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GUIDANDO LA STORIAPorsche 911 Carrera 2.7: una classica rarità

05.11.11 - 10:25
Prosegue, in occasione dei 60 della Porsche Svizzera, la pubblicazione della seconda delle nostre quattro prove di alcuni modelli storici di Zuffenhausen. Qui la primissima "G": è poco conosciuta ma molto rara.
Stefan Jermann
Porsche 911 Carrera 2.7: una classica rarità
Prosegue, in occasione dei 60 della Porsche Svizzera, la pubblicazione della seconda delle nostre quattro prove di alcuni modelli storici di Zuffenhausen. Qui la primissima "G": è poco conosciuta ma molto rara.

L’ANNO DEL MUTAMENTO – Si, il 1974 è stato un anno di grandi mutamenti per il marchio Porsche. Un anno dopo la crisi petrolifera scompaiono dai listini le 911 T ed E, come pure la leggendaria Carrera 2.7 RS per fare spazio al nuovo modello, comunemente chiamato “Modello G”. Il principale cambiamento estetico sono i massicci paraurti anteriori e posteriori, una scelta obbligata più che voluta a causa delle severe leggi americane per l’assorbimento degli urti, che caratterizzerà la linea della sportiva di Stoccarda fino all’arrivo della successiva 964. La G è una vera icona degli anni ’70, specialmente guardando l’appariscente colore arancione del nostro esemplare, i cerchi “Fuchs” neri e la scritta “Carrera” sui fianchi, oggi ritornata di tendenza.

LE SOLITE IGNOTE - L’esemplare che vedete qui non è uno qualsiasi. L’occhio dell’appassionato riconosce che non si tratta di una Turbo mentre solo i più esperti sapranno che non è né una 3.2, né una 3.0, né una SC. Trattasi infatti di una delle rare 2.7, ovvero le primissime “G” ad essere vendute con la stesso motore ad iniezione meccanica marchiata Kugelfischer della leggendaria 2.7 RS, capace di 210 cavalli. Pur non conoscendone la cifra esatta, i responsabili dell’archivio storico Porsche tra cui il preparatissimo ed appassionatissimo Dieter Landenberger, stimano gli esemplari prodotti di questa 911 tra i 500 ed i 1'000 esemplari, riconoscibili anche per lo specchietto cromato unicamente al lato guidatore. Viene quindi da chiedersi quale sia il valore di mercato per vetture come queste: “Si parte da 70-80'000 Euro circa, superando talvolta anche i 100’000” ci spiega Dieter, aggiungendo che “l’esemplare che stai guidando ora ha subito un restauro completo fin nei minimi dettagli presso le nostre officine, un’operazione stimata attorno ai 100'000 Euro”.  Una cifra senz’ombra di dubbio importante, specie considerando che per esempio una Turbo della stessa serie (930 per gli amici), pur essendo più conosciuta ed apprezzata, ha quotazioni ben inferiori.

QUEL CRUSCOTTO EREDITATO DAL MAGGIOLONE - Tra le Porsche classiche che abbiamo provato (due saranno di prossima pubblicazione), questa non è la più performante ma sicuramente quella con più charme. Oltre a rappresentare perfettamente la sua epoca, gran parte di questo merito va a nostro avviso all’abitacolo, rimasto quasi immutato dal 1964 fino alla fine degli anni ’90, con la scomparsa della 993. Non c’è lusso ma tanta semplicità, e il congegno più tecnologico presenta a bordo è un lettore di cassette firmato Blaupunkt. Insomma, una gran differenza rispetto alle 997 che siamo stati abituati a guidare di questi tempi.

POCHI CAVALLI, MA IMPEGNATIVI - Una cosa, però, è cambiata (fortunatamente) davvero poco nel corso degli anni: il coinvolgimento durante la guida. Non c’è 911 che non appassioni, a cominciare dal sound del sei cilindri Boxer, qui ancora raffreddato ad aria, che è una vera gioia sentir cantare, in particolare per la gran voglia che ha nel prendere giri, accompagnato da spettacolari botti ai rilasci dell’acceleratore. La macchina è molto reattiva e, una volta lanciata, impegnativa nonostante i “pochi” cavalli. Niente servosterzo, niente ABS, niente controlli di trazione e/o stabilità: bisogna essere molto sensibili per guidarla veloci. Particolare attenzione va data all’anteriore, che andando indietro negli anni delle 911 diventa sempre più leggero e “difficile”.

LA DIFFERENZA TRA IERI E OGGI - Guidando questa 911 ho dovuto effettuare qualche considerazione, in relazione a gran parte delle auto moderne, 911 inclusa. Queste mostrano, dinamicamente parlando, un grandissimo progresso: tengono meglio la strada, sono più stabili, più sfruttabili e più facili da guidare. La logica conseguenza è che queste diventano entusiasmanti da guidare unicamente in prossimità del loro limite che è giocoforza molto elevato, richiedendo quindi una guida a velocità innominabili per essere raggiunto. Le automobili di quest’epoca sono invece molto diverse: tutto è più fisico e meno intuitivo, quindi più “difficile”. Già guidarla allegramente a regimi medi comporta un discreto impegno da parte del guidatore, che man mano che si avvicina al limite deve aumentare esponenzialmente concentrazione e capacità. Ed il bello è proprio questo, cioè che un’automobile sappia essere appagante e coinvolgente anche guidando ad andatura rilassata. In poche parole, che un’automobile venga Guidata. Si: proprio con la “g” maiuscola.

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