Cerca e trova immobili

SVIZZERA / STATI UNITIFondi ebraici, due israeliani chiedono 315 milioni a UBS e CS

29.04.12 - 17:47
I due intendono denunciare negli Stati Uniti UBS, Credit Suisse e la Confederazione svizzera
Keystone (archivio)
Fondi ebraici, due israeliani chiedono 315 milioni a UBS e CS
I due intendono denunciare negli Stati Uniti UBS, Credit Suisse e la Confederazione svizzera

NEW YORK - Due israeliani intendono denunciare negli Stati Uniti UBS, Credit Suisse e la Confederazione svizzera per essersi rifiutati di restituire denaro e oggetti di valore depositati nelle due banche dai loro genitori poco prima della Seconda Guerra Mondiale. I querelanti intendono approfittare di una legge statunitense che permette di citare in giudizio gli Stati stranieri su questioni riguardanti l'Olocausto.

I due israeliani - tale M. Katz, 59 anni residente a Modi'in (Israele) e un altro querelante 79enne di Haifa, che vuole mantenere l'anonimato - chiedono un risarcimento di 315 milioni di dollari, circa 286 milioni di franchi. La denuncia dovrebbe essere inoltrata ancora questa settimana, affermava venerdì il quotidiano "Haaretz". La querela sarà presentata dall'avvocato franco-israeliano Roland Roth, specialista in diritto internazionale, che si è già occupato in passato di fondi ebraici.

"Abbiamo cercato di negoziare con le banche e con la Svizzera, ma ci hanno mentito e imbrogliato", ha affermato Katz al giornale. "Ora abbiamo capito che non vorranno mai restituire i beni depositati dalle vittime dell'Olocausto". Egli sostiene che le due banche hanno sistematicamente nascosto i documenti relativi ai conti di sua madre, con lo scopo di impedirgli di riavere il denaro.

Katz afferma che sua madre, Paulina Grunfeld, cittadina rumena, avrebbe depositato nel 1938 un milione di dollari in una filiale UBS di Zurigo. Avrebbe poi versato ulteriori 450'000 dollari nella vicina succursale del Credit Suisse, dove avrebbe anche depositato oro, oggetti d'arte sacra, gioielli con diamanti e due dipinti di Picasso e Monet, che sarebbero finiti in una cassetta di sicurezza.

Nel 1948, secondo Katz, la madre ritornò a Zurigo e chiese di ritirare il denaro e gli oggetti di valore che aveva depositato presso le due banche. Queste si sarebbero però rifiutate di restituire i beni sostenendo che non c'era traccia di conti a suo nome.

Dopo essere emigrata in Israele nel 1950, la Grunfeld avrebbe nuovamente e ripetutamente cercato, invano, di riavere i beni. Nel 1984, sul letto di morte, la donna avrebbe raccontato al figlio tutta la storia. Gli avrebbe anche consegnato un libretto di 34 pagine scritte a mano in cui sono menzionate tutte le informazioni sui beni, compresi i numeri di conto.

Katz ha poi tentato di recuperare il denaro alla fine degli anni '90 quando, in seguito allo "scandalo" dei fondi ebraici in giacenza, UBS e Credit Suisse versarono 1,25 miliardi di dollari (1,8 miliardi di franchi di allora) alle organizzazioni ebraiche e agli eredi delle vittime del nazismo.

La richiesta di Katz fu però respinta da un tribunale statunitense. Uno dei motivi che spinsero i giudici a negare il risarcimento era l'assenza di prove che i conti in questione fossero realmente esistiti. Per l'avvocato Roth, ciò si spiega con il fatto che "le banche elvetiche hanno distrutto numerosi documenti relativi ai conti bancari detenuti da ebrei per impedire a loro o ai loro discendenti di rientrare in possesso dei loro beni".

Il secondo querelante sostiene che la sua famiglia ha depositato 2,9 milioni di dollari all'UBS di Zurigo nel 1938. Poco prima che i suoi genitori venissero catturati e uccisi dai fascisti ungheresi avrebbe ricevuto da sua madre un biglietto con i dati del conto.

L'uomo, emigrato in Israele nel 1949, si sarebbe recato a Zurigo nel 1955 per riavere i soldi ma la banca avrebbe affermato di non aver sufficienti informazioni per avviare una verifica. Un nuovo tentativo venne fatto vent'anni più tardi. Questa volta la banca accettò di esaminare la questione, ma dopo due giorni questa affermò che non era possibile rintracciare i conti.

Dopo l'accordo sui fondi ebraici, anche l'oggi 79enne tentò di recuperare i presunti beni dei suoi genitori. La sua richiesta fu però respinta poiché i documenti da lui presentati furono ritenuti insufficienti.

Contattato da "Haaretz", il Credit Suisse ha affermato che negli anni '90 la commissione Volcker "ha condotto una indagine approfondita e indipendente sulle banche svizzere, tra cui il Credit Suisse, per identificare conti che potrebbero appartenere alle vittime della persecuzione nazista". Orbene, tale commissione "non ha identificato alcuna informazione presso il Credit Suisse in relazione ai conti e cassette di sicurezza" menzionati dai due querelanti. Anche le autorità giudiziarie americane hanno ritenuto le richieste "infondate", ricorda la banca.

Pure UBS ricorda che la commissione Volcker non ha identificato alcuna informazione in relazione ai conti e alle cassette di sicurezza che sarebbero appartenuti ai genitori dei querelanti. "UBS ha soddisfatto tutti i suoi obblighi", ha affermato la banca al quotidiano.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE