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BERNAMateriale bellico, esportazioni ancora in calo

29.07.14 - 10:57
Principale compratore di armi svizzere è stata anche nel primo semestre 2014 la Germania
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Materiale bellico, esportazioni ancora in calo
Principale compratore di armi svizzere è stata anche nel primo semestre 2014 la Germania

BERNA - Le esportazioni svizzere di materiale bellico hanno subìto un nuovo calo nel primo semestre del 2014, dopo la netta diminuzione del 2013. Nei primi sei mesi dell'anno le imprese elvetiche del ramo hanno consegnato all'estero armi e munizioni per 181,94 milioni di franchi, contro i 195,59 milioni del primo semestre 2013, indica una nota diramata stamane dall'Amministrazione federale delle dogane (AFD).

Principale compratore di armi svizzere è stata anche nel primo semestre 2014 la Germania, con acquisti per 72,4 milioni di franchi, quasi il 40% del totale. Altri grossi clienti sono risultati gli Stati Uniti (15,5 milioni), l'Italia (14,3 milioni) e il Bahrein (13,2 milioni). Seguono Francia (9,86 milioni), Svezia (9,52 milioni) e Regno Unito (8,91 milioni). Buoni clienti sono stati anche gli Emirati Arabi Uniti, con acquisti per 7,09 milioni.

In netto calo la vicina Arabia saudita, con esportazioni per poco meno di 2 milioni, contro gli oltre 8 milioni del primo semestre 2013. Verso la Turchia, per contro, l'export è passato da 139'107 franchi a 2,55 milioni. Minimo l'export verso Israele: materiale per poco più di 126'000 franchi.

Anche nell'Ucraina in conflitto sono state esportate armi nei primi sei mesi, ma per meno di 11'000 franchi, contro i quasi 46'000 del primo semestre 2013, mentre le forniture alla Russia sono scese da quasi 600'000 franchi a 536'000. Nell'ambito delle sanzioni internazionali prese dopo l'annessione della Crimea da parte di Mosca il Consiglio federale ha bloccato a fine marzo le esportazioni di materiale bellico in Russia.

Nella statistica dell'AFD non sono compresi i cosiddetti "beni militari speciali" utilizzati dagli eserciti ma non direttamente nei combattimenti, come per esempio aerei da addestramento e reti mimetiche.

Lo scorso anno la Svizzera aveva esportato materiale bellico per 461,2 milioni di franchi, in calo del 34% rispetto al 2012 (700,4 milioni). In netta diminuzione (da 1,1 miliardi a 405,3 milioni) anche la vendita di "beni militari speciali", costituiti essenzialmente dai velivoli di addestramento Pilatus. Queste vendite avevano raggiunto addirittura i 2,4 miliardi nel 2011.

Il parlamento federale ha reagito alla difficile situazione economica dell'industria elvetica degli armamenti allentando le normative che regolano la vendita all'estero di materiale bellico: in futuro dovrà essere possibile vendere armi anche ai paesi che violano i diritti umani, purché non servano proprio a questo fine.

Il testo di una mozione approvata nel settembre 2013 dal Consiglio degli Stati e lo scorso marzo dal Nazionale (pochi giorni dopo la pubblicazione della statistica dell'export 2013) prevede che le autorizzazioni non vengano rilasciate se il Paese destinatario è implicato illegalmente in un conflitto armato internazionale o se è in corso un conflitto armato interno. Altri motivi per non rilasciare autorizzazioni sono il rischio che il materiale venga utilizzato per commettere violazioni dei diritti dell'uomo, ostacoli per lo sviluppo socio-economico del Paese destinatario o utilizzo contro la popolazione civile.

Secondo l'attuale ordinanza l'autorizzazione per affari con l'estero non è rilasciata se "il Paese destinatario viola in modo grave e sistematico i diritti umani". Il parlamento non ha voluto tener conto delle obiezioni formulate dalla sinistra e da parte di PPD e Verdi liberali. Anche il governo si è invece schierato con la maggioranza borghese. Il ministro dell'economia Johann Schneider-Ammann ha detto che "il mercato sta soffrendo a causa di normative più severe se confrontate con quelle degli altri Paesi". "Diverse aziende del settore hanno persino dovuto ricorrere a licenziamenti", ha ricordato.

Ats

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