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SERIE A"Hodgson mi chiamava Pirla. All'Inter mi svegliavo e non sapevo chi fosse il coach"

15.04.14 - 13:05
Andrea Pirlo ha svelato alcuni retroscena sulla sua carriera: "Dopo Istanbul volevo smettere. Essere in nazionale è fantastico, è meglio del sesso: dura di più e se fai cilecca non è per forza colpa tua"
Keystone/Massimo Pinca
"Hodgson mi chiamava Pirla. All'Inter mi svegliavo e non sapevo chi fosse il coach"
Andrea Pirlo ha svelato alcuni retroscena sulla sua carriera: "Dopo Istanbul volevo smettere. Essere in nazionale è fantastico, è meglio del sesso: dura di più e se fai cilecca non è per forza colpa tua"
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TORINO (Italia) – “Tanto per essere chiari, non ho fatto come Totti a Euro 2000, non ho detto ai miei compagni che avrei beffato Hart con un cucchiaio”. Inizia con questa frase un divertente approfondimento regalato dal dailymail su Andrea Pirlo, centrocampista della Juventus e della nazionale italiana.

Il fenomenale regista è uno dei big del calcio mondiale, un giocatore unico il quale, con le sue invenzioni, è in grado di spaccare le partite. Pirlo pare sempre concentrato, rabbuiato, pensieroso, eppure – chi lo conosce lo sa – è un guascone di prima categoria. Il suo carattere frizzante è venuto fuori sulle pagine del popolare sito britannico, sulle quali viene ripercorsa, a episodi, la sua carriera.

Da dove cominciare? Dal rigore battuto a Euro 2012 contro l’Inghilterra. “Ho deciso di tirarlo così all’ultimo secondo, quando ho visto Hart muoversi sulla linea. È andata bene”. Pirlo ha poi continuato parlando della sua storia con la Nazionale… “Dopo il Mondiale brasiliano toglierò definitivamente la maglia azzurra. Fino a quel momento però solo il ct Prandelli potrà decidere  un mio eventuale stop. Io in nazionale mi diverto un sacco. Essere parte di quel team è fantastico, è meglio del sesso: dura di più e se fai cilecca non è per forza colpa tua”.

Per arrivare dov’è ora Pirlo è stato costretto a crescere parecchio. Uno dei primi passi lo ha fatto all’Inter. “All’inizio andò bene, c’era Gigi Simoni, che credeva in me e mi diede molto spazio. Poi però la situazione crollò. Arrivarono Lucescu, Castellini e infine Hodgson che non riusciva a pronunciare il mio nome. Il mister britannico mi chiamava sempre Pirla anche se capiva il mio gioco meglio degli altri. Fu un anno complicato: cambiarono quattro allenatori. Ogni tanto mi svegliavo la mattina e non mi ricordavo chi fosse il coach”.

Una delle pagine più brutte della carriera del centrocampista fu scritta a Istanbul, nella finale di Champions con il Liverpool. “Perdemmo ai rigori dopo essere stati in vantaggio 3-0. Non so come sia potuto succedere. Molti pensano che la sconfitta sia arrivata a causa della “danza” che fece Dudek in porta durante i penalties. Non è così. Fu semplicemente un suicidio di massa. Qualcuno crollò, in questo caso tutto il team. Dopo il match eravamo distrutti. Rimanemmo a lungo in silenzio negli spogliatoi prima di tornare a casa. E anche i giorni seguenti non fu facile. Soffrii d’insonnia, non riuscii praticamente a muovermi. Ero depresso e mentalmente distrutto. Volevo smettere. Fortunatamente qui giorni sono passati”.

Con il Milan poi arrivarono la riscossa con la Champions 2007 e l’addio. “Nel 2009 volevo andare al Chelsea, raggiungere Ancelotti, ma Berlusconi bloccò la trattativa. Mi disse: “Non puoi partire, sei la bandiera rossonera e poi abbiamo già venduto Kakà. Non preoccuparti, saremo competitivi, abbiamo preso Huntelaar”. E io pensati: “Huntelaar? Mah…”. Non ho nulla contro Klas, è un bravissimo ragazzo e un buon calciatore, ma non è certo uno dei papabili per il Pallone d’Oro. Con i rossoneri finì poi due anni dopo. Dovevo rinnovare il contratto, dissi al presidente che avevo offerte per dei pluriennali e lui ancora si oppose sostenendo: “Rimani qui, devi chiudere da noi la tua carriera. Non ci sono problemi, senti Galliani e risolviamo”. Poco dopo aver parlato con me il presidente si rivolse alla stampa e tuonò: “Pirlo non è in vendita”. Finì che andai alla Juventus. Berlusconi è così. È teatrale e sa sempre quel che vuole…”.

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