Cerca e trova immobili

ATTUALITÀPil USA, nuovi dati, medesima situazione

06.08.13 - 08:36
Le revisioni statistiche hanno sostanzialmente corretto al rialzo la stima del PIL americano
None
Pil USA, nuovi dati, medesima situazione
Le revisioni statistiche hanno sostanzialmente corretto al rialzo la stima del PIL americano

Settimana scorsa ha portato revisioni alle statistiche di lungo termine sulla crescita economica USA, oltre a dati molto attesi per il mercato del lavoro (a luglio). Nel complesso i dati non hanno cambiato lo scenario di una ripresa economica fragile e sub-standard, soprattutto se si tiene conto dell’enorme stimolo di politica economica (non scevro da rischi per il futuro) somministrato da governo e banca centrale.

Le revisioni statistiche hanno sostanzialmente corretto al rialzo la stima del PIL americano, per circa USD 550 mld nel 2012, ad un livello di USD 16.600 mld. Tale revisione risulta dalla cumulata di modifiche ai dati degli anni precedenti, principalmente per tener conto di extra valore aggiunto che sarebbe stato creato (precedentemente non misurato) dai cosiddetti “intellectual property rights”. In termini pratici, trattasi di valore aggiunto creato dalla spesa in R&D e dalla produzione di opere artistiche “di mercato” quali i film. Conseguenza sulle statistiche della crescita del PIL reale è che quella media sul periodo 2007-12 è stata aumentata, da 0.6% a 0.8% (grazie ad un “upgrade” del dato per il 2012 – vedi grafico). Mentre il tasso di crescita medio dal 1959 al 2007 è sostanzialmente invariato, quello che si riferisce al lungo termine (1929 – 2012) è stato rivisto dal 3.2% al 3.3%. Questo dato di lungo termine (3.3%) potrebbe essere interpretato come quello di crescita potenziale che il governo vorrebbe aggiungere. Invece, la realtà recente è che, dalla fine della Grande Recessione ad oggi, la crescita trimestrale annualizzata rimane ad un basso 2.2%. Di più, col T2:2013 stimato in crescita a 1.7%, abbiamo che il tasso medio sugli ultimi tre trimestri risulta di solo l’1%.

 

Questa realtà fa capire come mai non condividiamo i (precedenti) timori di mercato su una “exit strategy” ravvicinata da parte della FED, ma piuttosto che il regime di denaro facile (“easy money”) rimarrà in essere per molto tempo, data la debolezza strutturale dell’economia USA. Incidentalmente, per gli investitori ciò significa che il mercato azionario (USA) probabilmente continuerà, pur non senza correzioni periodiche, a “performare” meglio di quanto siffatta anemica crescita anemica normalmente (cioè, senza “quantitative easing”) giustificherebbe. È notevole, infatti, che l’azionario USA ormai viaggi al ritmo di +20% da inizio anno…

 

Tornando ai dati sul PIL, si evince come l’ultimo decennio abbia marcato un cambiamento strutturale nello standard di crescita economica - la cosiddetta “new normal”. Ciò riflette la grande recessione 2008-09 e l’anemica ripresa che le è succeduta. Negli anni 1980, la crescita economica post-recessione si attestava su una media del 5% annualizzato, a confronto con il 2.2% dopo l’ultima recessione. Probabilmente, causa maggiore di tale sotto-performance in uscita di recessione è stata il cumulativo aumento delle tasse somministrato dall’amministrazione Obama. Non solo, anche l’incertezza imperante sul futuro regime fiscale (reso “drammatico” dall’enorme aumento di spesa, deficit e debito post 2007) ha indotto un congelamento della spesa per investimenti (non residenziali) da metà 2012 – causa timori sul “fiscal cliff” e successivo “sequester” – timori prolungati dalle incertezze su come il governo gestirà l’approssimarsi del nuovo limite al debito federale.

 

I dubbi sulla crescita economica USA sono stati confermati venerdì dai dati sul mercato del lavoro e i bilanci famigliari. Non solo la crescita dei posti di lavoro ha deluso le attese e continua a essere concentrata in settori che pagano poco e rilasciano contratti a tempo determinato, ma il dato effettivo sui salari orari ha visto un inatteso calo su base mensile (aumento a/a di solo l’1.9%). Anche la crescita del reddito famigliare disponibile a giugno ha deluso le attese, mentre il dato di maggio è stato rivisto al ribasso. Tutto ciò significa che i redditi reali continuano a crescere in modo insufficiente a garantire crescita reale del consumo oltre il 2%. Se tale variabile per ora non viaggia l’1% grazie ad un contestuale calo nella propensione al risparmio. Ma ciò non può durare per molto visto che tale propensione è già vicina allo zero, e che la valvola di sicurezza (per il consumo) costituita dal credito bancario rimane “no-go area” per molti consumatori americani.

Per avere informazioni sempre aggiornate sui mercati finanziari clicca qui per iscriverti alla nostra Newsletter settimanale.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE