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ATTUALITÀIl ritorno dell'oro

25.02.14 - 15:33
Da fine 2013 il metallo giallo ha guadagnato un buon 9.5
Foto Keystone
Il ritorno dell'oro
Da fine 2013 il metallo giallo ha guadagnato un buon 9.5

Per l’oro, il 2013 è stato è stato anno da dimenticare, almeno per quanto riguarda la dinamica di prezzo: un calo del 28%. Non ci ha quindi sorpreso che l’anno sia chiuso con una serie di de prufundis sul mercato aureo. Ebbene, come spesso accade il consensus non si è rivelato buona guida, almeno per ora: da fine 2013 il metallo giallo ha guadagnato un buon 9.5%, e alcuni elementi positivi sono emersi dal mercato. Come mai questo apparente “U-turn”, e quale sarà il destino dell’oro nei prossimi mesi? Come al solito, è più semplice razionalizzare il passato che prevedere il futuro, anche se la prima operazione produce alcuni input a valenza previsionale.

Punto di partenza è che il metallo giallo aveva chiuso il 2013 a un prezzo decisamente sotto il suo valore di equilibrio (perlomeno come da noi stimato). Quindi, a differenza del mercato azionario globale, l’oro ha iniziato il 2014 fondamentalmente “cheap”. Questo sostrato necessitava solo di un qualche catalizzatore per scatenare una reazione di prezzo. Tale catalizzatore è stato l’indebolimento di timori economico-finanziari che avevano, in precedenza, giocato contro l’oro.

 

Innanzi tutto c’è stato l’indebolimento di timori che la Fed stesse per iniziare una “rapida” exit strategy – processo di riassorbimento della liquidità foriero di aumenti nella struttura dei tassi d’interesse. Quest’ultimo è chiaramente un fattore negativo per l’oro, in quanto ne aumenta notevolmente il costo di opportunità (l’oro non offre un flusso reddituale, a differenza dei bond). Tale cambiamento previsionale vis à vis la Fed non è stato dovuto tanto alla successione di Bernanke con Yellen, quanto all’indebolimento in una serie di variabili economiche – suggerendo che la Fed sarebbe più guardinga nel togliere “ossigeno” a mercati ed economia reale... E la struttura dei tassi d’interesse è calata.

Altro elemento, probabilmente marginale, è stato la debacle subita da Bitcoin dovuta all’osteggiamento crescente da parte di istituzioni governative e banche. Ciò ha creato dubbi sul potenziale di crescita per un asset che, essendo a offerta “fissa” (come e forse più dell’oro) ne potesse in qualche modo scalfire l’appeal, soprattutto dal punto di vista di un’attività usata (anche) come “medium of exchange”.

 

Altro elemento, certo più fondamentale, è stato l’emergere di dati (fonte, World Gold Council) a favore della tesi che il 2013 non ha visto un tracollo strutturale nella domanda di oro, anzi. In sintesi, l’anno passato ha visto acquisti record di oro da parte dei consumatori. Se la domanda di oro fisco ha decelerato, ciò è dipeso solo (fatto noto in anticipo rispetto ai dati sulla domanda commerciale) dal marcato calo nella domanda di oro per investimento finanziario. Nel dettaglio, il 2013 ha visto domanda per consumi aurei in ascesa del 21% a/a, il che ha contrastato con deflussi di oro fisico, a sostegno di ETF, per 881 tonnellate. Risultato netto è stato che la domanda totale di oro nel 2013 ha raggiunto “solo” 3.756 tonnellate - calo del 15% a/a. Fattori principali di traino per la domanda commerciale sono stati Cina e India, con aumento medio del 20% circa, tra gioielleria e oro fisco. Questo è importante perché evidenzia il supporto per l’oro garantito da economie - per definizione - a forte crescita.

A livello globale, la domanda aurea per “consumo” è aumentata del 21% tra 2012 e ’13. Tra l’altro, a livello finanziario va notato che, a fronte del calo di holdings negli ETF fisici, le banche centrali nel 2013 hanno continuato con robusti acquisti di oro (369 tonnellate), un trend iniziato già nel 2009. Infine, a fronte di tali dinamiche nella domanda, soprattutto ma non solo commerciale, va segnalato che l’offerta globale di oro è calata, in termini di flusso, del 2% tra 2012 e 2013.

 

Tutto ciò detto, prima di lanciarsi “a peso morto” in un outlook radioso per il prezzo dell’oro, va riconosciuto che rischi ribassisti esistono. Il principale tra questi è il rischio di deflazione (cali nei prezzi al consumo) a livello globale. Senza entrare nel merito della diatriba tra deflazionisti e “negazionisti”, va chiarito che buona parte degli investitori sottoscrive quello scenario, che non è di per sé favorevole al prezzo dell’oro. Tuttavia, va notato che uno scenario alternativo - assenza di deflazione accompagnata da progressiva exit strategy da parte della Fed - sarebbe più sfavorevole per il metallo. Quindi, per chi ama l’oro, lo scenario deflazionistico è probabilmente meno dannoso di quello moderatamente inflazionistico, accompagnato da rapida ascesa nel costo-opportunità dell’oro.

Se a questo punto traspare un nostro bias favorevole al prezzo dell’oro, l’impressione non è errata. Vale la pena, al proposito, di rimarcare che, secondo le nostre stime, l’attuale prezzo dell’oro risulta a sconto di circa il 20% rispetto ai fondamentali rilevanti per il medio-lungo termine. Oltre all’elemento di “valuation”, abbiamo la consapevolezza che la domanda strutturale di oro rimane su trend robusto, anche se quella finanziaria (ETF) rimane per sua natura meno prevedibile, e quindi un possibile catalizzatore di “sorprese di prezzo” per il metallo.

 

 

 

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