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LOCARNOLa vera storia di Giovanni Paolo II: così uomo da diventare papa

09.04.14 - 08:42
Il musical sul pontefice, la fede in Dio, gli esordi con Claudio Baglioni, Sanremo e il lavoro con Saviano, che "è tutta colpa mia": a colloquio con Duccio Forzano, regista di "Karol Wojtyla: la vera storia", a Locarno l’1 giugno
Foto Ufficio Stampa
La vera storia di Giovanni Paolo II: così uomo da diventare papa
Il musical sul pontefice, la fede in Dio, gli esordi con Claudio Baglioni, Sanremo e il lavoro con Saviano, che "è tutta colpa mia": a colloquio con Duccio Forzano, regista di "Karol Wojtyla: la vera storia", a Locarno l’1 giugno

LOCARNO - Il tutto esaurito del debutto a Cracovia, il 2 aprile nell’anniversario della morte, lascia ben sperare nel prosieguo. Qualche giorno prima Duccio Forzano, regista di “Karol Wojtyla, la vera storia”, scherzava: "Sì, sarò a Roma il 27 aprile per la canonizzazione di Giovanni Paolo II: a meno di non fare fiasco con il mio spettacolo ed essere radiato dall’albo dei professionisti".

I risultati finora ottenuti fanno qualcosa in più che spazzare via i timori. E se è presto per parlare di successo, si può però almeno essere ottimisti. Questa settimana il secondo banco di prova, a Varsavia, prima dell’esordio in Italia di mercoledì prossimo, al teatro Brancaccio di Roma, per arrivare poi a Locarno, l’1 giugno.

Duccio, “la vera storia”: perché? Che cosa c’è di non detto o di sbagliato?
“La vera storia” perché è la storia dell’uomo: quella del papa la conosciamo bene o male tutti. Ci concentriamo sulla storia del bambino messo alla prova dalla vita: la morte della madre, del fratello, la guerra. Tutto questo serve a capire il papa, anche se papa nel musical non lo vedremo mai. A parte un omaggio fotografico. Vedremo il vescovo, l’arcivescovo, l’attore, il calciatore, il lavoratore in miniera.

Un musical su Giovanni Paolo II c’era già. “Non abbiate paura”, scelto dalla Chiesa per accompagnare la proclamazione a santo. “La vera storia” in che cosa si differenzia?
“La vera storia” comincia il giorno dell’attentato e, attraverso flash back dovuti al suo stato, racconta il suo passato, dal 1929 in poi. Due atti per un totale di quasi due ore, dai nove anni al Concilio in cui viene eletto: questo è l’ultimo ricordo.

Difficile trovare qualcosa di nuovo da dire?
"Ho letto libri, ho cercato di visualizzare ciò che mi sembrava più interessante. Difficile scegliere. Ho scoperto molte cose che non conoscevo. Il fatto che la madre avesse perso una bambina prima di Karol, che secondo i medici non sarebbe potuto nascere e invece è arrivato 14 anni dopo il figlio più grande. Il carattere forte di lei e quello disponibile del padre, nonostante fosse un soldato. La passione per il teatro e lo sport".

La cosa che l’attrae di più di lui?
"Era un leader, una persona che trascinava le folle. Tante cose che ha fatto sono diventate pagine di storia. Ha trasformato ogni attività semplice in qualcosa di più grande".
 
Lei ha lavorato con Claudio Baglioni, Fazio e Saviano, per Sanremo. Adesso il papa: una scelta spirituale o un cambiamento di rotta?
"Ho letto il progetto, mi è piaciuto. Mi affascinava l’idea di parlare di una persona così carismatica. E mi sono deciso per questa follia".

Follia?
"Beh, è una bella responsabilità. In questo mestiere, d’altronde, se uno vuole dire qualcosa lo deve fare".

Teme il confronto con i musical del passato… Jesus Christ superstar, per esempio?
"Jesus Christ superstar è il musical per eccellenza, ma in quel caso la strada era già stata spianata dal film. Qui ci siamo dovuti inventare tutto, non abbiamo preso in prestito niente. Ecco, ora sarebbe bello farne un film".
 
Crede in Dio?
"Sono credente".

Nella santità?
"Su questo ci sarebbe una discussione lunghissima da fare. Essere santi vuol dire un sacco di cose. Lui probabilmente lo è".
 
Della sua carriera ringrazia Dio o gli uomini?
"Intanto ringrazio me stesso, il mio coraggio e la mia incoscienza. Sono arrivato tardi a questo mestiere, a 36 anni, dopo una lunga gavetta. Devo tutto alla mia costanza. Alla fine, ciò che vale è credere nei propri sogni, anche quando qualcosa non funziona".

E Claudio Baglioni?
"Appunto. Claudio mi ha dato una grande opportunità: e io l’ho sfruttata. È stato il primo a vedere in me qualcosa che gli altri fino a quel momento non avevano visto. Era convinto che avessi delle cose da dire".

Saviano?
"Ho lavorato molto con Roberto negli ultimi anni. Il suo personaggio televisivo è colpa mia. Chiedo scusa".

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