Cerca e trova immobili

TICINOPadri separati: figli di un dio minore!

20.05.11 - 09:40
Papageno: in nome dei padri.
None
Padri separati: figli di un dio minore!
Papageno: in nome dei padri.

Nei prossimi articoli che pubblicheremo, porteremo a conoscenza dei lettori le „regole del gioco" nelle procedure di separazione e di divorzio, create dalla Legge, dalla Giurisprudenza dittatoriale di „pochi Giudici" (federali e cantonali) e dall’agire degli operatori delle istituzioni statali e di quelli che operano su mandato delle Preture o delle autorità tutorie. Un "gioco" che si gioca ad armi impari tra i genitori affidatari (madri) e non affidatari (padri).

Premettiamo che ci sono diverse categorie di padri e madri: quelli disinteressati, quelli che ostacolano la genitorialità dell’altro genitore, quelli che invece lavorano e sono desiderosi di compiere il loro ruolo di genitori. Papageno si occupa di quest’ultima tipologia. Infatti, ad un padre che desidera continuare a essere genitore dopo la separazione o il divorzio, la Legge, la Giurisprudenza, i Magistrati e tutti gli operatori coinvolti devono garantire rapporti continuativi e costanti con i propri figli. Purtroppo, ciò è ben lungi da essere realtà! Eccovi un esempio concreto.

Un nostro associato D. A. di Sementina si è separato un anno fa. Ha due bambini di 5 e 9 anni. La moglie N. A. dopo la separazione l’ha denunciato per vie di fatto e minacce, inoltrando nel contempo l’istanza di protezione dell’unione coniugale, nella quale lo ha descritto come persona violenta che picchiava sia lei che i bambini.

Come di rito, il pretore ha assegnato alla moglie l’appartamento coniugale in comproprietà dei coniugi, gli ha affidato i figli e ha incaricato uno psicologo dello svolgimento della "consueta" perizia per determinare le capacità genitoriali dei coniugi. Sebbene non esista più il concetto di "colpa" e basterebbe una semplice richiesta di separazione motivata da "divergenze caratteriali tra i coniugi", la moglie N. A. e la sua avvocatessa R. L. invece irrompono alla grande! Basta un’accusa della moglie senza alcuna prova a far partire la bellicosa macchina legale e peritale che porta all’inevitabile annientamento della figura paterna. Inutile dire che la denuncia della Signora è sfociata in un "decreto di non luogo a procedere" del Ministero pubblico! Tuttavia, alcuni mesi dopo, la moglie N. A., non contenta, denuncia il povero padre D. A. nuovamente per "vie di fatto". Anche in questo caso è stato emesso un "decreto di non luogo a procedere". Ciononostante, due mesi dopo la moglie N. A. ha chiamato la polizia e denunciato nuovamente il marito D. A. per aggressione e lesioni (graffi sul braccio destro e al petto). Intervenuti, gli agenti della polizia si sono subito resi conto che qualcosa non combaciava e che il marito non poteva essere l’autore della presunta aggressione. La moglie N. A., dopo aver formalizzato la denuncia contro il marito, padre dei suoi due figli, è stata messa alle strette dagli agenti. Dopo un lungo interrogatorio, N. A. ha ammesso che non era vero niente, giustificando questo suo agire asserendo di aver inscenato la falsa denuncia al fine di poter mettere le autorità nella condizione di accusare il padre D. A. ed allontanarlo dai due figli e da sé stessa. Alla luce dei fatti, gli agenti hanno sporto d’ufficio denuncia penale nei confronti della moglie per "denuncia mendace e falsa testimonianza". Complimenti agli agenti del Reparto Mobile Sopraceneri per il fiuto e l’ottimo lavoro svolto! D. A., a seguito di questi gravi fatti, ha inoltrato regolare istanza per ottenere la custodia dei figli. Nel frattempo la perizia genitoriale dello psicologo Saul Branca di Bellinzona, il quale era ben a conoscenza dei gravi fatti appena descritti, è giunta a termine.

Nel rapporto di Saul Branca si legge: "Innanzitutto, la denuncia mendace della quale si è resa colpevole la moglie, è un fatto molto grave ed altamente dimostrativo dell’intenzione della Signora N. di nuocere e denigrare il marito. Dopo questo fatto è difficile credere che la perizianda non abbia mai ed in nessun modo cercato di mettere il marito in difficoltà. Anche ritenere che questo fatto non sia in diretta relazione con il rapporto fra il marito e i figli mi sembra assai poco credibile, dal momento che, se la Signora N. è giunta al punto di ferirsi per poi denunciare il marito, difficilmente si può pensare che non abbia mai manifestato di fronte ai figli il suo rancore nei confronti del marito". Ciononostante lo psicologo Branca conclude dicendo: "Se infatti consideriamo che la denuncia mendace, così come il presunto atteggiamento oppositivo della Signora N., sia una conseguenza del disagio provato in questo ultimo anno a seguito della separazione del marito, nulla vieta di pensare che la progressiva elaborazione della perdita possa portare la perizianda ad atteggiamenti più disponibili e collaborativi. È evidente che su questo punto solo il futuro potrà dire se la presunta intenzione distruttiva della Signora N. si dimostrerà o meno. È chiaro che, qualora non fosse possibile una distensione dei rapporti fra padre e figli nell’immediato futuro, ed in assenza di responsabilità paterne chiaramente identificate, l’ipotesi di un intervento materno manipolatorio a sfavore del padre sarebbe piuttosto scontata. La valutazione delle capacità genitoriali della Signora N., potrà essere precisata a lungo termine, tenendo conto in particolare della possibilità che si stabilisca un rapporto regolare e sereno fra padre e figli".

Nonostante questi comportamenti della moglie oltremodo censurabili e dannosi per i figli, il loro affidamento al padre non entra in linea di conto: come da copione, i figli restano "sempre e comunque" alla madre! Ma non finisce qui: la madre ha pure denunciato il marito per presunte molestie sessuali nei confronti dei due figli! Naturalmente, l’inchiesta di polizia non ha avuto l’esito sperato dalla moglie. E finalmente, dopo che il padre D. A., armatosi di santa pazienza, non aveva visto i propri figli per 8 lunghi mesi, li ha potuti riabbracciare liberamente. Inoltre, seriamente preoccupato, D. A. ha richiesto e ottenuto una curatela educativa in modo da salvaguardare i diritti dei bambini e le relazioni col padre. Malgrado ciò, ancora adesso i dispetti della moglie si riversano sui figli e contro il padre (evidente mobbing genitoriale). I figli li può sentire solamente per pochi minuti il lunedì, mercoledì e venerdì, tra le 19.45 e le 20.00, perché sua moglie negli altri giorni non desidera rispondere al telefono. Ma non finisce qui! Visto che la moglie N. A. lavora presso un istituto scolastico tutti i giorni dalle 16 alle 20 (tranne mercoledì, il pomeriggio), il marito, terminando il proprio lavoro alle 16, si era messo a disposizione per occuparsi lui stesso dei bambini in quella fascia di orario di assenza della madre. Tuttavia, la moglie N. A., anziché lasciare i figli al padre, preferisce portarli dalla mamma di una sua amica con la motivazione che nell’ambito di questa cura dei bimbi è anche svolto un aspetto didattico (compiti). Il padre, visto il diniego della madre, ne ha fatto richiesta al curatore educativo dei figli che l’ha sottoposta nuovamente alla moglie. Il risultato? La moglie ha deciso di ridurre drasticamente il lavoro (dal 50% al 10%, lavorando solo il mercoledì pomeriggio). La scuola ha confermato al padre che il motivo fatto valere dalla Signora N. A. per giustificare la richiesta di riduzione del tempo di lavoro è stato il voler stare più vicino ai bambini. Tuttavia, come riportato da terzi al padre, la moglie racconta che è stata obbligata a ridurre il lavoro perché il padre non collaborava alle cure dei figli. A questo punto la richiesta del padre di avere con sé i piccoli dalle 16 alle 20 è stata forzatamente portata dinanzi al Pretore che dovrà decidere, Pretore a cui vanno i complimenti della nostra associazione per l’acume e il buon senso con cui sta gestendo finora l’intricata vertenza.

Il padre D. A. continua la lotta legale per ottenere l’affidamento dei bambini: una strada in salita nonostante l’evidenza dei fatti. Le madri, restano "intoccabili", nonostante tutto! Ma se questo comportamento fosse stato del padre anziché della madre? Gli operatori coinvolti e l’avvocato della moglie avrebbero senza indugio sollecitato il Pretore affinché imponesse al padre un diritto di visita sorvegliato, 1 ora ogni due settimane a tempo indeterminato, oltre ad una perizia psichiatrica a causa della sua aggressività e del suo comportamento altamente conflittuale e alienante nei confronti della madre, oltre che gravemente dannoso per l’equilibrio psichico dei figli. A quando un radicale cambiamento di prassi?

G.S.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE