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TICINOPrima ti sposo poi, se mi va, ti rovino

07.11.11 - 12:00
Papageno: in nome dei padri.
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Prima ti sposo poi, se mi va, ti rovino
Papageno: in nome dei padri.

Chi, volente o nolente, almeno una volta non ha sentito o letto di "false accuse" contro il padre da parte della "ex" partner? Del ricorso disonesto alla denuncia per violenza o abuso sessuale (vecchia quanto la Genesi vedi Gen. cap.39, Incarcerazione di Giuseppe)? Di strumentalizzazione del sistema socio - giudiziario? Di padri preoccupati di venire falsamente denunciati dalle "ex" fino al punto da temere le visite dei figli per i gravi rischi penali e civili nei quali potrebbero incappare? A tanto siamo arrivati. Per altre e simili questioni, parrebbe tornata in vigore una sorta di "inquisizione spagnola", con la differenza che, invece di essere "caccia" sfruttata politicamente e giuridicamente per braccare il mussulmano, l’ebreo e l’omosessuale, infierirebbe contro il padre e, in maniera più aggressiva, contro il padre separato.

Le prime recenti condanne alle madri ree di false denunce, pur se irrisorie in rapporto alla gravità del reato, dovrebbero farci riflettere seriamente. Il "sistema" delle false accuse, oramai usato in così tante separazioni legali da venire descritto anche in alcuni film, è certo da considerarsi un grave reato (vedi p.es. il film "Sex - Crimes": in italiano "Giochi pericolosi"). Il corretto trattamento per coloro che ricorrono al sistema delle false accuse, e che lo utilizzano disumanamente sulla pelle dei figli, non dovrebbe essere la prigione? Quella stessa cella nella quale hanno ingiustamente fatto, o tentato di farlo, imprigionare il padre? Si sentono spesso nominare i diritti dell’individuo: diritti internazionali dell’uomo, diritti del fanciullo, diritti del minore, diritti della donna…

Di doveri invece si parla assai ra ramente e sempre malvolentieri. Può una comunità umana rimanere unita e sopravvivere senza "doveri" condivisi? Noi crediamo di no! A quanto ci risulta, i diritti del minore sono regolarmente calpestati ogni qualvolta collidono con quelli della madre, unica vera attrice a vedersene riconosciuti e, con il "nuovo" diritto del divorzio, perfino indipendentemente dalla presenza o meno nella sua persona di un senso del dovere e della responsabilità verso i figli. Di diritti del padre non se parla proprio (i cosiddetti "diritti di visita", due fine settimana al mese, conservati a condizione che il padre si comporti a dovere, offra un ambiente sereno ed adeguato, altrimenti diventano "sorvegliati" o persi del tutto, risultano in pratica più come un dovere anche umiliante che altro). Si parla invece (eccome) dei suoi doveri, specialmente economici, e delle sanzioni nel caso di non osservanza degli stessi. Alle condizioni dettate dall’attuale diritto di famiglia che regola separazione e divorzio, diventare padre ed unirsi in matrimonio, non costituiscono una folle avventura?

Recenti ricerche in USA e Canada, tendenti a misurare la riuscita dei figli senza padri in termini di successo nel mercato del lavoro, nel corso dell’istruzione universitaria, nella misura del ricorso all’Assistenza sociale, nel comportamento nel matrimonio e nella procreazione, concludono avvalorando il dato dell’impoverimento dei nuclei monoparentali governati dalle madri, qualunque sia la causa della loro solitudine: esterna, dovuta alla morte del padre, o interna vale a dire dovuta a separazione o divorzio.

Se esaminassimo con la dovuta attenzione il settore giuridico della separazione e del divorzio, che indubbiamente produce il maggior numero di figli senza padre, non possiamo non convincerci che occorre quanto prima acquisire una nuova mentalità per poter efficacemente intervenire. Dovremmo insieme davvero impegnarci per costruire, ed innalzare a prassi, la cultura della bigenitorialità, del divorzio non conflittuale, dell’affidamento congiunto, questioni tutte urgenti di cui da anni leggiamo e sentiamo, ma che ancora non vediamo, né discutere seriamente da chi di dovere, né affrontare con la dovuta urgenza.

Già quarant’anni orsono l’autorevole antropologa americana Margaret Mead scriveva: «Abbiamo costruito un sistema familiare fondato sulla monogamia, sulla fedeltà a vita, sulla sicura sopravvivenza di entrambi i genitori, ma non abbiamo elaborato leggi per quando al matrimonio, che viene meno, se ne sostituisce uno nuovo. Di fatto ci ritroviamo un sistema che non funziona».

R. FLAMMINII, EDUCATORE SUPSI, ospite della Rubrica Papageno

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