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ATTUALITÀChi cresce, chi meno... e la Borsa

29.10.13 - 10:51
L’andamento della previsione di consensus sulla crescita economica 2013
Foto Keystone
Chi cresce, chi meno... e la Borsa
L’andamento della previsione di consensus sulla crescita economica 2013

Il recente “shutdown” del governo USA ha comportato che, per oltre due settimane, i mercati sono stati privati dell’usuale flusso di dati macro-economici, sulla cui base molte idee d’investimento sono selezionate. In verità, quel che oggigiorno interessa agli investitori non è solo il dato macro di per sé (tuttavia indispensabile), ma piuttosto la dinamica delle previsioni di consensus sulle varabili chiave. Principe tra queste è la visione di consensus, disponibile settimanalmente, sulla crescita del PIL reale per paesi. Un’analisi di come evolvono tali “views” conduce ad interessanti considerazioni, sia a livello di “policy” che, soprattutto, di mercato azionario.

È noto che le varie asset finanziarie si muovono anche in risposta alle percezioni che il mercato ha circa la crescita economica reale, ma anche nominale. Infatti, se è vero che il prezzo di un’azione dovrebbe largamente riflettere un calcolo attuariale sugli utili futuri, è anche vero che essi sono legati alla crescita economica. Di conseguenza, ogni mutamento nelle percezioni di crescita (“growth vibes”) può influenzare l’andamento delle borse. Per quanto riguarda le obbligazioni, la preferenza tra acquistare un bond oggi o “domani” dipende largamente da cosa si pensa farà l’inflazione rispetto al flusso reddituale garantito dalle cedole. E, si sa, l’andamento dell’inflazione è ciclico - aumenta all’accelerare della domanda (PIL) e viceversa. Delle considerazioni similari valgono, mutatis mutandis, anche per materie prime e valute.

 

È quindi interessante guardare, mentre andiamo verso la fine del 2013, a come le “growth vibes” sulle economie in cui investiamo si sono modificate nel medio termine, e vedere se esse hanno avuto relazione con l’andamento degli indici di borsa. Vediamo come, paese per paese, l’andamento della previsione di consensus sulla crescita economica 2013 si è sviluppato negli ultimi 12 mesi.

In positivo abbiamo Giappone e Svizzera, nazioni le cui attese sono maggiormente aumentate nel tempo. Per converso, si evidenziano in negativo LatAm ed EMEA. La storia Giapponese è ormai nota: all’annuncio shock fatto dal PM Abe nel 2012, ha fatto seguito una politica monetaria (e fiscale) ultra espansiva, unita al “massaggio rialzista” delle aspettative inflazionistiche, grazie ad una “nuova” banca centrale che ha stabilito obiettivi quantitativi per la crescita del CPI (Consumer Price Index). In effetti, le attese di crescita nipponica sono poi aumentate – da circa 1% un anno fa all’odierno 2%, mentre l’inflazione è finalmente nuovamente positiva. Non a caso, crediamo, la borsa giapponese ha nel frattempo dato ritorni stellari (pur con volatilità) ad oltre il 50%. Discorso analogo per la Svizzera, se con tinte più sfumate.

 

Mentre le attese di crescita economica della Svizzera aumentavano, da 1.3% a quasi 1.8%, la borsa elvetica ha reso circa 25% sul periodo. Guardando ai casi negativi, la vicenda LatAm è abbastanza nota (basti ricordare il crollo prolungato degli EPS (Earnings Per Share) azionari); la crescita attesa 2013 è calata in un anno da 3.8% a circa 2.5%, tasso quasi recessivo per standard “emergenti”. Nel frattempo, la borsa LatAm ha perso il 2%. Anche in area EMEA, dominata dall’Europa centro-orientale, le attese di crescita sono calate, di circa 0,8 p.p. sulle 52 settimane, e nel frattempo la borsa ha reso 7.2%, meglio del LatAm ma sempre molto meno che in varie economie mature.

Possiamo già notare, nei casi “estremi” del nostro piccolo campione, una correlazione tra buone “vibes” sul PIL reale e la performance azionaria. In effetti, l’indice di correlazione tra i dati sul PIL e quelli di mercato vale 0,80, un dato positivo e relativamente elevato. Del resto, “ovviamente” direbbe qualcuno, anche analisi econometriche serie confermano la relazione positiva tra borse e variabili di “scala” quali produzione industriale, PIL, EPS. Ciononostante, la crescita economica, per quanto importante, non è l’unica determinante dei valori di borsa, e lo si vede sia dalle analisi “serie” di lungo periodo come pure dal nostro “spot check”. Infatti, notiamo come due aree caratterizzate da “bad vibes” su PIL, USA e UEM, hanno tuttavia guadagnato il 23% in media sul periodo. Come mai?

 

Al riguardo, come abbiamo trattato in precedenza, la nostra attenzione cade sulla politica monetaria ultra-espansiva attuata in queste due aree: tassi d’interesse a zero e liquidità in eccesso (anche se con sfumature diverse tra Fed e ECB, e tenuto conto della crescita comunque palesata dagli utili). Un metodo ben noto per indurre le banche a lubrificare i mercati, sia direttamente che indirettamente, soprattutto laddove le stesse non vedano convenienza nell’attività di credito classico - all’economia reale.

 

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