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CORRISPONDENZA ESTEROCi sono Gloria, Kid, Joy, storie di un villaggio di altri tempi

01.08.14 - 09:12
di Maria Martignoni, ieri in Ticino oggi in Tanzania
Foto Maria Martignoni
Ci sono Gloria, Kid, Joy, storie di un villaggio di altri tempi
di Maria Martignoni, ieri in Ticino oggi in Tanzania

C'è una canzone in swahili che dice: "Ho provato a trasferirmi in cittá, ma non ce l'ho fatta a reggere quel tipo di vita... così ho deciso di tornare al mio villaggio e continuare a tirar avanti come ai vecchi tempi". E qui in Tanzania queste parole sono per molti una realtà.

La città ha la sua attrattiva, con il suo brulicare di gente, le sue mille opportunità e i suoi stimoli quotidiani. È la meta di giovani in cerca di fortuna, di ragazze stufe della monotonia dei loro compaesani. La città è un mondo in cui ridisegnarsi a nuovo, con un volto anonimo; in cui le donne portano i pantaloni senza che nessuno le indichi con il dito.

Ma purtroppo ci si accorge ben troppo presto che senza un centesimo il divertimento dura poco. Il successo è privilegio di pochi, mentre la maggior parte si ritrova a fare marcia indietro.

Al villaggio sono in molti senza lavoro, senza educazione, senza un soldo; eppure la vita è semplice e accessibile a tutti. La casa è lì da decenni, costruita con fango e fieno. Le verdure si trovano nell'orto. Per cucinare si usa la legna, da raccogliere nei boschi. E per quel minimo la gente ha i suoi piccoli affari: una mucca da latte, due uova rubate a una gallina inferocita, o la preparazione della birra di mais locale, l'unico vero business che non manca mai di clienti.

Il villaggio offre un riparo, la sicurezza fatta dell'abbraccio di una comunità che non esclude nessuno. Un mondo rotondo che comincia qui e finisce lì; dal presente largo come il mare, con il passato e il futuro che minuscoli si accartocciano veloci agli angoli della storia.

C'è quel giovanotto che si fa chiamare Money, perchè è perennemente al verde. Ha tre figli, nati tutti e tre lo stesso mese dello stesso anno da tre donne diverse. Alle tasse scolastiche ci penserà domani... Tra i suoi cognati c'è Kid, che è afflitto da epilessia e per le troppe cadute è rimasto con una mente bambina. A tempo perso fa il calzolaio, ma non è consigliabile lasciargli le scarpe troppo a lungo, altrimenti si dimentica e felice le rivende al primo interessato. Hanno provato a curarlo con ogni sorta di esorcismo; è stato persino mandato dallo sciamano locale, che conosce ogni formula e pozione per estrarre da poveri disgraziati demonietti di tutti i generi. Eppure Kid continua a farsi trovare svenuto per le strade del paese.

C'è Gloria, una donna enorme sempre impegnata a mescolare un pentolone di birra di mais fumante, da vendere a tutta la comunità. Quel tizio di nome Amore quando ne sente il profumo appare magicamente al portone. La birra di Gloria è la sua colazione, il suo pranzo e la sua cena. È pelle e ossa, di età indefinita, con i jeans a colabrodo e i capelli lunghi come i calciatori nigeriani. Dice che non se li taglierebbe nemmeno per mille scellini. Ha trovato sperduta nei campi una catapecchia disabitata e vive lì. Dice di non aver paura dei ladri, perchè non possiede nulla, e così dorme sonni tranquilli sotto il cielo stellato. 

C'è la mamma di Ottavio, che si prende pazientemente cura degli undici nipotini regalatole dal figlio che, amante della bella vita, torna a trovarla solo per aggiungere un altro fagottino senza nome alla compagnia. E poi c'è Joy, che ha sempre odiato il villaggio e da quando è piccola così sogna fuggire nella capitale tra vestiti luccicanti e feste con birra vera in bottiglia. Ma i suoi ultimi esami di scuola li ha scritti con il pancione, ed ora è ancora qui, sposata e con un piccolo a cui badare. Mentre lava le stoviglie lo sguardo vola lontano, come a guardare fuori dal finestrino di un treno che la porta via.

Osserva il figlio di Gloria, che si è costruito una torcia con una batteria e quattro cavi strappati ai rifiuti. Forse da grande sarà ingegnere. Forse, chissà, venderà birra di mais nei pub come sua madre.

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