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ATTUALITÀUSA, timori da "QE accorciato"...Ma l'economia?

25.02.13 - 17:37
Borse e materie prime sono state turbate da news sulle opinioni in seno alla Fed
Foto Ti-Press
USA, timori da "QE accorciato"...Ma l'economia?
Borse e materie prime sono state turbate da news sulle opinioni in seno alla Fed

Settimana scorsa, borse e materie prime sono state turbate da news sulle opinioni in seno alla Fed circa il QE (quantitative easing). In breve, le minute dell’ultimo FOMC meeting hanno rivelato un tono inaspettatamente critico, da parte di alcuni membri, riguardo la “conventional wisdom” a supporto di tasso d’interesse a zero fino al 2015 e operazioni di QE molto sostenute sia in termini di importi (acquisti di titoli, espansione della liquidità) che di dimensione temporale. Siccome molti ritengono, non a torto, che un’importante determinante del recente rally di mercato sia il tono ultra espansivo della politica monetaria USA, ogni news che tenda a ridimensionare quel fattore ha il potere di indebolire borse, materie prime, e il cambio EUR/USD causa aumento dell’avversione globale al rischio.

Prima di analizzare la credibilità di tale interpretazione di mercato, vale la pena di capire cosa stia dietro eventuali perplessità / timori in seno alla Fed circa la postura di politica monetaria. Qualcuno ritiene, forse a ragione, che i timori principali da parte dei “falchi” nell’FOMC riflettono il potenziale inflazionistico (nuove bolle speculative) insito in una prolungata e forte espansione della liquidità (bancaria). Tuttavia, tali timori non sono certamente condivisi da Bernanke che, ad inizio febbraio avrebbe fermamente rigettato, ad un meeting con investitori, timori di future bolle. Tale posizione è facilmente difendibile sul breve e medio termine, grazie alla persistenza di un grosso GDP gap (domanda inferiore all’offerta potenziale), all’anemica crescita dei costi del lavoro e a evidenza di vario tipo a favore di aspettative inflazionistiche ancora basse e stabili. Inoltre, i dati sull’inflazione al consumo permangono da tempo sotto il 2%.

 

Ma vi sono probabilmente altri elementi che preoccupano i “falchi” della Fed – timori che sono stati acuiti dal recente aumento di circa 40 pb nel rendimento sui Treasuries. Infatti, visto che la banca centrale ha “in pancia” USD 2,6 trn di titoli a reddito fisso, aumenti anche di frazioni di punto nel rendimento dei Treasuries (MBS) potrebbero causare forti perdite. Fortunatamente, questo problema non si è verificato nel 2012 quando, grazie al calo dei rendimenti (aumenti dei prezzi) dei bond tra la prima e la seconda parte dell’anno, la Fed ha registrato profitti per circa USD 89 bn (quasi il doppio della Apple...). Tuttavia, economisti Fed hanno calcolato che, se il QE continuerà come pare per tutto il 2013, l’ulteriore accumulo di (rischio) bond trascinerà il bilancio della Fed in acque pericolose - la probabilità di perdite pesanti tra il 2015 e 2019 diventerebbe molto elevata. Tra l’altro questo scenario è giusto una base-line, sulla base di previsioni di mercato ed interne alla Fed circa crescita economica e tassi di interesse, previsioni benigne e compatibili con tassi a breve ancorati a zero sino a tutto il 2014.

 

Anche se una (benvenuta) variazione legislativa del 2011 fa sì che oggi la Fed possa differire perdite di bilancio sottraendole dai profitti “futuri attesi”, evitando quindi che la banca centrale debba essere immediatamente rifinanziata dal Tesoro, eventuali perdite causerebbero comunque grossi problemi immediati:

 

• Consapevolezza da parte della comunità internazionale che la banca centrale USA è in pesante deficit potrebbe causare una fuga dal dollaro, con conseguenze nefaste in termini di inflazione e perdite (ulteriori) sui mercati del reddito fisso.

• Il bilancio federale USA soffrirebbe in quanto verrebbero a mancare profitti annui della Fed (attualmente scontati nei piani a 10 anni), il che creerebbe quindi un “buco contabile” con conseguente pressione su (tagli delle) spese e (aumenti delle) tasse.

• La (già scarsa) indipendenza della Fed dalla sfera politica sarebbe a rischio ulteriore, in quanto il Tesoro, in quello scenario, eserciterebbe pressioni a che la Fed prolunghi ulteriormente la creazione di moneta per contrastare l’innalzamento nei tassi d’interesse a lunga, ergo nel costo del debito statale.

 

Quindi, si rischia di avere una “catch 22 situation”: la Fed continua QE per stimolare l’economia, la cui reazione continua a tardare, ma sempre più la Fed si troverà ad un tempo a sperare che l’economia stessa non acceleri “troppo”, onde evitare di scivolare nello scenario appena descritto. Per il momento, nostra impressione è che l’economa reale dia effettivamente tale “aiuto” alla Fed. La velocità di crociera del PIL reale USA è attualmente non oltre l’1% (media tra T4 e T1 - atteso dal consensus), e vari indicatori oltre alla latente restrizione fiscale, non fanno presagire una netta accelerazione economica per i prossimi mesi.

 

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