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LOCARNOOrnella Muti: "Cambiare il mondo? Occorre prima cambiare l'essere umano: c'è troppa cattiveria"

05.08.12 - 17:02
Ti Press/ C. Reguzzi
Ornella Muti: "Cambiare il mondo? Occorre prima cambiare l'essere umano: c'è troppa cattiveria"

LOCARNO - Il cielo si incupisce e le nuvole nere scaricano acqua a catinelle. Verrà o non verrà? Alla fine, sotto la pioggia battente, Ornella Muti si concede comunque al pubblico di Locarno. L'attrice italiana, 57 anni, “romana de Roma”, si avvicina al tavolo titubante, su tacchi vertiginosi, evidenziati dal colore verde pistacchio della sue calzature. Fin troppo facile, per il direttore artistico Olivier Père, introdurla come il sole dopo (e durante) la tempesta. L'attrice distilla sorrisi e inizia a raccontarsi.

Ci può parlare del suo debutto di attrice?
“Ho esordito a 14 anni, nel 1969. Damiano Damiani mi aveva voluto per il ruolo nel suo film 'La moglie più bella'. Prima di allora non aveva mai recitato né avevo pensato di fare cinema. Insomma, andavo a scuola, facevo danza, e tutte quelle cose che fanno le ragazzine della mia età”.

Che cosa ricorda di quell'esperienza?
“E' stata un'esperienza molto intensa. Io, in fondo, ero ancora una bambina e il personsaggio che dovevo interpretare era duro, complesso. Quindi Damiano Damiani è stato il mio primo maestro”.

Ben presto sono arrivati alcuni film che l'hanno subito messa in evidenza. Film e soprattutto incontri. Basti pensare al geniale 'Romanzo popolare', diretto da Mario Monicelli e con Ugo Tognazzi come protagonista. Nomi che contano...
“Certamente, era un periodo molto florido per il cinema italiano, che ha lasciato sicuramente una grande impronta. Con Mario Monicelli ho lavorato tre volte e posso sicuramente dire che è stato un grande maestro. Ho però avuto la fortuna professionale di lavorare con registi davvero straordinari, anche perché io non avevo nessuna scuola, essendo stata proiettata nel mondo del cinema quasi per caso. Ho dunque imparato non solo dai registi, ma anche dai grandi attori con cui ho recitato. Tutti loro mi hano dato una mano con grande generosità. Tutti, ma ovviamente ognuno a modo suo”.

Come nasce il nome Ornella Muti, all'anagrafe Francesca Romana Rivelli?
“Mi ricordo che per poter girare questo film, avevo ho chiesto un permesso di due mesi alla scuola per questioni di malattia. Avevo dunque pensato che sarebbe stata una buona idea cambiare nome, convinta com'ero che mai nessuno mi avrebbe riconosciuta. Ma le bugie hanno le gambe corte... In ogni caso a quell'epoca c'era già l'attrice e giornalista Luisa Rivelli e due Rivelli sembravano troppo. Sulle prime mi sarebbe piaciuto conservare il nome Francesca..., ma Damiano Damiani aveva già deciso diversamente”.

Si è subito resa conto dell'avventura che stava vivendo?
“No, mi sembrava tutto un gioco. Accadevano delle cose intorno a me e io le vivevo così, senza pensare troppo. Ma ero molto rispettosa”.

Nella sua carriera ha avuto la capacità di passare attraverso diversi generi: dai film di cassetta, al cinema di autore. Si è mai posta problemi sulla scelta dei film?
Cinema popolare o cinema d'autore? Io non mi sono mai fermata davanti alle etichette. Questa è una domanda che mi fanno sempre. E io rispondo sempre nello stesso modo. Amo il mio lavoro di attrice e quando un personsaggio mi piace, mi tocca, mi commuove o mi diverte, lo faccio, indipendentemente da chi me lo propone: un regista navigato o un esordiente. Un' attrice deve essere pronta a raccogliere le sfide, deve mettersi in gioco e confrontarsi. Io, prima di accettare un ruolo, ragiono spesso da spettatrice. Se da spettatrice  mi interessano tutti i generi, come potrei non esserlo da attrice? Recitare diversi generi mi permette di essere ogni volta qualquno di nuovo, di diverso. Anche una buona commedia può lanciare messaggi forti, importanti, di valore. Insomma il senso non passa solo attraverso le tragedie”.

Uno dei suoi ruoli forti è stata Matilde Scrosati Berlusconi ne 'La stanza del vescovo'. Che cosa ci racconta del rapporto con Piero Chiara?
“Con Piero Chiara ho avuto pochissimi rapporti, perché sono sempre stata una persona timida e riservata. Ho sempre lavorato accompagnando una vita privata molto intensa. Mentre giravo questo film a casa mi aspettava una bambina. Quando finiva il lavoro, per me finiva tutto e io correvo a casa. Niente cene, niente aperitivi. E ho sempre fatto così. Tenuto conto che ho tre figli, la parte mondana alla fine delle riprese, la lasciavo vivere agli altri. La mia famiglia era e continua ad essere importante”.

Dopo 'La ragazza di Trieste' si è lasciata crescere i capelli...
(ride)...”Oh, ma quella era una calotta! Ore e ore di preparazione per far sparire i miei capelli e apparire calva”....

Lei ha recitato anche nell'ultimo film di Woody Allen, ma una piccola parte: va bene lo stesso?
“A un grande regista come Woody Allen non si può dire di no. Mi ha voluto per una piccola parte e mi ha fatto molto piacere. Mi sono divertita. Ho recitato questo piccolo ruolo con grande piacere e sono onorata di averlo fatto”.

Che ricordi ha di John Landis?
“Siamo amici ancora adesso. Lavorare con lui è uno spasso; è un uomo brillante, divertente”.

Quali ruoli le sono più cari?
“Nessuna distinzione. Mi capita spesso di recitare la parte dell'italiana, anche all'estero. Ma quando posso interpretare una donna di un'altra cultura, mi fa molto piacere, perché significa andare verso l'altro, scoprire un'altra visione del mondo. Tutto ciò arricchisce. Più un ruolo mi crea ostacoli, più ho voglia di superarli”.

Sui ruoli lavora più di pancia o di testa?
“Dipende molto dai ruoli. In ogni caso occorre studiare, prepararsi con grande serietà e professionalità. Ma io sono che è sempre il regista ad avere le briglie in mano, per cui sono tranquilla”.

Ci può parlare de 'L'ultima donna', di Marco Ferreri, con cui ha poi girato molti film?
“Questo è un film molto speciale, per molti motivi, a cominciare dal fatto che per me lavorare con Ferreri era stato durissimo, tanto che a metà delle riprese avevamo smesso di parlarci.  Lui era durissimo, continuava a provocarmi, a strattonarmi. Voleva comprendere quali fossero le mie fragilità e i miei limiti. Non seguiva le regole, era irruente. Ma da questa esperienza è poi nato un grande amore professionale”.

Che opinione ha delle fiction televisive?
"Se facessero così schifo, nessuno le guarderebbe. Ma se il pubblico fosse davvero educato al consumo televisivo, non le guarderebbe e cambierebbe canale. Allora parliamo piuttosto di chi le fa e di come le fa. Perché le fiction entrano nelle nostre case sempre, quando facciamo i lavori domestici, cambiamo i pannolini, facciamo l'amore. Al produttore interessa guadagnare. E' il pubblico ad avere nelle mani un grande potere. Ogni tanto nella vita occorre anche prendere posizione!".

Che cosa vorrebbe cambiare su questa Terra?
"(respiro profondo) Prima di cambiare il mondo, bisognerebbe cambiare  l'essere umano: c'è davvero troppa cattiveria"
.
Come fa ad essere sempre così bella?
Molto sacrificio e molto impegno; ginnastica, yoga, meditazione e una dieta molto curata.

Che cosa c'è nel suo futuro?
"Il teatro e il cinema, per il quale ho tre progetti. Vediamo quale dei tre si realizzerà. Chi vivrà vedrà"

 

 

 

 

 

 

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