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CANTONE«Non avevo altra scelta per aiutare di più»

21.09.17 - 12:14
Prosegue il processo a Lisa Bosia Mirra, che nell’estate 2016 facilitò l’ingresso illegale in Svizzera a ventiquattro profughi
Tipress
Alcuni simpatizzanti di Lisa Bosia Mirra manifestano il loro sostegno alla deputata
Alcuni simpatizzanti di Lisa Bosia Mirra manifestano il loro sostegno alla deputata
«Non avevo altra scelta per aiutare di più»
Prosegue il processo a Lisa Bosia Mirra, che nell’estate 2016 facilitò l’ingresso illegale in Svizzera a ventiquattro profughi

BELLINZONA – «Non avevo scelta, non potevo più non aiutare. Ma come granconsigliera non potevo mettere a rischio la mia posizione». È per questo motivo che nell’agosto 2016 Lisa Bosia Mirra non trasportava personalmente i migranti attraverso la frontiera, ma faceva da staffetta. Lo spiega la stessa deputata socialista, che oggi è a processo alla Pretura penale di Bellinzona per aver facilitato a ventiquattro migranti l’ingresso illegale in Svizzera e il proseguimento del loro viaggio verso la Germania. «Ma il correo che effettuava il trasporto non lo conoscevo, si era messo a disposizione».

«C’è troppa ingiustizia» - Da parte di Bosia Mirra, come spiega in aula, c’era la volontà di aiutare di più: «Nel mondo le situazioni di ingiustizia sono molte, sto male quando c’è la possibilità di fare qualcosa ma non si fa nulla» afferma davanti al giudice Siro Quadri, raccontando la sua pluriennale esperienza nell’ambito dei rifugiati. Un’esperienza che l’ha portata anche sui campi profughi in Serbia e in Grecia.

«Non c’era modo legale di agire» - A Como, dove nell’estate 2016 centinaia di profughi erano costretti a dormire all’aperto, Bosia Mirra, si era attivata per portare aiuto. Con la sua associazione Firdaus, forniva ai migranti cibo e coperte. «In pochi giorni – ricorda – il numero delle persone presenti a Como era salito da cinquanta a cinquecento. C’erano donne, bambini, minori non accompagnati, famiglie». Persone che, nel loro viaggio verso l’Europa settentrionale, venivano fermate alla frontiera elvetica. «Quando mi sono resa conto che non c’era un modo legale per aiutarle, ho agito» conclude Bosia Mirra.

Nel pomeriggio la parola passerà alle parti, la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo e l’avvocato difensore Pascal Delprete.

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