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28.05.13 - 11:12
Il mercato azionario globale sta "performando" ben oltre le attese
Foto Ti Press
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Il mercato azionario globale sta "performando" ben oltre le attese

Il mercato azionario globale sta “performando” ben oltre le attese e, nel caso giapponese, in modo spettacolare. Da inizio anno, l’indice di borsa mondale (MSCI world) è aumentato del 13%, e del 30% dal minimo relativo del 4 giugno 2012. Ciò detto, la forte ascesa si è concentrata su alcune piazze geografiche (Giappone, CH, USA), perlopiù tra i settori difensivi. Non dovrebbe sembrare controverso ritenere che tale recente performance sia “insostenibile” - essa ben supera gli standard storici e quanto prevede la “teoria economica”.

Tuttavia, ci siamo trovati in situazioni simili nel recente passato, ad esempio tra marzo 2009 e aprile 2010, quando le azioni continuarono a guadagnare (per un totale di quasi l’80%) a dispetto dei fondamentali economici sottostanti. Esse continuavano a crescere in valore nonostante i vari modelli suggerissero che erano “costose” – come costose appaiono oggigiorno (secondo i nostri barometri, sia micro che macro). È ormai abbastanza noto e accettato che, allora come probabilmente oggi, il fattore “trigger” (scatenante) che permette uno scollamento prolungato del mercato dai fondamentali è l’enorme liquidità (QE – Quantitative Easing) che la Fed, e altre banche centrali, immettono sui mercati. Il primo grafico evidenzia l’associazione temporale tra “iniezioni monetarie” e la successiva performance di borsa. Vediamo di descrivere “l’idraulica” di questo scenario.

 

In sintesi, la banca centrale accelera notevolmente (al fine di stimolare l’economia) la creazione di base monetaria, via la concessione di riserve bancarie (bank reserves) alle banche commerciali (la Fed lo fa tramite acquisti ingenti di titoli sul mercato, la BCE prevalentemente tramite ingenti prestiti bancari a scadenza insolitamente lunga). Fintanto che, come è accaduto sinora, tali “bank reserves” sono depositate dalle banche stesse presso la Fed, non si ha creazione di moneta vera e propria, ma semplicemente una creazione di base monetaria. La distinzione è cruciale, in quanto la moneta è ben più inflazionistica. Il passaggio alla moneta non avviene fino a che le banche commerciali non trasformano le enormi “bank reserves” in credito/depositi (il che non avviene per motivi su cui non ci dilunghiamo). Di conseguenza, l’effetto delle iniezioni monetarie rimane perlopiù confinato ai mercati finanziari: direttamente tramite l’investimento in titoli di mercato di parte della liquidità a beneficio delle banche, e indirettamente tramite le divisioni di “brokerage” delle banche stesse, che permettono maggior “leva” ai loro clienti trader e fund manager. Questo, si noti, avviene su scala globale dato che sono parecchie le banche centrali che oggi praticano il QE.

 

La domanda cruciale per gli investitori (istituzionali e non) è: fino a quando tale stato di cose può durare? Ovviamente più si crede in tale scenario, più si è incentivati a mantenere quote azionarie significative in portafoglio. Innanzi tutto, notiamo che quanto è accaduto nelle borse, supporta il vecchio adagio “never fight the Fed”, il che induce a non essere troppo dogmatici in tale regime monetario, nell’analizzare e valutare le azioni usando strumenti tradizionali. Ciò detto, molti temono che la Fed possa ridurre le proprie iniezioni monetarie abbastanza presto, anche quest’estate, con conseguenze negative per le borse (per quel che vale noi, essendo non troppo ottimisti sulla crescita economica USA, riteniamo che il QE sarà mantenuto abbastanza a lungo). Infine però, notiamo che non solo le azioni sono costose secondo “valuation tools” tradizionali, ma lo sono anche rispetto alla dose di stimolo monetario attualmente somministrato (vedi secondo grafico). In definitiva, abbiamo una situazione purtroppo non chiara – che fare, quindi?

 

A noi pare che, memori dell’esperienza 2009-10, sia troppo rischioso andare apertamente “contro” il mercato, ma altrettanto temiamo il mantenere posizioni “lunghe” che sarebbero difficili da smobilitare velocemente. Un compromesso accettabile potrebbe essere il mantenere posizioni azionarie a benchmark, ma concentrate su quei paesi e settori che hanno sinora trainato questo mercato “liquidity-driven”. In aggiunta, chi dovesse condividere il nostro scetticismo sul valore “oggettivo” odierno del mercato, potrebbe esplorarne il lato “corto” tramite tattiche opzionali.

 

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