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LOCARNOE adesso possiamo incominciare a ridere

28.07.14 - 06:33
Musica, spettacoli circensi, favole: l’undicesima edizione del festival all'aperto organizzato dal Paravento punta tutto sull'umorismo
E adesso possiamo incominciare a ridere
Musica, spettacoli circensi, favole: l’undicesima edizione del festival all'aperto organizzato dal Paravento punta tutto sull'umorismo

LOCARNO - Tanto per cominciare, non è solo “teatro”. È “teatro all’aperto”, nel giardino sul retro, a incontrare l’estate e il gradimento di un pubblico restio a chiudersi dentro a un edificio. Ma l’undicesima edizione del festival “Il teatro in festa” del Paravento di Locarno ha qualche motivo in più per dichiarare di essere fuori dalle righe: e dall’ordinario. Ad esempio un concerto, uno spettacolo comico-circense, una favola di Gianni Rodari, varietà con musica dal vivo.

Direttore Miguel Angel Cienfuegos, ma è questo il teatro?
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Il criterio che ha animato la scelta del programma è stato, come sempre, l’idea di proporre spettacoli molto immediati, freschi, vivi, senza però rinunciare alla riflessione sull’attualità e la società contemporanea. Quest’anno abbiamo voluto usare una chiave più umoristica. Ciarlatown, per esempio, porta in scena un venditore di oggetti inutili, un personaggio assurdo e surreale. Qualcosa senza dubbio di divertente, ma che offre lo spunto per soffermarsi sulla tendenza moderna a scommettere sulla tecnologia e proporre sempre novità. Abbiamo anche recuperato il circo, nel punto in cui si incontra con il teatro".

Non sarà che il teatro puro non basta più a se stesso?
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La nostra compagnia è nata grazie ad attori capaci di garantire buone esibizioni in diverse discipline. Certo, poi c’entra anche il gradimento del pubblico. Non a caso, in questo festival, abbiamo inserito un concerto: la musica porta gioia e può dare un grande apporto a un festival di teatro. Lo rende più diretto, coinvolgente."

Il teatro standard è sempre più di nicchia?
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È così. Non a caso è tendenza sempre più diffusa, nei teatri stabili, quella di portare sul palco gli artisti della televisione. Si punta su persone che hanno già notorietà. Artisti bravissimi, ma meno noti, non godono dello stesso favore del pubblico. Fra le arti, il teatro è il fratello più fragile".

C’è un modo per aiutarlo?
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La gente spesso si domanda: Ma quanto è lungo? Mi annoierà? Si pensa sempre che il teatro sia qualcosa di cervellotico, invece sa offrire anche cose gioiose. Bisogna puntare su quelle. Imparare tramite il sorriso, del resto, non è forse più bello?"

E se fosse un genere sulla via del tramonto?
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La rappresentazione è merce antica. È  spettacolo dal vivo, fondato sul coinvolgimento, sull’incontro con l’altro. Ha un valore aggiunto, bisogna solo battere il chiodo. Oggi deve confrontarsi con la tecnologia, internet, la televisione. Dobbiamo recuperarlo in una versione dinamica, accattivante".

Mai venuto il sospetto che sia il caso di rinunciare?
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Rinunciare? Il teatro è necessario, qualcosa capace di fare da contrappunto. La società vive di complementarità, ha bisogno sia di cose grandi, sia di cose minori e più legate al territorio, sia di cultura ufficiale sia di cultura alternativa. Il teatro è fondamentale per mantenere un equilibrio. Il bello è che è universale, rappresenta tutti, il giovane e il vecchio, la persona del posto e lo straniero. È un punto di incontro".

Avete scelto anche spettacoli senza parole o quasi per rivolgervi a «spettatori non italofoni». Perché?
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Al turista spesso si offrono proposte preconfezionate, finte, studiate appositamente per chi viene da fuori. Noi volgiamo invece tendergli la mano. Il messaggio è “Ti diamo qualcosa che non è fatto apposta per te, eppure è godibilissimo. La nostra realtà esiste tutto l’anno e io te la segnalo in modo che tu la possa conoscere e possa entrare in contatto con me”. Il turista non viene attratto in modo furbesco, ma invitato a guardare la realtà su cui si tenta di far luce. È un modo per creare un ponte."

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