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SVIZZERASalari minimi, è un'iniziativa "del diavolo"

15.04.14 - 14:56
Secondo il padronato, c'è il rischio che l'esistenza stessa delle piccole e medie imprese verrebbe compromessa, così come l'intera economia svizzera
Foto Keystone Lukas Lehmann
Salari minimi, è un'iniziativa "del diavolo"
Secondo il padronato, c'è il rischio che l'esistenza stessa delle piccole e medie imprese verrebbe compromessa, così come l'intera economia svizzera

BERNA - Quella sui salari minimi è una iniziativa "del diavolo". Così il presidente di Hotelleriesuisse Guglielmo Brentel ha riassunto oggi in una conferenza stampa a Berna l'opinione del padronato elvetico sul testo in votazione il prossimo 18 maggio. Secondo l'Unione svizzera degli imprenditori (USI) e l'Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) un salario minimo dettato dello Stato "comprometterebbe l'economia svizzera" e minaccerebbe l'esistenza stessa delle piccole e medie imprese (PMI).

 

Un salario minimo imposto di 22 franchi l'ora, corrispondenti per un lavoro a tempo pieno di 42 ore settimanali a un salario lordo mensile di 4000 franchi, sarebbe un record assoluto a livello internazionale, che causerebbe "un torto massiccio" all'economia e ai lavoratori, sostengono USI e USAM. I più colpiti sarebbero a loro avviso proprio coloro che l'iniziativa vuole tutelare: i giovani alla ricerca di un primo impiego, le donne e i lavoratori a basso reddito. Senza dimenticare le zone rurali e di montagna, che subirebbero "i danni maggiori".

 

"Molte PMI semplicemente non potrebbero più pagare simili salari e dovrebbero chiudere, a meno di tagliare posti di lavoro o razionalizzare per ammortare l'aumento dei costi salariali", ha sostenuto Jean-François Rime, presidente dell'USAM. "Questa iniziativa ci darebbe scacco matto di fronte alla concorrenza internazionale", ha rincarato Valentin Vogt, suo omologo all'USI. A suo avviso, "il salario minimo legale svuoterebbe della propria sostanza un partenariato sociale che ha dato buona prova". Secondo Alain Guttmann, presidente del gruppo Bobst, persino le grandi imprese rivolte all'esportazione "subirebbero un vero e proprio choc" per l'esplosione dei costi salariali.

 

Ancora non basta? L'ondata distruttiva "colpirebbe in pieno anche il turismo svizzero", settore nel quale l'iniziativa "rischia di provocare una vera ecatombe": "Paghiamo già il doppio dei salari che pagano gli austriaci", un sì popolare obbligherebbe molte piccole aziende alberghiere e della ristorazione a tagliare personale, o "addirittura a chiudere bottega", ha avvertito Guglielmo Brentel.

 

Secondo l'imprenditore e consigliere nazionale ticinese Fabio Regazzi (PPD) l'iniziativa non solo sfavorirebbe le categorie di persone che vorrebbe aiutare ma costituirebbe un ostacolo anche per le regioni economiche già oggi sfavorite. Come il Ticino, che "con ogni evidenza non dispone dei medesimi attributi degli altri cantoni".

 

Lo stesso discorso vale però anche per le zone rurali e di montagna in generale, ha fatto notare Rime. "Se queste regioni hanno prospettive economiche - ha affermato il presidente dell'USAM - è perché il livello più basso del costo della vita e dei costi salariali permette loro di rimanere competitive". Di questo - ha sostenuto il consigliere nazionale UDC friburghese - l'iniziativa non tiene minimamente conto: "essa intende imporre alla compagna lucernese, all'Oberland bernese e alle zone rurali della Svizzera orientale le stesse condizioni che alla Bahnhofstrasse di Zurigo".

 

Ats

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