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TICINOLa politica ticinese ed il bisogno di un movimento scardinante

15.10.12 - 13:30
Breve analisi della situazione politica del nostro Cantone
Tipress
La politica ticinese ed il bisogno di un movimento scardinante
Breve analisi della situazione politica del nostro Cantone

Ah, gli anni ‘90! Che décade, tutto si avviava verso il declino ma si stava ancora bene. Internet era lì lì per piombarci in testa –con i suoi frutti pieni di opportunità– e il sistema sociale reggeva tassi di disoccupazione anche più alti di quelli odierni. Quel decennio comincia ad essere così lontano che i suoi simboli di riferimento iniziano ad avere un sapore vintage. Ma di sicuro non scrivo per parlarvi delle forme estetiche che a volte ritornano, questo scritto vuole analizzare la fase attuale della politica ticinese, partendo da quei giorni.

All’inizio dell’ultima décade del secondo millennio, la situazione era la seguente: dei grossi/grassi partiti storici si dividevano il potere. Nei Comuni, e nel Cantone, il gioco democratico proseguiva allegramente e con un copione statico: ogni schieramento stava arroccato nei propri insediamenti, ognuno si guardava bene dall’attaccare gli avversari, così da non essere attaccato. Ma poi si presentò un temerario dai capelli lunghi, un qualcuno a cui doveva di sicuro esser successo un qualcosa di grosso. Io non so da cosa venne tutta la sua carica incontenibile. Forse non l’avevan fatto partecipare al gioco democratico come voleva lui o forse era veramente spinto da degli ideali e voleva spazzar via quella casta di politici volutamente statici. E, per un motivo o per l’altro, Giuliano Bignasca piombò nelle nostre vite, con il suo fare dirompente, il suo settimanale urlante ed un partito "vicino alla gente".

Ogni domenica ci stupivamo nel leggere che, un po’ come nell’Italia alla quale guardavamo con ribrezzo durante tangentopoli, una casta di politici molto distante dal popolo e dai problemi reali, manteneva saldamente il potere tramite un semplice meccanismo: ogni partito aveva le sue aree di interesse nella difficile gestione del bene comune e diversi adepti di partito ricevevano benefici in cambio di un amore fedele e duraturo. Così passarono gli anni, e le penne dei leghisti ci informavano di persone che, in cambio di voti o sostegno al partito, ricevevano posti di lavoro, carriere facili, naturalizzazioni o, per i più fortunati, dei golosissimi appalti pubblici. Insomma, piano piano, in molti cominciarono a credere che, anche i ticinesi, erano vittime di una classe politica che manteneva il potere grazie ad un costante scambio di favori. Favori che generavano inefficienza, sprechi di denaro pubblico ed un Cantone che marciava sul posto per la mancanza di attenzioni alla politica reale.

Agli esordi del movimento furono in pochi a crederci, anche perché tutto funzionava ancora a meraviglia. E poi, anche chi non godeva del tornaconto dell’affiliazione ad un partito, vantava comunque un buon tenore di vita (anche grazie ad un sistema sociale di alto livello). Quindi, riassumendo, la situazione era la seguente: una partitocrazia ben oliata con molti adepti iscritti per interessi personali, un numero –in pesante diminuzione– di persone associate ad un partito per fedeltà verso un ideale ed, infine, un numero –sempre più crescente– di persone completamente distaccate dalla politica. Politica che aveva preso le sembianze di un mondo a sé stante, un pianeta inarrivabile.

Ma poi, ahimè, sono arrivati i tempi delle mosse neoliberiste, utilizzate anche per arginare i primi segnali di cedimento di un sistema economico insostenibile sul lungo periodo. Quelle scellerate mosse (rivelatesi in gran parte fallimentari), unite agli sprechi monetari e temporali causati dal triste accumular voti in cambio di favori... hanno spinto i nostri governanti a smantellare il sistema sociale, a non tutelare i lavoratori e a fregarsene dei drammi delle nuove generazioni, compromettendo il sogno di un Cantone dove tutti hanno quel minimo che basta per vivere decentemente. Ed è lì che i nostri politici si dimostrarono miopi. Poiché non si accorsero che, una società equilibrata, era il pilastro che permetteva loro di fare i propri comodi indisturbati, con il plauso di una popolazione troppo impegnata a far d’altro per monitorare il loro operato con attenzione.

Con il passare degli anni, la gente, spinta dalla rabbia e da un disagio sempre più pressante e palpabile, si è messa ad urlare: "Il Nano aveva ragione!". Ed una volta che le cose hanno cominciato ad andare ancora più male, c’è stato uno spontaneo riattaccarsi all’arte di governare la società e furono in tanti a rinnamorarsi della politica di colpo. Ed è normale che siano stati attratti da quel partito che denunciava il malandare. Un movimento incazzato, mai noioso e non elitario. E tutto il resto è storia dei giorni nostri. La Lega dei Ticinesi è il partito più importante del nostro Cantone, un movimento che voleva entrare nel sistema per abbattere il sistema. Però la Lega ha iniziato il suo inesorabile declino proprio all’apice del suo successo. Dimostrandosi come un ottimo elefante da sfondamento che, dopo aver sbriciolato il portone ed esser entrato a palazzo, non ha l’abilità/capacità di muoversi fra le diverse stanze. E, a mio avviso, ci troviamo in una situazione ancora più statica ed ai limiti del ridicolo. Dove due fronti hanno in mano il destino di un Cantone intero.

Da un lato abbiamo l’enorme Lega dei Ticinesi, forte più che mai ma senza le capacità/volontà di prendere in mano una Regione sull’orlo di una crisi di nervi. Il fatto che i due Consiglieri di Stato leghisti siano tutto tranne che leghisti o il non aver avuto il coraggio di prendere in mano il Dipartimento delle Finanze e dell’Economia –è proprio dall’alto di quella cattedra che si potrebbe veramente fare una "politica vicina alla gente"–, sono solo due esempi degli svariati paradossi del movimento di Bignasca. Un movimento che non è in grado di portare quel vento di cambiamento di cui abbiamo bisogno, se vogliamo sopravvivere al decadimento dell’Europa (e del sistema capitalistico).

E dall’altro lato, ci sono i partiti storici che non fanno altro che piagnucolare, impuntandosi sui metodi dell’avversario ed utilizzando una morale becera a contorta –avvantaggiando il loro nemico!–. E così si è creato un inutile movimento anti-leghista che, in molti casi, è fomentato da persone arrabbiate poiché escluse dal vecchio gioco democratico che amavano tanto. Tutti impegnati a darci lezioni di stile e, mentre attorno va lentamente tutto a ramengo, passano le giornate chiusi nei loro uffici a chiedersi ripetutamente: "Come è possibile che un Nano di due quintali abbia con se quasi un quarto dei votanti?". Quando dovrebbero soltanto capire che il successo di Giuliano Bignasca deriva anche dalla loro mancanza di idee/proposte concrete, e non soltanto dai "colpi bassi" o dalle sparate irrealizzabili.

Credo che sia giunto il momento per un altro movimento scardinante, tipo la Lega degli anni ’90. Ma questa volta dovrà essere un movimento popolare composto da parecchi cittadini pensanti. Sogno una grande fetta di popolo disposta a mettersi in gioco per creare un Ticino migliore e più egualitario. Delle teste in grado di concepire e spingere una rivoluzione culturale dove la politica diventi un interesse mentale; una missione alla quale tanti partecipano, dedicando un po’ del loro tempo alla passione di "far meglio" per un maggior numero di persone. Un movimento che metta nelle posizioni chiave filosofi, economisti, ingegneri, sociologi, lavoratori ed esperti di ogni genere. Un movimento in grado di spazzar via quella politica fittizia, fatta soltanto da squali ed impresari, fatta da gente che agisce solo per il proprio tornaconto.

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