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QUARTINOIl vino del futuro, tra passato e presente

19.02.14 - 13:56
Incontro con l'archeoenologo Maurizio de Simone
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Il vino del futuro, tra passato e presente
Incontro con l'archeoenologo Maurizio de Simone

Maurizio de Simone è nato professionalmente come perito agrario specializzato in allevamento di bestiame di grosso taglio. L'incontro con la vinificazione, avvenuto casualmente presso un'azienda che allevava cavalli da corsa e che possedeva dei vitigni di Verdicchio, è stato folgorante. Il desiderio di approfondire questo amore improvviso lo ha spinto a intraprendere e portare a termine anche gli studi di enologia. Dopo una fantastica esperienza come direttore di un'azienda che produceva il vino Falerno, è diventato un libero professionista. I primi anni si sono dimostrati fondamentali per la sua formazione. La fortuna di lavorare principalmente in Campania, sicuramente la regione d'Italia con più lunga storia enologica e ricca di vitigni tra i più importanti del mondo, ha acceso la voglia di scoprire le origini della viticoltura e tentare di salvare antiche tecniche tradizionali di vinificazione.

Nel 2000 si è trasferito a Montalcino. Ha avuto quindi la possibilità di lavorare per aziende internazionali realizzando il suo sogno di conoscere usi e tradizioni vitivinicole di popoli molto diversi tra loro. Tornato nel 2010 nella sua terra, si sta dedicando alla salvaguardia del patrimonio viticolo locale cercando di salvare le vecchie vigne superstiti alla moderna viticoltura intensiva che sta estinguendo le varietà tradizionali.

Facendo riferimento ai testi antichi la vite ha una particolare importanza già nella Bibbia. Compare nella Genesi come prima produzione agricola dopo il diluvio universale. La vicenda di Noè si colloca sul monte Ararat, in Armenia, cioè proprio nel territorio in cui pare abbia avuto origine "l'addomesticamento" della pianta da parte dell'uomo e la conseguente produzione del vino.

Come si è evoluta Maurizio, la viticoltura? Perché è importante salvare le vecchie varietà tradizionali? Hai scoperto vitigni molto antichi?
"La viticoltura è stata letteralmente stravolta dopo l'arrivo della fillossera (un insetto che attacca le radici delle specie europee) che distrusse il 95% dei vigneti in Europa tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Da allora, infatti, la vite viene innestata su piede americano, il quale è immune all'attacco di questo insetto e pertanto le uve che queste piante producono, per quanto selezionate e migliorate geneticamente, non esprimono più i caratteri originali che hanno reso famosi alcuni vini nell'antichità. Partendo da questo concetto diventa fondamentale ricercare e salvaguardare quelle viti ultracentenarie a piede franco, che molto spesso, appartengono a vitigni dimenticati o quasi estinti, ma unici esempi di espressione tradizionale di quei territori in cui la viticoltura intensiva ha prevalso e ha prodotto vini sempre più omologati.

Il vino è tra i pochi elementi che testimoniano le trasformazioni socioculturali dell'uomo da tempi antichissimi. Esso ha rivestito ruoli diversi: da elemento di dominio dei popoli ad alimento, fino ad essere oggi, un fattore di distinzione sociale e di filosofia di vita. Nel tempo, alcuni vini hanno conquistato fama al pari di grandiose opere d'arte che hanno reso famosi territori e uomini intorno ai quali si sono sviluppate fiorenti economie, ma la moderna viticoltura intensiva e le invasive tecniche di miglioramento genetico dei vitigni ne stanno minando i fasti rischiando di estinguere quei caratteri distintivi che per secoli hanno reso questi vini unici. Salvare ciò che è rimasto di questi vitigni è fondamentale per preservare i caratteri originali ed avere sempre un punto di riferimento per i vini del futuro. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di operare in territori dove la viticoltura affonda le radici nella notte dei tempi e, con tanta passione, ho potuto approfondire la presenza di vitigni autoctoni, scoprendo ad oggi sei vitigni non riconosciuti, due dei quali sono già stati inseriti nell'albo italiano dei vitigni per la produzione di vino dopo un lunghissimo iter legislativo di 9 anni".

Che sapore aveva il vino nel passato?
"È molto difficile rispondere a questa domanda. I pochi testi che riportano le metodologie di vinificazione e le usanze del consumo del vino nell'antichità, non consentono di ricostruire a pieno i caratteri che quel nettare potesse avere, inoltre, la vastità del territorio dove la vite era presente, ne ha reso enormi le differenze nel metodo di trasformazione, caratterizzando nel tempo peculiarità ancora oggi percettibili. Nonostante queste limitazioni, sono stati effettuati diversi esperimenti di vinificazione ripercorrendo le metodologie riportate nei testi, soprattutto degli antichi Romani. Il risultato è stato una sorta di melassa da diluire al momento del consumo. Nell'antica Roma, si utilizzava miele e acqua di mare, mentre in Grecia, resine di conifere; procedimento perpetuato ancora oggi nel vino Retsina". 

Quando si è iniziato a fare uso dell'anidride solforosa come ausilio alla vinificazione e quali vantaggi ha portato?
"L'uso della combustione dello zolfo per disinfettare i contenitori usati per stoccare il vino era già conosciuto dagli Antichi Romani, ma l'utilizzo dell'anidride solforosa aggiunta al mosto e al vino per inibire processi di ossidazione e selezionare la carica microbica, risale ai primi del novecento. Come altre scoperte scientifiche sviluppate intorno alla possibilità di conservare gli alimenti, anche l'uso dell'anidride solforosa ha permesso di protrarre nel tempo la fragranza e la serbevolezza del vino. L'anidride solforosa è però un gas tossico per l'organismo umano e viene utilizzato per il confezionamento di moltissimi cibi, pertanto, l'assunzione giornaliera può superare le soglie di tolleranza del nostro metabolismo. Per questo motivo, sempre più, il produttore attento tende a diminuire al minimo il suo utilizzo". 

Sei conosciuto come l'enologo con  maggiore esperienza nella produzione di vini senza aggiunta di solfiti. Sei chiamato a portare la tua conoscenza dall'Australia agli Stati Uniti, passando per l'Europa. Qual è il tuo segreto?

"Nessun segreto! Da quando ho scelto gli studi agrari, il mio obbiettivo è sempre stato quello di ritornare a produrre alimenti sani rinunciando all'utilizzo della chimica e per questo ho sempre cercato sinergie con chi potesse fornirmi gli strumenti per farlo. Cinque anni fa ho conosciuto una società di biotecnologie, la Bioma di Quartino, che da decenni studia molecole naturali che possano sostituire i prodotti chimici utilizzati in diversi campi. Tra la miriade di prodotti hanno messo a punto una soluzione a base di polifenoli estratti dai vinaccioli dell'uva e altri vegetali, che consente di sostituire l'effetto antisettico e antiossidativo dell'anidride solforosa.

Da subito ho intravisto la possibilità, per me, ma come per la stragrande maggioranza degli enologi, di mettere in discussione l'obbligatorietà dell'utilizzo della solforosa per avere vini sani e durevoli nel tempo, e di coronare, finalmente, il sogno di produrre vino senza chimica. Ho cominciato a sperimentarne l'utilizzo presso i produttori per i quali prestavo consulenza, e ai primi entusiasmanti risultati sono seguiti sempre più arditi esperimenti, fino ad arrivare a generare  una serie di protocolli di utilizzo per le varie tipologie di vino. Da quando i primi vini sono stati messi in commercio, l'interesse si è diffuso sempre più. Oggi diverse università e organi di ricerca di tutto il mondo stanno studiando le dinamiche di utilizzo del coadiuvante nelle varie vinificazioni e soprattutto sempre più produttori nel mondo stanno vinificando vini stabili e durevoli nel tempo senza l'ausilio della tanto odiata solforosa".

Il consumatore come reagisce questo nuovo tipo di vino?
"Il vino senza solfiti aggiunti è un vino nuovo, nel senso che si è tornati al passato utilizzando una tecnologia innovativa. I risultati sono sorprendenti e la richiesta da parte dei consumatori è in rapido aumento. Spesso il vino viene prenotato prima ancora di essere prodotto".

Quali sono i tuoi obbiettivi futuri?
"Sto già lavorando, in Europa e California, alla formazione di enologi, con conoscenze specifiche sulla produzione senza aggiunta di solfiti ed è in via di realizzazione il mio progetto di un'azienda agricola autosufficiente dal punto di vista energetico grazie a fonti rinnovabili, produzioni di alimenti unicamente con risorse interne e vinificazioni in una cantina che non utilizza nessun organo meccanico per la vinificazione con vitigni riscoperti e riprodotti da piante secolari franco di piede".

C'è qualche cosa che non ti ho chiesto di cui ti fa piacere parlare?
"Gli argomenti che abbiamo toccato in questa intervista richiederebbero approfondimenti che in così poco spazio non possono essere sviluppati, e spero di aver contribuito all'inizio di una discussione intorno alla quale non vedo ancora il giusto interesse degli organi di comunicazione di settore. Infine, spero che presto si possa parlare di vini senza chimica come vino in quanto tale e non come se fosse oggetto di moda passeggera o ancor peggio, per pregiudizio, giudicato "oggetto non identificato" come molta stampa specializzata tende ancora a fare".

Grazie Maurizio, e arrivederci a presto in una cantina ticinese... 

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