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ATTUALITÀ SETTIMANALEUS: nessun tapering, si festeggia

24.09.13 - 10:05
La Federal Reserve ha deciso di posticipare l’avvio della riduzione dei suoi acquisti di attivi
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US: nessun tapering, si festeggia
La Federal Reserve ha deciso di posticipare l’avvio della riduzione dei suoi acquisti di attivi

LUGANO - Con una mossa che ha fortemente sorpreso i mercati, la Federal Reserve ha deciso di posticipare l’avvio della riduzione dei suoi acquisti di attivi (il cosiddetto “tapering”). Le stime di consenso erano di un ridimensionamento di 10 miliardi di dollari. Tuttavia, il FOMC (Federal Open Market Committee) ha ritenuto che fossero necessarie “maggiori indicazioni” di sostenibilità della ripresa prima di avviare l’uscita dall’allentamento quantitativo (QE).

Nonostante il miglioramento del mercato del lavoro (calo dei tassi di disoccupazione e aumento dell’occupazione) e il rafforzamento dei consumi, degli investimenti e del settore immobiliare, l’inasprimento delle condizioni di finanziamento causato dall’aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine da maggio-giugno e l’incertezza sulla politica fiscale pongono un rischio per la ripresa. Inoltre, l’inflazione rimane al di sotto (nettamente al di sotto) del livello preferito dalla Fed.

Durante la conferenza stampa Bernanke ha sottolineato che “non c’è un calendario prefissato” per la riduzione del QE e che eventuali decisioni sono e resteranno “dipendenti dai dati”. Le revisioni al ribasso sia del PIL che dell’IPC (Indice dei Prezzi al Consumo) per il 2014 potrebbero segnalare un rinvio della riduzione degli acquisti di attivi fino all’inizio del 2014 almeno, anche se il migliore profilo atteso della disoccupazione probabilmente lascia anche dicembre tra le date possibili.

Bernanke ha altresì enfatizzato la maggiore rilevanza, a parere del FOMC, delle indicazioni prospettiche sui tassi d’interesse rispetto agli acquisti di titoli nell’esercitare i desiderati effetti espansivi. In un certo senso sembra che la Fed voglia minimizzare l’importanza del QE tra gli strumenti a sua disposizione, attirando l’attenzione dei mercati sul fatto che i tassi di riferimento rimarranno stabili all’attuale livello eccezionalmente basso ancora per un periodo di tempo molto lungo. Secondo le proiezioni dei membri del FOMC, il primo rialzo del tasso sui Fed fund potrebbe arrivare non prima del 2015. Inoltre, Bernanke ha ribadito che quando la Fed inizierà ad alzare i tassi, la correzione sarà molto graduale, a indicazione che l’attuale profilo dei tassi a breve implicito nei contratti future potrebbe essere troppo aggressivo.

Un altro elemento interessante emerso durante la conferenza stampa è che il prossimo Presidente della Fed potrebbe essere lo stesso Bernanke: alla domanda sui suoi progetti per il futuro, ha evitato di rispondere dicendo che “prevede di poter essere più preciso a breve”. In certa misura, l’avvio dell’uscita dal QE potrebbe essere gestito più attentamente dall’uomo che più di chiunque altro ne ha sostenuta la necessità.

Sulla scia della sorpresa di questo orientamento più espansivo del previsto, azioni, obbligazioni e materie prime hanno messo a segno un rally: l’S&P500 ha raggiunto un nuovo massimo storico, i rendimenti obbligazionari sono calati di quasi 14pb nel giorno della notizia e i prezzi dell’oro sono saliti, mentre il dollaro statunitense ha perso ulteriore terreno contro l’euro, la sterlina e la maggior parte delle valute dei mercati emergenti.

Tali dinamiche sono simmetriche a quanto registrato la scorsa primavera ai primi accenni di una possibile uscita dal QE e, dato che il messaggio della Fed è chiaramente più espansivo di prima, potrebbero proseguire nelle prossime settimane. L’impatto più ambiguo resta a nostro avviso quello sui rendimenti dei Treasury: al di là della correzione delle aspettative seguita alla comunicazione della Fed, resta il fatto che l’uscita dal QE dovrebbe comunque iniziare in un futuro non troppo distante, se i dati economici aumenteranno come previsto dal FOMC.

Le sue nuove previsioni del PIL implicano uno scenario di crescita media annualizzata del 3% circa su base trimestrale nei prossimi sei trimestri, un ritmo che non sarebbe in contrasto con un progressivo incremento del livello dei rendimenti dei Treasury lungo l’intera struttura delle scadenze.

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