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ATTUALITÀLa carente crescita americana

23.04.13 - 10:20
"La crescita americana recente è insoddisfacente"
Foto Keystone
La carente crescita americana
"La crescita americana recente è insoddisfacente"

“Beauty lies in the eyes of the beholder”… Il dibattito sulla crescita economica, considerata più o meno soddisfacente, è una questione abbastanza soggettiva. Dal punto di vista dell’investitore invece, dove la situazione resta meno ambigua, pensiamo che la crescita americana recente/prospettica sia insoddisfacente, e questo essenzialmente per due motivi.

Il primo motivo riguarda il pagamento di un prezzo molto alto in termini di politiche economiche sbilanciate (troppa moneta, troppo debito), in rapporto alla crescita che si sta raccogliendo. Secondariamente, in seguito a un 2012 anemico contrastato da un T12013 “scoppiettante”, la crescita economica dovrebbe tornare ben sotto il potenziale, rappresentando quindi un fattore negativo per gli utili societari.

 

Nel 2012 l’economia USA è cresciuta del 2.2%, chiudendo però con crescita “zero” (0.4% annualizzato) nel T4. Per il 2013 il consensus si attende una crescita del 2%; in particolare ad almeno del 3% nel T1. In media la crescita economica tra il T4:12 ed il T1:13 dovrebbe quindi risultare ad un basso 1.7%. La “forte” crescita attesa per il T1 si è realizzata unicamente tra gennaio e febbraio, grazie ad effetti ricchezza sui mercati finanziari ma soprattutto, al fatto che (per motivi di ottimizzazione fiscale) si è verificato un balzo nel reddito famigliare disponibile tra novembre e dicembre. Un balzo poi compensato che ha funto da inatteso “bonus” natalizio per tante famiglie.

 

I motivi per i quali ci attendiamo una crescita bassa nel resto dell’anno sono i seguenti:

 

• La restrizione fiscale, variamente definita, che tra “sequester” ed altro potrebbe togliere l’1.5 pp al PIL reale.

• La (quasi) recessione nella domanda estera: da UEM (Unione Economica e Monetaria Europea) al Giappone, senza dimenticare l’America Latina ed altre aree emergenti.

• L’eccesso permanente di capacità produttiva (GDP gap negativo) che disincentiva la spesa aziendale in capitale fisso, e quindi anche in forza lavoro.

 

A fronte di tutto ciò abbiamo dei fattori esogeni a supporto – anche se oramai marginali - tramite la politica monetaria estremamente benevola (tassi d’interesse a zero, forte liquidità e dollaro competitivo). Di ciò sembrano però beneficiare soprattutto alcuni mercati: azionario, obbligazionario “corporate”, immobiliare.

 

Il mese di marzo, come detto, ha evidenziato un ridimensionamento nei dati sulla crescita. Più in particolare un rapporto debole sulla domanda di lavoro, un calo marcato nella fiducia dei consumatori, dei sondaggi produttivi non entusiasmanti e, soprattutto, delle deboli vendite al dettaglio. Queste ultime riflettono largamente un trend debole nei redditi personali disponibili – un trend che potrebbe peggiorare a causa dell’imminente stretta fiscale.

 

Le vendite al dettaglio sono calate dello 0.4% a marzo, il dato più debole degli ultimi 10 mesi. Inoltre, l’evidenza di debolezze relative alle spese per ristorazione (utile “leading indicator”) lascia presagire una debolezza nei consumi anche per i prossimi mesi. In termini reali, a marzo questa voce di consumo è cresciuta del 2% a/a reale, 4% nominale. Tale soglia del 4% è importante in quanto in passato ha rappresentato la soglia minima, sotto la quale l’economia poi andava in recessione. Inoltre, la National Restaurants’ Associoation produce un indice composito che è caduto dell’1.4% a febbraio, al livello più basso da inizio 2010. Infine, febbraio risulta il sesto mese consecutivo in cui l’indice è rimasto sotto quota-100, altro indizio recessivo per il settore. Non dovrebbe, quindi, sorprendere che la fiducia dei consumatori (indice Michigan) sia notevolmente calata tra febbraio e marzo.

 

In definitiva, però, il fattore di breve termine più preoccupante per la spesa di consumo è che il reddito netto famigliare disponibile stia, al momento, crescendo ad un tasso reale di solo lo 0.7% a/a (media a due mesi, tra gennaio e febbraio); questo é un valore normalmente associabile a situazioni quasi recessive, per quanto riguarda la spesa per consumi.

 

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