L’istituto di fisiologia di Pisa ha condotto uno studio su 34 soggetti
PISA - Due semplici esami, che si possono eseguire già dopo quattro ore trascorse ad alta quota, per stabilire se si è a rischio di mal di montagna. Il male, che spesso ha rovinato o impedito gite e vacanze in montagna, è dovuto allo scarso adattamento cardio-vascolare che in alcuni soggetti si può palesare ad alta quota. In pratica, alcuni individui hanno più difficoltà nel far circolare ossigeno nel sangue e quindi più probabilità di avvertire nausea, stanchezza e problemi di respirazione, fino ai casi estremi di edemi polmonari o cerebrali.
Attraverso l’utilizzo di semplici strumenti portatili, è ora possibile individuare le persone a rischio, anche se è ancora necessaria la permanenza a determinate altitudini. La ricerca è stata condotta dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa su un campione di 34 individui, monitorati prima a livello del mare e poi a circa 3500 metri di altezza. Salendo in quota la concentrazione dell’ossigeno nell’aria diminuisce: chi sale oltre i 2.500 metri sviluppa un’ipossia, ovvero ha una ridotta concentrazione di ossigeno nel sangue e nei tessuti. L’analisi ha riscontrato in più di un terzo dei soggetti leggeri fastidi nelle prime 24 ore. Fastidi che poi, nell’1% dei casi, potevano portare a casi estremi di edemi, e quindi al decesso.
I test realizzati sono semplici e a basso costo, facili da eseguire con strumenti portatili e comodi. Se i risultati ottenuti saranno sviluppati e le informazioni utilizzate per ulteriori ricerche, nei prossimi anni sarà possibile conoscere la nostra condizione in anticipo e, con l’assunzione di farmaci specifici, prevenire i fastidi in questione.