L'intelligenza intesa come la capacità di superare le difficoltà in maniera soddisfacente.
Succede, magari con una certa regolarità, che un docente chiami i genitori di un ragazzo a colloquio. Solitamente – anche se non è sempre così – è perché qualcosa non gira per il verso giusto: questioni di disciplina, di motivazione, di atteggiamenti, di impegno e via dicendo. Sugli esiti di questi colloqui non mi voglio esprimere; quasi mai, però, attraverso questi viene messa in discussione l'intelligenza dei ragazzi coinvolti.
E in questo ritengo che i docenti dimostrino attenzione e sensibilità, poiché le intelligenze (se definiamo l'intelligenza, anche solo genericamente, come la capacità di superare le difficoltà in maniera soddisfacente, per sé stessi e per gli altri), soprattutto nella nostra epoca, sono davvero multiformi e multicolori. Credo, invece, che sia più difficile per una coppia di genitori saper riconoscere la varietà delle intelligenze dei propri figli, e questo non certo per mancanza di volontà ma perché – in maniera del tutto comprensibile, aggiungo – i modelli che vanno per la maggiore e ai quali si è regolarmente confrontati sono quelli legati al successo, il più delle volte spiccatamente sociale e finanziario.
E allora vien da chiedersi: come posso, in quanto adulto, veicolare e valorizzare quelle innumerevoli intelligenze giovani, fresche, brillanti, capaci, frizzanti con le quali sono – magari del tutto inconsapevolmente – confrontato? Ognuno di noi deve trovare una sua risposta, senza dimenticare però che saranno proprio quelle intelligenze (e non necessariamente quelle che noi adulti abbiamo in mente per i nostri ragazzi) a prendersi cura di noi, in un domani magari non così lontano come si potrebbe pensare.