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INTERVISTATiziano Ferro: "Il mio coming out non ha danneggiato le vendite"

16.05.12 - 10:25
Aspettando Tiziano Ferro a Zurigo. "La Svizzera ha molto da insegnare"
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Tiziano Ferro: "Il mio coming out non ha danneggiato le vendite"
Aspettando Tiziano Ferro a Zurigo. "La Svizzera ha molto da insegnare"

Tiziano Ferro, raccontaci, come sta andando il tuo tour?
"Molto bene. Mi sto divertendo, lo spettacolo va da Dio. Una cosa molto bella è che ho scoperto che il pubblico cambia come cambio io. Vedo crescere le persone insieme a me. Incontro ragazzi che mi seguono da anni e che adesso hanno un figlio o lavorano dopo gli studi. Spesso vivono una vita molto diversa rispetto a prima, esattamente come me. È un bello scambio, un dare e avere che matura nonostante le cose siano diverse. Sul palco queste vibrazioni positivele sento, così come sento le risposte e le reazioni. Questo linguaggio esiste davvero, è  un linguaggio che sta anche alla base dei rapporti di amicizia, amore e parentela".

In febbraio è uscito un altro tuo libro, un diario con lo stesso nome del tuo ultimo album, in cui ritracci il tuo cammino durante un anno molto intensoche segue l’uscita di “30 anni e una chiacchierata con mio papà”. Cosa ti ha spinto a scriverlo?
"Il primo libro l’ho pubblicato perché ero arrivato alla fine di un percorso personale che mi ha portato a fare pace con dei lati di me stesso che mi mettevano in grande difficoltà. Parlo innanzitutto dell’autostima e della sfera sentimentale. La sfera sentimentale è molto più importante di quella sessuale. Se tu non stimi quella parte di te, non la senti libera, non la ami, non riesci ad affrontare tanti ostacoli della vita. Quindi risolvere questo mi ha portato a voler parlare di me. Il secondo libro è arrivato perché dopo l’inizio di quello che è stato un periodo di grandi cambiamenti le persone iniziavano a chiedermi come stavo, cosa stava succedendo. Allora mi sono detto: vi do anche il seguito, così chi lo vuole può leggerlo. È dunque stata un’appendice un po’ giocosa. Racconta dell'ultimo anno e mezzo ed è anche abbastanza divertente".

Com’è cambiata la sua vita dopo il coming out? E discograficamente?
"Ti dovrò deludere, ma discograficamente non è cambiato nulla, è come se non fosse successo niente. Noi pensiamo che un tema tabù in Italia possa invalidare la vita di una persona. Invece non è stato cosi. Gli italiani sono molto più profondi e sensibili di quello che si possa pensare, dunque non è cambiato niente nei miei confronti. Nella mia vita è invece cambiato molto, prima di tutto il mio approccio al mondo. Dopo 8 anni a Londra sono tornato a vivere in Italia perché mi ero ripromesso di continuare questo percorso ricominciando innanzitutto a ricondividente il mio tempo con la famiglia e i miei amici dai quali mi ero isolato. Un percorso di ricerca che segue un lungo periodo di solitudine. Io non la consiglio la solitudine".

Ma a volte, anche la solitudine è necessaria…
"Sì, è vero. Amo la solitudine e avere del tempo per me, però non bisogna cadere nella dipendenza. Io forse ero arrivato all’estremo. A questo punto non si tratta più di indipendenza ma di isolamento forzato. Ho scardinato quel tipo di lucchetti che mi portavano a essere bloccato e lontano. E dopo è cambiato tutto. Vivere in Italia per me significa cambiare tutto il mio stile di vita. In Inghilterra vivevo una vita da non famoso quindi era tutto più semplice e più scorrevole. In Italia le dinamiche sono diverse, però questo mi ha svegliato dalla chiusura. E ho recuperato i rapporti con le persone che avevo tenuto un po’ a distanza perché non mi sentivo comunicativo. La mia vita è sensibilmente migliorata, su questo non ho dubbi".

I media continuano a farti domande sulla tua omosessualità. Questo non inizia a infastidirti?
"No, non mi da fastidio. È sintomo del fatto che in Italia c'è molto bisogno di parlare dell’argomento. Forse gli unici esempi che abbiamo sono quelli estremi di un’omosessualità più spettacolare. Si parla meno delle persone che vivono la loro omosessualità facendo una vita normale integrate nella società. Se le persone si possono identificare con qualcuno di reale, a cui fare domande, mi fa piacere se posso dare il mio contributo. Sono contento se posso servire ad esporre una figura di omosessualità diversa o nuova".

Adesso che l’amore l’hai trovato, come sta andando…
"Mi auguro di averlo trovato! Sai com’è… No, scherzi a parte, è da un anno e mezzo che vado avanti con grande gioia. Mi sono dovuto scoprire, questa è una parte di me che non ho mai sperimentato, ma che cercavo e sognavo. Ho scoperto di essere una persona sentimentale a cui piace la condivisione in una relazione. Amo le cose semplici. Il rapporto mi sta aiutando a capirmi e mi fa bene. Sto scoprendo di essere una persona 'da rapporto' e non 'da divertimento'".

Sei in tour, la tranquillità della tua relazione di coppia non ti manca?
"Un po’ sì, ma sono due mesi, non è impossibile. Abbiamo vissuto un anno in tranquillità. Lo sapevamo che ci saremmo visti un po’ meno perché lui ha un lavoro normale con orari come tutti. Per fortuna, perché ci sono già io a scombussolare le cose. Poi io non sono uno che fa grandi tour. Dopo la data di Zurigo è finita la parte primaverile, poi a giugno mi fermo e poi ci saranno gli spettacoli di luglio e basta. Non ho una vita folle, ho anche abbassato i ritmi, ho capito che non sono uno che può fare un tour da 80 date".

Tra il pubblico svizzero di Zurigo ci saranno molte persone di lingua tedesca. Come ti senti a cantare davanti un pubblico di un’altra lingua?
"È la classica domanda che mi faccio sempre anch’io quando ascolto i dischi di artisti africani, francesi o norvegesi. Mi piacciono e forse vado anche a cercarmi le traduzioni. Ma penso che la musica sia ancora una delle poche cose che può muovere delle corde universali extra linguistiche. Non ti nascondo che ogni tanto mi fa strano cantare e sapere che chi ho davanti non capisce tutto. La parte testuale è molto importante e allora mi chiedo, come è possibile che togliendo quella parte continui ad arrivare un messaggio al pubblico? Ma probabilmente arriva. E a questo punto non me lo chiedo nemmeno più. Lascio le cose come sono. Perché non si può sempre trovare una risposta a tutto".

Hai già fatto diversi concerti all’Hallenstadion, come ti trovi a suonare a Zurigo?
"Sì, è la terza volta all’Hallenstadion. Suonavo in Svizzera ancora prima di essere solista e sono stato mille volte a Zurigo e in giro per i festival. Poi ho iniziato la mia carriera da solista. La prima volta all’Hallenstadion è stato un privilegio perché avevo lavorato tanto in Svizzera, era una grande conquista. La mia serata di mercoledì all’Hallenstadion me la godo anche perché è una data speciale che conclude il tour. È una cosa della quale vado molto orgoglioso, perché in Svizzera ho tanti amici e ho un rapporto umano con tantissime persone. L’Hallenstaion è una mia piccola conquista e ne sono geloso".

Per concludere, conosci la Svizzera? Cosa ti piace del nostro paese?
"Vengo sempre molto volentieri in Svizzera e mi piace che le persone non siano invadenti anche se mi conoscono. Sono stato spesso a Ginevra e a Losanna per dei week end con amici. Mi piace tanto anche il Ticino. Apprezzo la Svizzera anche perché ha molto da insegnare. È uno dei pochi posti al mondo in cui realmente c’è integrazione tra persone di matrice profondamente diversa. Riuscire a far convivere in un posto così piccolo tre culture come quella italiana, tedesca e francese non è facile. È proprio un bell’esempio di civiltà soprattutto in tempi come questi dove siamo tutti un po’ in crisi".


 

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