare temperature più elevate e quindi garantire la loro efficienza anche in condizioni estreme: se un disco d’acciaio può funzionare fino a circa 400 gradi centigradi, un disco carboceramico arriva anche a temperature che superano di gran lunga i 600 gradi, talvolta sfiorando anche i 700.

UN CONTO SALATO - Il motivo per il quale sono così costosi è quindi da ricercare nei materiali di cui sono composti nonché il processo produttivo. Se per fabbricare un tradizionale disco dei freni in acciaio basta un semplice processo di fusione, quelli in carboceramica richiedono anche tre o quattro settimane di lavoro. A differenza di quanto suggerirebbe il nome, però, il materiale principale con cui sono realizzati non è la fibra d carbonio bensì il carburo di silicio. La fibra di carbonio serve semplicemente per rinforzare la matrice strutturale, ma proprio come per la produzione di quest’ultima anche il disco carboceramico viene “cotto” a temperature elevate e sottoposto a pressioni altissime in un ambiente privo di ossigeno.

PREGI E DIFETTI - Ciò che non bisogna erroneamente credere è che i freni carboceramici offrano necessariamente dei migliori spazi di frenata: semplicemente riescono a decelerare la vettura con maggiore efficacia quando l’impianto frenante raggiunge e supera determinate temperature. Rispetto agli impianti tradizionali il rendimento alle basse temperature migliora, ma il meglio di se lo danno sempre e comunque alle alte. Inoltre pesano circa la metà riducendo le masse non sospese: un bel vantaggio per la dinamica. Non da ultimo hanno una durata superiore pari a 300'000 chilometri contro i 60'000 di quelli in acciaio, questo perché se il disco in acciaio si usura fisicamente, quello carboceramico inizia ad ossidarsi e perdere massa quando raggiunge una certa temperatura, senza però mutare nelle dimensioni. Se però anche dopo un decennio abbondante di presenza sul mercato non li troviamo in dotazione ad automobili comuni e nemmeno sulle rispettive versioni sportive, è proprio a causa del prezzo e delle virtuosità elitarie.

GLI ALTRI IMPIEGHI - Ma la carboceramica non viene applicata unicamente in campo automobilistico. Oltre al citato esempio del TGV, il primo veicolo in assoluto ad adottarli (siamo nel 1988), la carboceramica viene anche utilizzata per realizzare la corazza Chobham dei carri armati, la carta vetrata, i circuiti elettrici, gli specchi telescopici e pure dai macchinari destinati alla lavorazione di metalli.

LA FORMULA 1? NO GRAZIE! - Una “leggenda metropolitana” vorrebbe infine che questa tecnologia derivi dalla Formula 1. Ma non è vero. Le monoposto del circus utilizzano infatti i cosiddetti freni carbonio-carbonio, i quali diventano efficaci unicamente a temperature elevate. Il primo veicolo ad essere dotato di un impianto frenante in puro carbonio è stato, nel 1976, il Concorde. I freni carboceramici, insomma, sembrano essere l’ideale compromesso tra i freni in acciaio di una Dacia e quelli in carbonio di un aereo supersonico.

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