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ATTUALITÀIl Codice Bernanke

25.06.13 - 10:57
I banchieri centrali rischiano di diventare prigionieri della loro retorica
foto keystone
Il Codice Bernanke
I banchieri centrali rischiano di diventare prigionieri della loro retorica

 

 

 

A furia di adottare una prosa circonvoluta (tapering, conundrum) i banchieri centrali rischiano di diventare prigionieri della loro retorica. Il rischio si è concretizzato in settimana quando Ben Bernanke e la Fed hanno dovuto, a seguito del meeting FOMC (Federal Open Market Committee) dai noti effetti sui mercati, affrettarsi a riqualificare le loro conclusioni circa “tapering”, outlook economico e andamento futuro dei tassi di interesse. Oggetto del contendere è la condotta della politica monetaria (USA), i sui riflessi sui tassi d’interesse a lunga e, quindi, su una pletora di attività finanziarie.

 

Dopo aver toccato il minimo di 1.38%, circa 11 mesi fa, il rendimento decennale sul Treasury è aumentato significativamente soprattutto in tempi recenti. Da fine 2012, detto rendimento è salito di 65 pb, 80 pb dal minimo relativo del 2 maggio è di circa 30 pb settimana scorsa. Pare chiaro che tali aumenti, soprattutto i più recenti, siano imputabili a timori per un diminuito QE (Quantitative Easing) da parte della Fed - se non addirittura una vera e propria “exit strategy”. Deprimendo i corsi dei bond e facendone aumentare il tasso di rendimento, via “valuation models” si indeboliscono quasi tutte le attività finanziarie, eccezion fatta per il cash. Stando alla Bloomberg, i mercati oggi prevedono (temono) che la Fed riduca i propri acquisti di bond a USD 65 p.m. da settembre, e che la facciano finita col QE entro giugno 2014.

 

Impazza il dibattito se tali previsioni siano “razionali” oppure eccessive - con Bernanke and co. in affanno a convincerci dell’ipotesi di irrazionalità”. Il che si baserebbe su due elementi: (i) “tapering” non necessariamente implica un aumento del tasso di interesse guida (il “Fed fund rate”), (ii) l’andamento del rendimento decennale dipende molto più dallo stock di debito (detenuto dalla Fed) che dai flussi di acquisto-vendita (della stessa). Il primo fattore ci sembra “debole”, o meglio - scarsamente applicabile. Ciò perché, dai tempi del famoso “conunudrum” di Alan Greenspan (2005), la ricerca economica della stessa Fed ha mostrato che, dagli anni ’80 in poi, il legame causale dal “fund rate” al rendimento decennale è evaporato (vedasi Thornton, 2012). Il secondo fattore è invece più pregnante; infatti, un paper dello stesso Bernanke (Marzo scorso) mostra come e perché il notevole calo dei rendimenti, tra 2008 e 2011, sia ascrivibile principalmente a cali nel “bond risk premium” (BRP) - ergo agli acquisti della Fed che ha così ridotto lo stock fluttuante di bond sul mercato.

 

Ci pare quindi poco corretto liquidare i recenti aumenti dei tassi a lunga sulla base del fatto che (irrazionalità) sconterebbero aumenti irrealistici nel tasso d’interesse guida. Le recenti impennate nel rendimento, secondo noi, sono ascrivibili a un iniziale aumento nel BRP. Tale risk premium - in aumento - rifletterebbe tre fattori:

 

• Degli acquisti di bond ridotti da parte della Fed (per non dire vendite) implicano che lo stato avrà maggior difficoltà a vendere Treasuries, per finanziare il deficit, a prezzi / rendimenti immutati – l’associato rischio di default sarebbe in aumento.

• L’inflazione sarà meno facile da prevedere, dato che si parte da un livello quasi deflazionistico mentre la Fed prevede un’accelerazione dell’economia (nominale) - proprio per questo il QE andrebbe ridotto.

• I rischi associati a possibili default (“break up”) nell’UEM sono in calo, e questo implica una ridotta domanda per “safe haven bond” (non siamo totalmente d’accordo sulla premessa, ma il mercato la pensa diversamente).

 

Last but not least, il citato paper di Bernanke enfatizza il ruolo assunto dal QE nel ridurre i tassi d’interesse a lunga tra il 2008 e il 2011. A fortiori, quindi, il presidente Fed prospetta come un’eventuale “exit strategy” (anche solo via “tapering”) implicherebbe un aumento progressivo nel tasso di rendimento sul Treasury decennale. Un aumento di quanto?... La risposta di Ben, modelli alla mano, punta fino a circa il 4-5%, entro il 2017. Al momento siamo ancora solo al 2.4% ma, si sa, i mercati tendono ad “anticipare”; per questo i prezzi (rendimenti di mercato) tendono, in fasi di aggiustamento, ad eccedere eventuali livelli di “equilibrio”.

 

Messaggio poco gradevole? All’apparenza sì, a meno che non si contempli (come noi facciamo) che l’economia USA nel resto del 2013 risulti più debole di quanto prevedono Fed e mercati. In tal caso la fretta di “tapering / exit strategy” si raffredderebbe, e il rendimento decennale potrebbe stabilizzarsi, se non calare di nuovo. Tuttavia, lo scenario di cui sopra sarebbe solo rinviato...

 

 

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