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APPROFONDIMENTOQui, dove le Dacia sono di casa

04.08.14 - 14:51
Romania: non solo il Paese d’origine del marchio ora appartenente a Renault, ma anche un vero e proprio punto strategico per l’intero gruppo. Tra ex ambasciate svizzere e centri di sviluppo.
Dacia
Qui, dove le Dacia sono di casa
Romania: non solo il Paese d’origine del marchio ora appartenente a Renault, ma anche un vero e proprio punto strategico per l’intero gruppo. Tra ex ambasciate svizzere e centri di sviluppo.

La Dacia sta alla Romania un po’ come la FIAT sta all’Italia e la Volkswagen alla Germania, nel senso che si tratta di quel costruttore automobilistico che di fatto ha motorizzato il Paese. Esiste dal 1966, la Dacia, ma inutile dire che il suo grande momento il costruttore rumeno lo ha vissuto dal momento in cui è stato privatizzato 15 anni or sono, in particolare con la nascita di un modello cruciale – la Logan – fortemente sostenuta da Renault che a partire da quel momento ha letteralmente trasformato la Dacia in quello che è oggi. La collaborazione con i francesi in realtà risale in realtà già agli albori del marchio: il marchio è stato fondato nel 1966 ma le prime Dacia 1100 e 1300 prodotte a partire dalla fine degli anni ’60 venivano costruite su licenza, trattandosi di fatto delle Renault 8 e Renault 12. Ma da allora di cose ne sono cambiate parecchie, specialmente a partire dall’arrivo della Logan nel 2004 con cui il gruppo transalpino ha dato l’avvio all’espansione Europea (e non solo) del marchio. Oggi le Dacia vengono vendute in 42 Paesi tra Europa, Africa, Medio Oriente, Russia e Sud America. Ovviamente il mercato principale è rappresentato dalla patria con una quota di mercato del 30%! Nell’ultimo decennio le vendite sono state comunque globalmente moltiplicate per 18, tanto che la sola Dacia rappresenta l’8% dell’export della nazione nonché il 2,9% del PIL. Nella sola Romania vi sono circa 17'000 impiegati diretti e 1'500 fornitori (per un totale di 130'000 impieghi indiretti), in gran parte trasferitesi qui anche dall’estero per questioni logistiche come vedremo più avanti.

Tuttavia la Romania non è solo una nazione importante per il marchio Dacia, bensì per l’intero gruppo Renault che da queste parte ha investito non pochi quattrini. A Nord-Ovest di dalla capitale si trova la fabbrica di Pitesti, e ad esattamente un’ora di automobile rientrando verso Bucarest (più precisamente a Titu) è stato fondato e costruito nel 2006 un centro di ricerca e sviluppo. Quest’ultimo è diventato nel frattempo il più grande centro d’ingegneria Renault al di fuori della Francia così come il più grande centro prove dell’Est Europa con qualcosa come 350 ettari di superficie, 32 chilometri di tracciato tra cui guadi e tunnel con sabbia e polvere nonché un anello ad alta velocità; ovviamente abbinato a strutture per altri test tra cui camere semi-aneconiche, banco a rulli e celle per test a temperature estreme. Qui si occupano dello sviluppo e adattamento di tutti i nuovi veicoli che nascono dalla piattaforma della Logan, ma anche della messa a punto e produzione di tecnologie d’avanguardia per i mercati globali di Renault tra cui citiamo il motore turbo benzina a tre cilindri di recente debutto che viene fabbricato proprio qui assieme all’1,5 litri turbodiesel. L’importanza di questo centro e delle vicine fabbriche di Pitesti e Miovieni hanno indotto alcuni fornitori internazionali a trasferirsi appositamente in Romania per questioni logistiche, tale è l’importanza economica di queste fabbriche e di questi centri. Tra gli impiegati di Titu si contano tra l’altro 2'300 persone, la maggior parte ingegneri, giovanissimi (l’età media è di 33 anni) e una percentuale di donne pari al 35%, senza escludere che ogni 5 impiegate 1 ricopre una posizione dirigenziale. Un vero e proprio miracolo per il Paese recentemente entrato nell’Unione Europea.

La cosa più curiosa e che potrebbe portare a facili battute è il fatto che nel centro di Bucarest la Dacia possiede pure un centro di design. Piccolo, ovviamente, ma che intrattiene buone collaborazioni con “mamma Renault”. “A volte succede che da Parigi incarichino tutti i centri di design nel mondo - presenti in Francia, Romania, Brasile Corea del Sud e India - di realizzare un determinato progetto. Chi offre il prodotto migliore, vince. Noi, per esempio, ci siamo accaparrati il recente restyling della Duster!” A raccontarcelo e Geoffrey Gardiner, responsabile della sede rumena. Ci porta a spasso per i due piani della graziosa casetta ubicata in un angolo tranquillo della città. Nelle varie stanze di lavoro vi sono molte immagini alle pareti con automobili di altre costruttori (in particolare BMW e automobili da corsa), riferimento all’aereonautica, molti modellini di cui la maggior parte Porsche. Si percepisce una certa passione visti i numerosi riferimenti alle corse, e la fantasia dei designer corre sempre libera anche se si tratta di un marchio low cost. “Ho sempre ritenuto insufficiente disegnare un’automobile solo al computer: bisogna sempre farle e a mano e produrre poi i modellini in scala per avere un reale idea di ciò che si sta realizzando.” Prosegue Gardiner mostrando alcuni prototipi Renault raffiguranti auto sportive. Il centro, aperto nel 2007, conta 27 impiegati e oltre a sviluppare progetti assieme agli ingegneri Renault si occupano pure dell’industrializzazione europea. Sempre Gardiner aggiunge: “La Romania ha una posizione strategica perché si trova in Europa ma anche vicina al medio oriente, così possiamo fare da ponte tra i gusti degli uni e degli altri, visto che ogni mercato predilige aspetti diversi anche nelle forme dell’automobile.” La sbirciatina in questo luogo altrimenti top secret continua in un locale in cui due donne si occupano dei materiali e dei colori, un misto tra uno studio di design per mobili e una sartoria. La creatività legata all’automobile vista da un prospettiva diversa da quella che solitamente si immagina. Scendendo nuovamente le scale, al piano terra è impossibile non notare quattro orologi a cucù alla parete. “Prima che vi entrassimo noi questa era un’ambasciata svizzera, quindi abbiamo deciso di lasciarli al loro posto. Così: ci sembrava carino ricordarlo.”

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