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ATTUALITÀMercato immobiliare svizzero, quanto caldo?

14.05.14 - 16:15
Una volta l’obiettivo finale era evitare un’inflazione troppo elevata, oggi quello è una combinata di inflazione "abbastanza" elevata e buona competitività del settore export
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Mercato immobiliare svizzero, quanto caldo?
Una volta l’obiettivo finale era evitare un’inflazione troppo elevata, oggi quello è una combinata di inflazione "abbastanza" elevata e buona competitività del settore export

LUGANO - Ormai da parecchio tempo – settembre 2011 - la politica monetaria svizzera è molto inusuale, anche per gli standard di una “small open economy” come la nostra. Infatti, da allora, un obiettivo intermedio esterno (stabilità del tasso di cambio) ha rimpiazzato quello tradizionale del controllo della liquidità (offerta di moneta). Mentre una volta l’obiettivo finale era evitare un’inflazione troppo elevata, oggi quello è una combinata di inflazione “abbastanza” elevata e, soprattutto, buona competitività del settore export.

Avere un obiettivo esterno (valutario) comporta dei costi, quali la potenziale “perdita di controllo” del bilancio della BNS (con rischi di volatilità anche per parte delle entrate cantonali), un grado di politica monetaria molto rilassato e con chiare conseguenze per la crescita della liquidità interbancaria e dell’offerta di moneta. La famosa “Taylor rule” suggerisce che, anche stante l’attualmente debole crescita nominale del PIL, un tasso di interesse “ottimale” sarebbe più vicino all’1.5% che all’attuale 0%. D’altro canto, ovviamente, tale politica monetaria comporta alcuni vantaggi, quali la riduzione del rischio deflazionistico e una maggiore crescita dei volumi esportativi e, quindi, dell’economia nel suo complesso.

Taluni ritengono che tale politica monetaria continuerà “sine die” - non noi. Non sappiamo quando, ma crediamo che il tasso di cambio verrà “liberato” quando motivi domestici “imporranno” un forte restringimento nella crescita del credito (offerta di moneta). Ciò potrebbe avvenire se l’economia, improvvisamente, cominciasse a crescere velocemente (diciamo al 2.5%-3%) e/o vi fosse un acclarato surriscaldamento del mercato immobiliare. Recenti commenti della BNS suggeriscono che, delle due, quella immobiliare è la “wild card” meno improbabile…

Il prezzo “medio” delle case in Svizzera è cresciuto ben oltre il tasso di inflazione (deflazione) al consumo – per parecchio tempo. Ciò forse non corrisponde a una vera bolla ma certamente crea disagio a chi riceve un salario ormai quasi stabile (causa la quasi deflazione) ma vede case sempre più costose in termini del suo potere di acquisto. Inoltre, la banca centrale sa benissimo che l’ultima fase recessiva veramente pesante per la Svizzera fu, non tanto la Great Recession post 2007, quanto la stasi che conseguì allo scoppio della bolla immobiliare a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90. Ovvio che la BNS voglia evitare errori di valutazione monetaria che portino al ripetersi di una simile esperienza.

Finora la banca centrale ha evitato, per il citato vincolo “esterno” alla sua politica monetaria, il classico rimedio di aumentare il tasso d’interesse guida - e da lì quelli di mercato (immobiliare). Per ora, le autorità hanno esercitato una qual certa “moral suasion” e soprattutto hanno aumentato il costo per le banche nell’attività di credito immobiliare (aumenti del capitale prudenziale “a fronte di”). Per ora, tale tattica ha portato qualche frutto – sembra effettivamente che la bolla “in fieri” rimanga, alla peggio, allo stato embrionale… Per ora.

Infatti, i dati sui prezzi immobiliari mostrano che quello medio è decelerato da 5% a marzo 2012 all’attuale 2.4%. Similmente vi è stata una decelerazione del credito immobiliare: da una crescita al 5.3% a marzo 2012 all’attuale 3.3%. Infine, l’indice sintetico di possibile bolla immobiliare, compilato da UBS, si è recentemente, e inaspettatamente, arrestato a fronte di continua crescita dal giugno 2012.

Alla luce di tali sviluppi, ci sembra plausibile ritenere che la banca centrale sarà facilitata nel mantenere la soglia minima per il cambio EUR/CHF (che normalmente richiede tassi d’interesse artificiosamente bassi) e, possibilmente, nel proseguire con l’obiettivo intermedio del “currency peg” più a lungo di quanto avessimo ragione di prevedere sino a qualche mese fa.

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