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ATTUALITÀ"Abe-nomics": al test

09.07.13 - 12:15
La nuova filosofia di politica economica che tende a portare il Giappone fuori dalle secche di 15 anni di deflazione e crescita economica insoddisfacente
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"Abe-nomics": al test
La nuova filosofia di politica economica che tende a portare il Giappone fuori dalle secche di 15 anni di deflazione e crescita economica insoddisfacente

L’autunno scorso ha visto il lancio della cosiddetta “Abe-nomics”: una nuova filosofia di politica economica che tende a portare il Giappone fuori dalle secche di 15 anni di deflazione e crescita economica insoddisfacente. Per oltre sei mesi, ormai, il PM giapponese ha cavalcato l’onda della reflazione fiscale e, soprattutto, monetaria. I mercati hanno risposto in modo “entusiastico” – la borsa avendo guadagnato circa il 40% mentre lo yen si è deprezzato di circa il 20% a beneficio della competitività dell’export. Moneta facile e spinta fiscale hanno rappresentato le prime due frecce all’arco di Abe. Ormai però il mercato attende che il PM scocchi la terza freccia, quella delle riforme strutturali - in mancanza della quale l’esperimento di politica nipponico rischia di rivelarsi un boomerang. Il giorno della terza freccia dovrebbe arrivare in concomitanza con le elezioni del 21 luglio, la cui posta in gioco è il controllo della camera alta del parlamento - laddove LDP (partito di Abe) già controlla quella bassa.

 

Che il risultato elettorale sarà probabilmente a favore di Abe è suggerito dai suoi “approval rates” a circa il 60%, mentre il partito LDP dovrebbe raccogliere almeno il 40% del voto popolare. (Il “popolo” non è insensibile al forte aumento delle quotazioni di borsa...) Per Abe, ottenere la maggioranza in entrambe le camere parlamentari significherebbe stabilizzare l’outlook politico. Infatti, il Giappone ha sofferto un decennio di governi deboli e inconcludenti a causa della frammentazione parlamentare. Una sua vittoria il 21 luglio in pratica significherebbe che Abe dovrebbe rimanere PM per almeno tre anni. L’’ultima volta che il Giappone ebbe una siile esperienza fu col governo Koizumi (all’epoca leader del partito di Abe), iniziato nel 2001.

 

Nonostante Koizumi sia noto in Giappone per avere la “fissa” di cambiare la carta costituzionale in senso meno “pacifista”, crediamo che il periodo post elettorale lo vedrà molto impegnato nella missione economica, piuttosto che in “distrazioni” di politica estera che sembrano meno urgenti. Ciò vuol dire che, nel giro di poche settimane il governo Abe dovrebbe scoccare la terza freccia, quella delle riforme strutturali, dopo che la “preview” rilasciata un mese fa non ha fatto breccia tra gli investitori. In sintesi macro, le cose principali che ad Abe chiedono gli investitori (anche internazionali) sono:

 

• riduzione dell’onere fiscale per le imprese

• deregulation del mercato del lavoro

• riduzione dei sussidi all’agricoltura

 

Va notato però come il compito di Abe, che pur crede in queste iniziative, sarà difficile in quanto tali obiettivi vanno contro gli interessi di importanti lobbies del partito LDP. Inoltre vediamo l’ulteriore grattacapo, per Abe, di dover decidere circa il varo della famosa tassa sul consumo, pianificata per l’anno 2014 da parte dell’amministrazione precedente. Sia quel che sia, qualcosa oltre lo stimolo monetario va fatto, altrimenti il governo sarebbe politicamente vulnerabile alla critica dell’opposizione, secondo la quale Abenomics altro non sarebbe che un gran favore alla speculazione finanziaria.

 

Il mercato nipponico ci pare a rischio di vendite subito dopo il voto, principalmente perché sarà forte la tentazione di adottare la classica tattica del “buy the rumour, sell the fact”. Ciò a maggior ragione se il governo dilazionerà i tempi per le riforme strutturali, siccome il marcato aumento già avutosi nei tassi d’interesse a lunga è dannoso alle “valuations” azionarie, oltre che essere potenziale problema per un paese che, a fronte di una ormai ridotta propensione al risparmio, fronteggia un enorme debito pubblico pari a 245% (lordo) del PIL. Quindi, lungi dall’essere uno sterile mantra, le riforme strutturali sono necessarie per evitare che l’esperimento di Abe si riduca a un “boomlet” inflazionistico che porrebbe a forte rischio JGBs e tasso di cambio, senza alla fine lasciare benefici tangibili all’economia e al mercato azionario. In altre parole, il rischio sarebbe quello di derubricare il tutto a una parentesi di “illusione monetaria”.

 

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