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È necessario comunicare ai giovani la passione per il proprio lavoro.
Se, come si diceva in un precedente contributo, per rendere attrattive alcune professioni affinché le stesse diventino fonte di interesse per i nostri ragazzi in situazione di formazione professionale, "bisogna convincere le mamme" (la tesi di un mio conoscente era, appunto, che sono le mamme ad avere la maggior influenza sui propri ragazzi in materia di scelta formativa, con una evidente propensione per le materie di estrazione accademica), dall'altra bisogna che i nostri artigiani, imprenditori, impiegati, industriali e via dicendo portino fuori dal loro ambito di lavoro le loro professionalità ancora di più di quanto oggi avvenga.
Non sto pensando alle tecniche – per altro importantissime – di lavoro in sé, ma a ciò che si può definire il fuoco, la passione, il demone che sta in ognuno di noi e che ci ha portati (tutti, vorrei dire…) ad esercitare questa o quella professione. La stragrande maggioranza dei cuochi, dei sarti, dei finanzieri, dei fabbri, dei pittori, dei muratori, degli infermieri e via dicendo rappresenta degli ottimi (vedi: eccellenti) esempi di come la cura del gesto professionale, il desiderio di fare le cose bene, l'attenzione per i dettagli e la visione globale di ciò che si sta facendo siano elementi che contraddistinguono un profilo di personalità solido ed equilibrato. Bisogna, però, che queste caratteristiche non rimangano – diciamo – isolate all'interno di una singola azienda. Trovare il modo di far uscire e di rendere questi aspetti tanto importanti quanto le tecniche di lavoro in senso stretto è un impegno che il settore dell'economia privata sarà sempre più chiamato a raccogliere.