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SVIZZERAIo, lo studio e la disoccupazione

30.09.11 - 08:50
Sogni, speranze e fredde realtà nella Svizzera del 2011
Ti-press (foto archivio)
Io, lo studio e la disoccupazione
Sogni, speranze e fredde realtà nella Svizzera del 2011

Sono un ragazzo di 23 anni, nato e cresciuto in Svizzera. Nel 2007, una volta terminati gli studi liceali, si presentò la scelta della facoltà universitaria, cosa che mi metteva molto a disagio, poichè da li in poi avrei delinato il mio futuro professionale. Cominciai quindi a guardarmi in giro, le varie università, in Svizzera, in Italia, in Germania e tutto ciò che offrivano. Non solo dovevo scegliere il dove, ma anche il cosa studiare. Inutile sottolineare che la paura di sbagliare facoltà era onnipresente, quindi il mio unico chiodo fisso era la domanda "cosa voglio essere professionalmente?" Ho parlato con innumerevoli schiere di persone, proveniente da tutti gli strati sociali, con le occupazioni più diverse, elettricisti, autisti, cambisti, ingegneri, direttori di banca..di tutto e di più. Le idee erano tutto fuorchè chiare. Unico fil rouge tra tutti, era il commento "se puoi, vai a studiare in America. Una volta che torni, faranno a pugni pur di assumerti." Anche parlandone con i miei, sembra proprio che il mito, il sogno americano fosse in verità...reale. Non senza fatica e sofferenza decisi quindi di iscrivermi a diverse università a New York, aspettanto speranzoso una risposta. Risposta che non tardò ad arrivare: una conosciuta università mi aveva accettato e mi aspettavano di li a pochi giorni. In fretta e furia feci i bagagli, prenotai un volo, e, da solo, partii verso l'ignoto. Una volta li, scelsi economia: insomma, svizzero, a new york...che altro potevo scegliere?

Fast forward fino a luglio 2011, quando mi sono laureato, con tanto di genitori in lacrime e decine di centinaia di foto da far vedere ad ignari parenti ed amici. Una marea di congratulazioni non facevano dimenticare lo spettro che mi assillava da ormai diversi mesi: trovare un lavoro. I dati di disoccupazione erano e sono elevatissimi, i telegiornali americani non parlavano d'altro. Però desideravo anche gustarmi il mio piccolo momento di gioia, quindi cercai di pensare positivo. Oggi, 3 mesi più tardi, 100 curriculum vitae dopo, sono ancora in cerca di lavoro. Com'è possibile? Parlo 3 lingue, ho studiato in una buona università, sono giovane e volenteroso, sono disposto a viaggiare ovunque, non ho grandi pretese salariali...eppure, eccomi qua, ancora a secco, a piedi, disoccupato. Ho fatto richieste di lavoro ovunque, in banche, in società, in corporations più e meno grandi, famose e non famose, ma il risultato è stato un unanime "Guardi, non stiamo assumendo gente giovane, solo persone con diversi anni di esperienza". I miei genitori, forse più tristi di me vista la situazione, continuano a cercare di rallegrarmi, in effetti, sono solo pochi mesi che sono laureato e la situazione globale del lavoro non è delle più floride. Ed hanno, anche ragione, ci mancherebbe. Ma tutto il sacrificio (sia personale, sia economico) di andare 4 anni a studiare a New York sembra futile. La cosa piuttosto incredibile (per evitare di dire, oltre al danno la beffa) è che ho diversi amici che, pur non essendo laureati, hanno trovato un posto di lavoro quasi senza problemi. La situazione ha del paradossale quando leggo sui giornali che solo in Ticino lavorano più di cinquantamila frontalieri, che ogni giorno varcano il confine e lavorano in Svizzera. Vorrei chiarire fin da subito che nulla ho contro i frontalieri, anzi, li rispetto. Mi chiedo soltanto come mai io, Svizzero, giovane laureato, con una oramai esagerata voglia di fare sia ancora senza un lavoro, quando tutti parlano di "flight-to-quality" nella scelta del personale da assumere. Un volta bastava uscire dall'università, ed in men che non si dica svolazzavano offerte di lavoro a destra e a manca. Oggi, invece, una persona esce dall'unviersità per ritrovarsi solo, senza la bencheminima offerta di lavoro, nonostante, teoricamente, i presupposti ci siano.  Eppure, io, e molti altri come me, siamo incappati in un limbo, in un momento di incertezza mondiale, incolpevoli.

La situazione, venuta a crearsi nel 2007 (negli States, poi piano piano si è sparsa a macchia d'olio) ha comportato una brusca virata nel mondo del lavoro e, come sappiamo, le percentuali di disoccupazione e richieste di assicurazioni solo balzate alle stelle. Solo negli states, tale percentuale ha toccato il 10%, un record, considerata la media naturale intorno al 4.6-4.8%. La Svizzera, forse ancora una piccola isola felice in questo mare burrascoso, è riuscita a limitare i danni, ma gli effetti di un meltdown globale si sono fatti sentire anche da noi. Decine di volte ho sentito in televisione possibili soluzione per favorire la crescita e stabilità economica, ma nulla per ora è stato sufficientemente risolutivo. Il problema, o meglio, un problema fra tanti, è che stiamo pagando noi neolaureati e giovani odierni per errori commessi da altri, diversi anni fa. Ricordo con chiarezza quando un'insengnate, a New York, in classe ci disse: "ragazzi, spero soltanto ci perdonerete per ciò che vi abbiamo fatto, non era nostra intenzione lasciarvi il pianeta in queste condizioni". 

Io non sono disfattista, nè mi demoralizzo. Anzi, sono tutt'ora convinto che troverò un occupazione, e sono anche convinto che questa recessione finirà, pur se molti sostengono che davanti a noi vi siano tempi duri. L'unica cosa di cui sono forse rammaricato è che, ora, non posso "scegliermi" il lavoro che più mi aggrada, o la location che preferisco: adesso bisogna adattarsi ai tempi, e, di conseguenza al mercato del lavoro, ora in piena metamorfosi. Questo articolo non è per puntare dita o crocifiggere colpevoli, governi ed istituzioni, ma solamente uno spiraglio per le persone che magari vogliono capire come ci si senta ad essere giovani, con tanto, tantissimo da dare, ma con cosi pochi pronti a ricevere.  

Nonostante tutto, continuo a pensare in positivo, a credere (forse sognare) che in effetti, anche se il mondo che ci viene consegnato non è dei migliori, noi, giovani e brillanti, saremo in grado di riportare tutto in ordine, senza chiedere niente in ritorno.

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