Cerca e trova immobili

LUGANO / BERLINOAntonella Ruggiero si confessa: "Oggi sono libera. E adoro i paesaggi della Svizzera"

11.04.14 - 07:00
Reduce dal penultimo posto a Sanremo, l'ex cantante dei Matia Bazar ripercorre la sua vita e le sue scelte. "Di quel mondo non ne potevo più. Oggi sono libera da costrizioni e schemi. Credo nel Dio della natura"
None
Antonella Ruggiero si confessa: "Oggi sono libera. E adoro i paesaggi della Svizzera"
Reduce dal penultimo posto a Sanremo, l'ex cantante dei Matia Bazar ripercorre la sua vita e le sue scelte. "Di quel mondo non ne potevo più. Oggi sono libera da costrizioni e schemi. Credo nel Dio della natura"

LUGANO / BERLINO - Adesso, Antonella Ruggiero vive a Berlino. Un modo per tagliare in maniera più netta col passato, per un’artista che nel 1989 sembrava voler lasciare tutto. L’addio ai Matia Bazar fu l’inizio di sette anni di silenzio: prima di decidere per il ritorno sulle scene con il proprio nome di battesimo e solista. I fan si domandavano se sarebbe mai tornata.

Di tanto in tanto torna indietro. Poi riparte, dalla casa in Brianza ancora in direzione Germania, e con l’auto attraversa tutta la Svizzera. "Che meraviglia. La natura è tutta così ben tenuta, apprezzata. Amo la precisione che osservo mentre viaggio, la cura del territorio". Qualcosa però manca per decidere di trasferirsi qui. Nel camerino degli studi Rsi, ospite degli Showcase di Rete Uno, Antonella sorride. "Cosa le manca… non lo so. So che passando vedo posti incantevoli". 

Antonella, in Germania il passato è ancor più distante. Il 1989 fu un anno storico per il mondo e per la tua carriera.
"Non ne potevo più di quel genere di meccanismo, legato al business, a certe regole e rituali. Non volevo avere più niente a che fare con quel mondo".

Difficile lasciare i Matia Bazar?
"No. Era finito un ciclo. Non avevo più stimoli".  

Il loro nome era il tuo. Esordisti nel 1974 con lo pseudonimo di Matia: perché?
"Volevo un nome che non fosse né maschile né femminile".

I tempi non erano maturi per una donna sola sul palco?
"Donna o uomo non conta. Se uno ha la capacità, si fa strada. Inutile lamentarsi troppo, inventare alibi. Le grandi intelligenze, i talenti prima o poi trovano il posto che meritano. Oggi come ieri o nell’Ottocento".

In quel momento pensavi di lasciare i Matia Bazar oppure tutta la musica?
"Avevo bisogno di fermarmi, prendere le distanze da tutto, ascoltare solo le mie musiche. Per poi tornare a fare musica come l’intendo io".

Mai avuto la tentazione o la paura di non riuscire a tornare?
"No, perché io non volevo tornare lì. Stavo lasciando qualcosa che non desideravo più, che sapevo non avrei più cercato. Se avessi voluto prendermi una pausa per poi ricominciare nello stesso posto e allo stesso modo allora forse sì".

Che rapporto hai con chi faceva parte di quel tuo passato?
"Ci sentiamo, quando capita. Siamo amici. Il tempo fa sì che si ricordino solo o meglio le cose piacevoli".

Ti prende mai la nostalgia?
"Per nulla. Casomai ho nostalgia di epoche lontane, che non ho mai vissuto, quando ancora non esisteva tutto ciò che ha inquinato la terra".

Ti piace ancora cantare i successi di quel trascorso?
"Certamente. Sono canzoni mie, fanno parte della mia storia. Le ripropongo spesso. Ma vestite di abiti nuovi".

Un altro modo per staccare?
"Le canzoni sono sempre diverse. Non c’è mai un concerto uguale all’altro. Sarei una macchina, altrimenti".

Hai deciso di tornare sulle scene sola: non era più possibile in altro modo?
"Io faccio sempre musica con altri. Lavoro con musicisti, cori, faccio esperienze meravigliose, mai banali. Soprattutto, libere dagli schemi".

E Sanremo, allora?
"Ci vado quando ho qualcosa da proporre. Quest’anno avevo i 15 brani dell’album “L’impossibile è certo”. Posso arrivare ultima o penultima, non importa. Non ho mai mitizzato Sanremo: guai a farlo. Sanremo è qualcosa che serve, come il salone del mobile per i mobilieri. È un luogo di lavoro".

Il dodicesimo posto di quest’anno, o penultimo, davvero non ti ha delusa neanche un po’?
"Bisogna sempre sapere che lì funziona così. Essere preparati, altrimenti si rimane schiacciati dal gioco. È sempre stato in questo modo".

“L’impossibile è certo”: ci spieghi perché questo titolo?
"È dedicato alle nuove generazioni, che si trovano a cercare la propria strada con grande fatica. Mi arrabbio quando dicono che i ragazzi sono viziati, svogliati, senza impegno. Sono volenterosi, informati, preparati. A loro voglio dire che ciò che sembra impossibile oggi diventerà certezza nel futuro".

Per te c’è stato qualcosa di impossibile?
"No, perché non ho mai avuto sogni strani o irrealizzabili. I miei progetti sono sempre stati concreti: cose raggiungibili, almeno dal mio punto di vista. Perché poi per ciascuno è diverso".

L’album contiene brani inediti. Perché proporre qualcosa che avevi lasciato indietro?
"Ce ne sono due o tre che risalgono alla fine degli anni ‘80. Li abbiamo tenuti lì, con Roberto Colombo, come un oggetto prezioso, nell’attesa di proporli al momento giusto".

Che cosa c’è di giusto, adesso?
"Queste canzoni raccontano l’Italia di oggi, il modo in cui stanno andando adesso certe cose. Sono attualissime".

Un esempio?
"C’è un brano dedicato alla diversità. Che cos’è la diversità? Nessuno è diverso, per me. O “Cercare la vita”, scritto con quel maestro che è Eraldo Affinati, un uomo che lavora con i ragazzi che sbarcano sulle coste italiane in cerca del loro futuro. E sono quasi tutti bravi ragazzi, che meritano".

Tu l’hai dovuta cercare, la tua vita?
"Come tutti. E l’ho trovata. Ci vuole fatica. Non sempre le cose che sembra ti realizzino ti rendono felice".

Nei tuoi sette anni di ricerca spirituale hai trovato anche Dio?
"La mia visione rispetto all’assoluto risale a quando ero bambina. Per me Dio è la natura. C’è stato un riavvicinamento al Dio della natura".

E l’Ave Maria di De André scelta per il concerto dedicato all’Abruzzo?
"Era una preghiera laica, dedicata a una città straordinaria. Uno dei posti più belli in assoluto, abitati da gente fantastica". 

Ultimamente ti sei dedicata anche alla morte, con il “Concerto senza titolo”. Ti fa paura?
"Si trattava solo di interpretare una serie di canzoni scritte nel tempo e dedicate all’argomento. Era un percorso poetico"

Ticinonline è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.
NOTIZIE PIÙ LETTE