Sulla stessa linea di pensiero un dirigente israeliano dichiara oggi, in forma anonima, al quotidiano "Haaretz" che "la spada puntata ora al nostro collo è più affilata della spada che avevamo al collo alla vigilia della guerra dei sei giorni (1967)", quando Israele optò per un attacco militare preventivo contro i paesi vicini.
In un sondaggio di opinione "Maariv" ha rilevato che il 40% degli israeliani è favorevole ad un'operazione militare contro le infrastrutture nucleari in Iran. Il 37% paventa che qualora il regime degli ayatollah si dotasse di armi atomiche gli ebrei rischierebbero "una seconda Shoah".
"Yediot Ahronot" sostiene tuttavia che nei vertici militari israeliani e fra i responsabili alla sicurezza c'è una forte contrarietà ad un attacco all'Iran che fosse condotto in maniera solitaria, senza un assenso degli Stati Uniti. Fra quanti si identificano con questa linea critica vi è, secondo il giornale, lo stesso capo dello Stato Shimon Peres.